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Divorati – l’utero triforcuto di David Cronenberg

Creato il 10 ottobre 2014 da Wsf

Divorati

 

“La sola cosa che amplia il paesaggio del XX secolo è la psicopatologia, e questa se ne ride dei diktat della morale. Il narratore e sua moglie hanno conquistato questa immensa libertà che permette loro di giocare i loro strani giochi senza preoccuparsi delle conseguenze. La psicopatologia é divenuta il motore di gran parte della nostra vita quotidiana.” 

J. G Ballard.

Sogno, realtà, feticismo, follia, cannibalismo, apetemnofilia, acrotomofilia.

Si, la nuova carne muta ancora e diventa… carta.

Questo e molto altro all’interno del primo libro di David Cronenberg, che riporta, aggiornandoli, molti dei temi ed incubi che hanno accompagnato tutta la sua produzione filmica.Visibilissimi sono i rimandi alle sue pellicole più famose come Videodrome, Existenz, Crash, i gemelli ginecologi di: “inseparabili”. Una disgressione che non tocca solamente il suoi lavori precedenti, ma mutua idee anche da altri film, quali per esempio, “Bug”. Una delle opere meno conosciute di Friedkin (L’esorcista).

Cronenberg non scrive, dirige, riportando quel suo gusto di maniacale imperfezione in ogni scena, in ogni dialogo ed oggetto descritto.

Gli Arosteguy sono una coppia di anziani e libertini filosofi francesi. Naomi e Nathan sono invece due fotogiornalisti, due anime affini ed allo stesso tempo libere. Legate da un fetismo profondo verso i loro studenti di lavoro, superati dalla nuova tecnologia dell’iphone. La storia inizia da un avvenimento di cronaca, la morte violenta di Celestine Aristoguy, che pare essere stata massacrata e mangiata dal suo assassino. La donna inizia ad indagare; non sapendo che la sua ricerca la porterà non solo lontana da Nathan, che nello stesso momento viene chiamato per assistere ad un’innovativa forma di chirurgia ma anche dalla propria quotidianità.

Un mondo heroin chic quello di “divorati”; incapace di comunicare se non dietro ad uno schermo, trasformando l’“io fisico” in “super io virtuale”. Il sesso anziano, il lubrificante acquoso, il seno, le ghiandole mammarie che mutano in insetti. L’organo primario dell’allattamento che diventa un corpo estraneo da mutilare, aspostare, divorare.

Una società passiva e fittizia quella che il regista seziona con lame usa e getta, per carne usa e getta. L’io che diventa pixel, numero primo non divisibile se non per se stesso. Lo 0-1-0 del numero binario ricrea una nuova pelle, superando nuovamente la metafisica e la dicotomia heideggeriana dell’essere e del tempo.

Una continua “petit morte” che si conclude nell’orgasmo mutato della malattia di Roiphe.

La visione freudiana della sessualità, la nevrosi ossessiva, lo stadio precedente all’isteria in cui si configurano le pulsioni parziali atte a condurre a forme di sadismo pregenitale.

La libido è la macchina primaria che muove l’uomo, ma allo stesso tempo, se non doverosamente gestita, diventa un primario veicolo di contagio. Una nuova carne o più semplicemente, il complesso castrativo dell’autoamputazione. Il moderno disturbo dissociativo bipolare che vive nella società di oggi: l’ego virtuale, l’essere disperso nello spazio che separa una qualsiasi preconfezionata forma di morte.

Pertanto il nostro alter ego di pixel: altro non é il definitivo addio alla scomparsa fisica e l’entrata in un nuovo mondo dominato dall’eternità dei numeri.

343 pagine di pura letteratura moderna che pare dirti sorniona: “Benvenuto ad Anexxia.”

 


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