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Dopo il fascismo e il comunismo ecco il “pronismo”

Creato il 21 aprile 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Dopo il fascismo e il comunismo ecco il “pronismo”, l'evoluzione del berlusconismoI maggiordomi lo hanno sgamato. Silvio è molto indulgente con le sue debolezze. Se fosse Oscar Wilde potremmo anche capirlo, ma essendo un parvenu meneghino, con ricchezze dalle incerte provenienze,  non ce la sentiamo di scambiare le sue inclinazioni per assunti letterari né per aforismi. Berlusconi è un personaggio al quale piace molto sentirsi rispondere sempre si a qualsiasi richiesta. È talmente buono che, per sua natura, ne dispensa a man bassa e se qualcuno prova a dirgli un no lui fa del tutto perché cambi idea, a costo di pagarlo. A fronte di un sostanzioso bonifico bancario effettuato estero su estero dal ragionier Spinelli, sembra sempre più difficile che qualcuno gli si opponga. Il potere del danè, e l’essere ammessi a Corte, hanno ridotto la politica a una sorta di harem popolato da molte donne  e altrettanti eunuchi il cui unico scopo sbandierato ai quattro venti, e fuor da ogni vergogna, è quello di compiacere lo Sceicco crapulone e molto ben disposto nei confronti dei lenoni che popolano il suo mondo. I deputati del Pdl, infatti, hanno iniziato una sorta di gara a chi riesce ad entrare nelle grazie del Presidente facendogli il favore più grande, ovviamente a sua insaputa, e questo anche a costo di sparare le cazzate più inverosimili o di essere esposti al pubblico ludibrio, com’è accaduto a Lassini con la storia dei manifesti Br=Pm. Ultimo in ordine di tempo (ma poi vedremo gli altri), il deputato nostro corregionale Remigio Ceroni, laurea in sociologia e abilitazione in filosofia, sindaco a vita di Rapagnano, duemila abitanti in provincia di Fermo. Il deputato marchigiano si è svegliato una mattina e, dopo aver sognato di partecipare a una serata di gala nella discoteca di Arcore, ha pensato: “Se non riusciamo a governare la colpa è del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale. Non potendo eliminarli fisicamente devo escogitare un modo per esautorarli dalle loro funzioni. Modifico l’articolo 1 della Costituzione e lo trasformo così ‘L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento’ e fanculo tutto il resto”. Il Ceroni, che come il Riccardo gaberiano trascorre evidentemente interminabili ore al bigliardo, ha visto la palla del suo pensiero entrare direttamente in buca, ha preso carta e penna e ha formulato una proposta di legge di riforma costituzionale che, qualora dovesse essere approvata, consentirebbe al suo Capo di continuare a fare i cazzi suoi non avendo più contrappesi legislativi. I colleghi del Pdl l’hanno presa male. 2232 si è lasciato andare a un “Ci voleva pure sto' matto, come se non avessimo già abbastanza guai”, ma siamo convinti che, alla fine, le alzate di scudi dei colleghi di partito ci sono state solo perché l’idea non è venuta a loro, trattasi di invidia, insomma. Ma di onorevoli perfetti sconosciuti assurti a repentina celebrità, nel nostro parlamento ce ne sono tanti e tutti per aver in qualche modo tentato di soggiacere ai desiderata del Capataz che, come abbiamo avuto in altre occasioni di ricordare, non afferiscono solo esigenze di natura e ambito sessuali. Ricordate Luigi Vitali? È stato quello che ha proposto la prescrizione breve per gli incensurati over 65 in possesso almeno di una statuina di Priapo, una villa ad Arcore, una alle Bahamas e in procinto di acquistarne una a Lampedusa dopo aver rinunciato a quella dell’Aquila. L’onorevole Vitali si era già distinto per la revisione della responsabilità dei giudici e poi per le intercettazioni pubblicate dai giornali, un fedelissimo. Maurizio Bianconi è invece l’uomo del “copia-incolla” dei verbali delle intercettazioni telefoniche. Dice Bianconi: “Chi ci dice che i magistrati non prendono le registrazioni a pezzi, le montano come meglio credono e poi le trasformano in clave contro Silvio che si trasformano in processi di popolo? Non potendo evitarlo via le intercettazioni telefoniche. Da oggi in poi i mafiosi possono pianificare tranquillamente i loro omidici per telefono”. Franco Mugnai è quello che pretende il “processo lungo”, per la serie “più lungo è il processo e più probabilità ci sono che si arrivi alla prescrizione”. L’unica falla nel ragionamento di Mugnai è che il processo lungo prevedrebbe comunque la presenza in aula dell’imputato, cosa che Silvio aborrisce con tutte le sue forze. Giuseppe Valentino è il killer della Costituzione. Lui vorrebbe cambiarne ben cinque articoli, guarda caso quelli che riguardano l’immunità parlamentare, la nomina della Corte Costituzionale e, dulcis in fundo, del Csm. Raffaello Vignali è l’esemplificatore dei cazzi degli imprenditori. Memore della intemerata di Silvio sull’articolo 41 della Costituzione (iniziativa economica privata) che “costringe gli imprenditori italiani a lavorare con regole di matrice catto-comunista”, il buon Vignali vuole cambiarlo abolendo qualsiasi regolamentazione, per la serie: il mercato è il mercato e voi non siete un cazzo. Mario Pepe vuole modificare altri due articoli della Carta, il 70 e l’82. Il ragionamento dell’onorevole Pepe è servito a Gasparri e Quagliarello per proporre l’indagine sui giudici di Milano. Poteva mancare lo Scilipotino nostro? Appena entrato nelle file dei berluschini indovinate un po’ su cosa si è buttato? Sulla medicina omeopatica? Eh no! Sbagliato. Anche lui sulle intercettazioni telefoniche. Non parliamo di Luciano Sardelli né dell’ormai famosissimo Edmondo Cirielli perché correremmo il rischio di allungare il brodo primordiale dei leccaculi. Ma qual è, alla fine, il succo del nostro ragionamento? Secondo noi il problema non è solo quello della “visibilità”, anche se ad ogni oscenità legislativa corrispondono prime pagine dei giornali, titoli di testa dei tg e una pubblicità che costerebbe altrimenti centinaia di migliaia di euro, ma quello dell’essere proni e pronti a soddisfare i desideri inespressi (ma intimamente agognati) del Signore. E chi li azzecca viene premiato. È la prassi del “gratta e vinci” che fa parte integrante della teoria del “pronismo”: via una casella, via un’altra, alla fine magari cinque euro si portano a casa (se il padrone vuole).


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