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Dove eravamo rimasti?

Creato il 04 febbraio 2013 da Unarosaverde

Mi piacciono certe citazioni. Le inserisco nel blog quando ho i pensieri troppo aggrovigliati per poter scrivere, quando ho cose nel cuore troppo grandi per poterle esprimere con le mie parole e preferisco affidare all’efficacia poetica altrui la trasmissione di ciò che provo o quando incontro una frase intelligente, che mi fa riflettere. Allora decido di appiccicarla qui, così, copiandola, non la dimentico.

Nei giorni scorsi non ho scritto e le citazioni, appunto, hanno occupato lo spazio di questo intervallo temporale in cui avevo da rimuginare. Non mi arrovello mai su un problema alla volta: preferisco i grovigli così posso trascorrere qualche giorno nel caos più completo, nelle esagerate reazioni e nella tendenza al dramma. Poi l’emotività prettamente femminile lascia spazio al pragmatismo da ingegnere che si occupa di tutto, un nodo del groviglio per volta.

Adesso che ho ritrovato il capo e la coda del filo, vi posso raccontare. I pensieri che mi infestano le ore di veglia sono fondamentalmente di quattro tipologie.

La prima riguarda la mia situazione famigliare, le mancanze, le presenze, il passato, il presente ed il futuro: non è nuova, è il rumore di fondo della mia anima e, tra le sue onde alte e i suoi periodi di bonaccia, mi sto abituando ad averlo come compagno.

La seconda è faccenda fisica: qualche giorno fa c’è stata una nuova visita ortopedica ed un responso, cui avevo accennato velocemente qualche post addietro. Per il ginocchio, da un certo punto di vista, non si può fare nulla. E’ un problema di cartilagine e il dolore non scomparirà anzi, è destinato a peggiorare. Può però essere controllato e ridotto con fisioterapia, pazienza, calo ponderale (non usiamo la parola dieta, per favore, altrimenti mi viene fame di riflesso). Non tornerò più a fare gli sport che facevo prima (via i pattini, probabilmente via gli sci, sia quelli da fondo che da discesa). Posso nuotare, non a rana, posso andare in bicicletta, sul piano. Potrò fare qualche camminata? Forse, vedremo, chissà. Dipende da molti fattori. Rimiro le scarpe nuove che due  anni e mezzo fa avevo comprato per il progettato Cammino Primitivo e lo zaino superleggero e mi chiedo se mai sarò in grado di percorrere quattro o cinque chilometri a piedi senza zoppicare e senza piangere dal male.

Il giorno stesso in cui mi hanno dato questo responso mi sono iscritta ad un centro riabilitativo privato e lo sto frequentando con costanza e con il portafoglio aperto. La prima differenza che c’è tra un ambulatorio ASL, come quello di cui raccontavo due anni fa in alcuni post, come questi,  e un centro sportivo privato è che qui si paga dieci volte tanto. La seconda differenza è che mentre nel pubblico di strumenti ce ne sono pochini e sono tutti vetusti, nel privato ci sono attrezzi e macchine di tutti i tipi, si sperimentano tecniche nuove, si vende speranza. La terza è che il centro privato è aperto dalla mattina presto alla sera tardi, così da venire incontro a tutte le esigenze.

Dopo due anni di dolore, unguenti, risonanze e tante parolacce, rieccomi al punto di partenza. Due anni fa mi avevano detto: tra pochi mesi sarai come prima. Non è successo e questa volta non so  dove porterà la strada. Affronto questa nuova fase in cui mi sottopongono a trattamenti e visite di tutti i tipi, a pagamento, per non sottovalutare nessun aspetto, con  impegno ma con rassegnazione. Questo atteggiamento è controproducente ma, al momento, non riesco a fare altro. Sto cercando di venire a patti con l’evidenza che determinate attività, molte delle quali scontate per tante persone, per me saranno impossibili perchè troppo dolorose e che il semplice camminare è diventato difficile. La cosa che mi dispiace di più è che ho passato molti anni a studiare,e tanto, pensando che, una volta a posto con il lavoro, avrei avuto tutto il tempo per poter praticare sport in maniera continuativa.  Avevo appena cominciato…Mi manca la sensazione del benessere che si accompagna all’attività fisica: ne ho avuta troppo poca.

D’altro canto poi penso che sia vergognoso lamentarsi per una cosa come questa, quando ci sono persone che hanno problemi ben più gravi, limitazioni fisiche serissime, malattie mortali. Ci sto ragionando, da qualche parte troverò una via d’uscita. E’ solo questione di tempo.

La terza fonte di rimuginamento viene dal lavoro. Il progetto di cui mi sono occupata e che si sta concludendo mi è piaciuto molto. Si ripeterà altrettanto di rado, anzi, forse mai più. Al di fuori di questo evento sporadico, temo che, negli ultimi due o tre anni, si sia esaurita la passione intellettuale e, una volta esaurita la passione, ci sono solo due scelte. O si resiste e si tira avanti sprecando tantissime ore di vita buona in atmosfera di ignavia, o ci si mette d’impegno e si va a cercare dove la passione si è nascosta, dove è viva, brilla e chiama a sé. Al momento non ho una soluzione a breve e neppure a medio termine. Sto meditando.

Il quarto oggetto di elucubrazioni è il fatto che sono stanca, fisicamente stanca. Mi addormento ovunque, ad ogni ora del giorno, se me ne viene data l’opportunità, altrimenti me la cerco. Mi manca da molto la possibilità di avere davanti due giorni di fila in cui non devo fare niente altro che immergermi in un libro, a leggere, imparare, senza dover tenere d’occhio continuamente l’orologio. Di tutti e quattro questo è il più facile da risolvere.

Ci sono comunque, in mezzo a questi quattro nodi, tante cose positive che rendono la mia vita piena ma questo è un post malinconico, e le cose positive un post siffatto le ignora per definizione.

Ecco, eravamo rimasti qualche passo indietro. Da qui, adesso, devo solo trovare un buon metodo per proseguire.


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