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E alla fine paga sempre Paolino.

Creato il 04 settembre 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
E alla fine paga sempre Paolino.In Banca d’Italia si usa un acronimo del quale, lo confessiamo senza alcuna vergogna, non eravamo a conoscenza. È SOS e non vuol dire “Save Our Soul” (salvate le nostre anime) ma più semplicemente Segnalazione Operazioni Sospette che alla fine, potrebbe essere quasi la stessa cosa, non sono le anime da salvare ma la legalità. Questo termine viene usato dagli uomini di Banca Italia quando analizzando i movimenti di denaro sui conti correnti (cosa che normalmente viene richiesta loro dalla magistratura inquirente) e si accorgono che qualcosa non quadra. Analizza oggi e analizza domani, all’improvviso è spuntato uno strano versamento di 250mila euro effettuato a favore di uno dei magistrati più potenti d’Italia, Pasquale De Lise. Chi volesse divertirsi a ricercarne il nome fra quelli che combattono le mafie e le illegalità, diciamo subito che non è quella la strada, il dottor De Lise è l’attuale Presidente del Consiglio di Stato dopo essere stato per anni quello del Tar del Lazio. Come (quasi) tutti gli organi di stampa affermano, l’operazione in sé non significa praticamente nulla, ma il problema sta nel fatto che il nome di De Lise, come quello dell’avvocato Patrizio Leozappa (suo genero), spicca fra quelli “attenzionati” dai magistrati perugini nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta “cricca”. Ed è proprio su questo triangolo un po’ perverso (De Lise, Leozappa e la “cricca”), che a Perugia si sta cercando di far luce, di capirci un po’ di più anche perché risulta che lo stesso Leozappa difendesse Diego Anemone in provvedimenti pendenti presso il Tar del Lazio del quale era presidente il suocero. Insomma, il solito intreccio che a volte si sa dove inizia mentre resta ignota la fine. Ma tutto questo ennesimo, piccolo putiferio, sta accadendo mentre Berlusconi si appresta a “nominare” il nuovo Ministro per lo Sviluppo dopo averlo sottoposto al televoto taroccato degli italiani. Sembra che il nome più accreditato sia quello di Paolo Romani, ma sembra anche che sul dottor Romani il Quirinale mostri qualche segno di nervosismo visto che lo ritiene troppo vicino a Mediaset, azienda dalla quale proviene prima di essere catapultato in politica dal Padrone. Per chi non lo avesse ancora capito, del governo Berlusconi fanno parte tutti i manager, gli ex manager e i tenutari degli uffici legali della Fininvest, di Publitalia, di Mediaset e di tutte le aziende di cui il Capo è il padrone assoluto per la serie: “ti ho pagato, ti pago, fatti i cazzi tuoi e lasciami guidare”. Ma dalla nuova lista degli “amici” di Anemone, tenuta con precisione svizzera dal commercialista Stefano Gazzani, spuntano ancora dei nomi che non comparivano nella prima. Identica l’impostazione: nome, lavori eseguiti, ammontare degli stessi, eventuali pagamenti avvenuti. Come si sa, c’era chi pagava e chi invece metteva in conto allo Stato ma questo rientrava nei giochi della mano che lava l’altra. Che Anemone abbia fatto lavori anche a Palazzo Grazioli è un fatto emerso già al primo turno dell’inchiesta, ma che nella seconda appaia distintamente il nome “Berlusconi” è un fatto che ha colpito, e parecchio, i magistrati umbri. C’è chi dice però che il “Berlusconi” della lista non sia proprio “quello” personalmente di persona del Capo, ma del di lui fratello, tale Paolo condannato per nascita a dover scontare le malefatte del fratello maggiore, brevi periodi di detenzione compresi. C’è però da dire che già da qualche mese i magistrati sapevano dell’esistenza di ottimi rapporti fra il “minor” e la cricca, come sapevano anche dell’interesse del proprietario del Giornale di Feltri, all’appalto dei tutor autostradali. Nulla di nuovo sotto il sole quindi. Tutto gira come sempre all’insegna di famiglie ristrette, allargate, di fatto, di diritto purché famiglie, il nucleo primario della nostra società ma anche della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra e della sacra corona unita. Cosa non si farebbe, in Italia, per la famiglia!

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