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Dossier: l’Africa ‘affamata’ vende le sue terre per dare cibo alla Cina

Creato il 13 ottobre 2011 da Candidonews @Candidonews

Dossier: l’Africa ‘affamata’ vende le sue terre per dare cibo alla Cina

Dossier: l’Africa ‘affamata’ vende le sue terre per dare cibo alla Cina

Negli ultimi mesi si è parlato molto dell’emergenza nutrizione nel Corno d’Africa:

l’emergenza fame per centinaia di migliaia di bambini tra 12 milioni di persone senza cibo né acqua in Somalia, Etiopia, Gibuti, Kenya.

La crisi frattanto dilaga nell’intero Corno d’ Africa, verso il Kenya e l’Etiopia dove almeno 135mila cittadini somali si sono già riversati tra gennaio e luglio alla ricerca di cibo, e 3mila ogni giorno vi stanno ora migrando. Oltre 11 milioni di esseri umani rischiano di morire per fame, altri la denutrizione e il degrado.

Eppure, grazie alla trasmissione tv di Romano Prodi, ‘Il Mondo che verrà‘, ho appreso una notizia che ha dell’incredibile. L’Africa, dove una buona parte degli abitanti fatica ad avere un tozzo di pane ogni giorno, VENDE le sue terre ad altri paesi Cina, India e paesi Arabi in testa acquistano (o affittano) ogni anno svariati etteri di terreni africani e sudamericani per coltivarli e produrre cibo per la propria gente:

È legittimo ormai chiedersi se ci troviamo di fronte all’inizio di un nuovo imperialismo agricolo. Questa domanda, non retorica, del New York Times fa riferimento a dati che confermano la progressiva e veloce colonizzazione di terreni agricoli in diversi Paesi dell’America Latina, dell’Asia e soprattutto dell’Africa. Siamo ormai alle soglie di una vera e propria “corsa alla terra”, considerata un bene prezioso per poter fare fronte ai previsti cali di produttività dovuti al cambiamento climatici. I Paesi ricchi ma privi di risorse naturali, in Medio Oriente, Asia e altre zone del mondo, cercano di avviare la produzione di generi alimentari dove i campi sono abbondanti e a buon mercato

Ed ecco che arriva la corsa all’acquisto. Cina in testa:

La corsa alle terre sta velocemente cambiando la faccia di intere regioni e l’elenco dei Paesi e dei gruppi che si affacciano su questo nuovo mercato aumenta. Oltre ai coreani, che controllano 1,6 milioni di ettari, si distinguono il Giappone con 922.000 ettari, gli Emirati Arabi con 1,61 milioni di ettari, l’India con 1,64 milioni e la Cina con 3,4 milioni di ettari distribuiti tra Europa, Asia, America e soprattutto Africa. Soltanto in Repubblica Democratica del Congo i gruppi cinesi si sono appropriati di ben 2,8 milioni di ettari di terreni produttivi. Nella geografia delle terre agricole non bisogna sottovalutare i gruppi privati, come la coreana Daewoo, che controlla 13.000 kmq in Madagascar.

Accade anche questo:

I Paesi del Golfo, Arabia Saudita, Bahrain, Oman, Qatar (che controllano il 45% del petrolio mondiale), constatavano di non essere più a lungo in grado di dipendere da mercati regionali e globali per procurare alimenti alle loro popolazioni. Perciò si sono affrettati ad accaparrarsi terre in Africa e sono i pionieri di questo agri-colonialismo per assicurare risorse alimentari alle loro popolazioni. Le implicazioni geopolitiche di ciò hanno avuto l’effetto che il cibo è probabilmente diventato l’ambita materia prima, al pari del petrolio, in un prossimo futuro.

Il Bangladesh si compra una parte di Uganda e Gambia:

Nella lotta alla scarsità dei prodotti alimentari di base, il Bangladesh ha intrapreso la strada dell’affitto delle terre africane. Come già fatto dalla Cina e dall’India, il governo di Dacca ha dato il pieno appoggio al piano che porterà due importanti aziende nazionali a produrre riso, grano e cotone nei terreni coltivabili inutilizzati in Africa. I Paesi che hanno firmato l’accordo con le compagnie del Bangladesh sono l’Uganda, il Gambia e la Tanzania. Gli ettari di terreno che verranno concessi sono circa 50mila e consentiranno un incremento della produzione tra il 60 e l’80 per cento.

Questa sorta di neocolonialismo non è molto pubblicizzata, non se ne parla molto. Che senso ha indignarsi per la situzione tragica del Corno d’Africa senza poi condannare le pratiche vergognose che le potenze emergenti stanno attuando proprio in un un continente già in ginocchio.


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