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Potenziale filmone, indubbiamente.
Se non fosse che Dread cade proprio sull'aspetto che poteva renderlo davvero interessantissimo, una torbida e profonda analisi psicologica di quelle che sono le paure dell'uomo e l'impossibilità di cancellare il ricordo delle tragedie passate, quelle tragedie che inevitabilmente segnano e cambiano le nostre vite per sempre.
Purtroppo il tentativo di fermarsi negli argini del thriller psicologico fallisce ed esonda nel finale in alcuni clichè tipici dell'horror o dell'ormai imperante torture.
Tre studenti decidono di girare un documentario (più che documentario una serie di interviste) su quelle che sono le paure più profonde dell'uomo. In realtà il documentario serve a Quaid, uno dei ragazzi, per cercar di capire come affrontare la Bestia, la Paura Regina di ognuno di noi, visto che lui stesso convive con una davvero terribile. L'esperimento sfugge un pò di mano ai ragazzi. Il finale sarà davvero terribile praticamente per tutti.
Da un racconto di Clive Barker (anche sceneggiatore) Dread si presenta subito come film molto interessante e abbastanza originale nel panorama moderno dell'horror. L'atmosfera è malata, torbida, insidiosa. L'istanza autoriale (che secondo me crolla nel finale) si vede sin da subito, si parla di filosofia, di vita e di morte, di paura del passato e del futuro. I protagonisti sono davvero portentosi, Stephen (interpretato dal bellissimo Jakson Rathbone, fossi stata una ragazza avrei preso una cotta) è davvero un personaggio capace di entrare in empatia con lo spettatore. E non sono da meno il pazzo del gruppo e le due ragazze, tratteggiate con molta delicatezza e profondità.
Il montaggio alternato iniziale, l'interessante e curiosa scelta di spostare il punto di vista ora su Stephen ora su Quaid, i personaggi secondari, ma non troppo, delle due ragazze, tutto funziona alla perfezione e rende Dread un film dal quale è difficile togliere lo sguardo. Piano piano il taglio dell'opera, quello basato su una crudeltà davvero notevole, viene fuori sempre più prepotentemente, Dread diventa un'efferata macchina di sangue e vendetta.
E, forse, è lì che perde molto del suo fascino. Prima le sequenze notevoli non mancano, l'intervista della ragazza con la voglia in tutto il corpo è davvero potente, il gioco di sguardi dei due protagonisti girato alla perfezione, le sequenze degli incubi di Quaid sono molto incisive (il killer sembra un pò il Chigur di Non è un paese per vecchi), l'intervista alla finta suicida e quel "non si possono non aver paure!" molto interessante, fino ad arrivare al punto più alto della pellicola, quello emotivamente più forte, ossia il video della ragazza mostrato in facoltà (praticamente un replay della straordinaria scena della chiesa in Ben X).
Fino a qua il tratteggio psicologico è perfetto, le vicende sono dannatamente credibili e umanamente devastanti, poi una serie di gratuità rovina, e non di poco, la pellicola. La tortura al ragazzo sordo, gli spari alle orecchie davvero inverosimili, la terribile tortura autoinflittasi della ragazza "vogliata", Joshua che esce dall'ospedale e va a casa di Quaid ma spara ad un altro, la sevizia con la bistecca, tutta l'esplosione delle paure di ognuno in contrappasso analogico o per contrasto dantesco, sono scene sì visivamente belle e forse necessarie affinchè il film acquisti più spettatori e consensi in un certo pubblico, ma banalizzano terribilmente il tutto, rendono Dread un horror altamente consigliabile ma lo allontanano senza dubbio dal potenziale mezzo capolavoro e intelligentissimo film che tutta la prima parte lasciava presagire.
Davvero un peccato.
Visione comunque obbligata per gli amanti del cinema sporco, malato, torbido e violento.
( voto 7 )
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