Magazine Diario personale

È la stampa, bellezza

Creato il 22 luglio 2011 da Nonchiamatemiborgia @nonsonoBorgia
Mancano solo 79 ore, e anche il “fattore tirocinio” sarà andato. È strano come passi il tempo, soprattutto quando trascorri le tue giornate dentro una redazione, a scrivere e spulciare tutti i comunicati stampa che arrivano sulla posta elettronica. Ebbene, quota meno 79: conto le ore perché devo rimettermi sui libri per gli ultimi due esami, le conto perché il lavoro in ufficio in piena estate è una maledizione, le conto perché quando sarò arrivata a 0, significherà che anche questo passo verso la laurea sarà definitivamente compiuto.Rimangono solo 79 ore. Mi sembra giusto iniziare a tirare le somme, trarre qualcosa da questi due mesi di lavoro non retribuito. Cos’ho imparato…1.Non far incazzare la tua responsabile il primo giorno. Ovviamente io l’ho fatto, ma non è che ho combinato qualcosa di irreparabile, diciamo solo che lei era molto suscettibile. Appena arrivata in redazione, il direttore mi ha dato un paio di indicazioni sul metodo di lavoro dello staff e, dopo dieci minuti, mi ha affidato a lei. Forse non era il giorno ideale per appiopparle una stagista parassita.Comunque, mi ha subito messo alla prova, incaricandomi di scrivere due brevi per le pagine del turismo. Dopo aver finito la mia prima opera, nella mia foga di essere veloce e non troppo lagnosa, le ho detto “Ho finito!”. Non sapevo che quella era una pessima giornata per lei che, prontamente, mi ha risposto con tono stridente “Un attimo! Dovrai abituarti a non trovarmi sempre pronta come una macchina!”. Nel corso dei due mesi il rapporto si è rilassato con battute e solidarietà lavorativa, ho conosciuto una persona disponibile e precisa che, a conti fatti, mi ha insegnato tanto. Ho imparato che il primo giorno di tirocinio uno stagista non può essere troppo zelante.2. Non scrivere poemi per un concetto che puoi esprimere con tre parole. Ricordate quando si era a scuola e la professoressa d’italiano vi esortava alla ricerca lessicale, a sviluppare i concetti, a estendere le vostre argomentazioni? Ecco, se decidete di diventare giornalisti dimenticate tutto. Tranne la grammatica.I primi giorni, quando lavoravo sui comunicati stampa, la mia regola era rielaborare e piazzare termini ricercati e figure retoriche: la mia responsabile, regolarmente come Tremonti, tagliava. Non era un atto sadico, ma la regola del buon giornalismo: immediato, veloce e semplice. Ho imparato che un pezzo non deve essere l’autocelebrazione del giornalista, bensì una storia comprensibile per tutti.3. Fai qualunque cosa ti venga proposta. Sei lì e anche se non sei pagato, ormai che ci sei buttati. Devi partire da capo, quindi è utile sperimentare qualunque cosa. Sicuramente ti capiterà il pezzo sulla Sagra delle lumache, per cui non saprai cosa dire, se non che il piatto principale è viscido e nauseabondo (anche se tutti dicono che è come mangiare funghi). Ma non lamentarti, è in queste situazioni che vengono fuori le tue capacità: se riesci a scrivere 500 battute su una festa paesana in mezzo ai monti, allora stai sicuro che prima o poi ti daranno la possibilità di raccontare storie più interessanti. Ho imparato che la Sagra di Avaglio dà il via alla tua carriera giornalistica.4. Accetta di bere il caffè con i tuoi colleghi. In realtà non sono tuoi colleghi, perché tu sei solo uno stagista, ma per comodità li chiamerò così. Dovrai starci due mesi in quella redazione, se non ti apri nemmeno un po’, non conoscerai nessuno e non ti creerai contatti. In quei due mesi in cui dovrai stazionare in redazione per 8 ore al giorno, sarà utile, ogni tanto, incrociare un sorriso con qualcuno, scambiare una battuta con qualcun altro. Non dico di uscire ogni giorno, ma ogni tanto vai a bere il caffè con quel gruppo di colleghi che, ogni mattina alle 9.45, vanno al bar a darsi una botta di caffeina. Ho imparato che il caffè unisce le persone.5. Quando è passato un mesetto, prendi un po’ di iniziativa. Ciò non vuol dire che un giorno devi presentarti in redazione con un cappello anni Trenta, con un bigliettino PRESS attaccato alla fascia, sbraitando “Ho uno scoop!”, e, in realtà, è una minchiata. Prendere l’iniziativa significa farsi coraggio e scrivere qualcosa senza chiedere a nessuno cosa puoi o devi fare. Cercati un comunicato che nessuno considera, oppure presenta un’idea che sei sicuro nessuno possa avere: se il lavoro è valido otterrai sicuramente visibilità. E senza che tu lo sappia, magari, toglieranno colonne a qualcun altro per darle a te. Ho imparato che per farsi un po’ di spazio sulla carta devi fare le scarpe a qualcuno.6. C’è sempre chi fa il simpatico con tutti tranne che con te. È naturale, una sorta di selezione darwiniana: non ho mai capito se succede perché vogliono metterti alla prova, o semplicemente perché ce l’hanno con te. Di norma quello che si comporta così è il pupillo del capo, o quello che viene maggiormente rispettato dai suoi colleghi perché ritenuto simpatico. Molto spesso accade che perché la smetta di fare l’antipatico con te, sia necessario l’arrivo di una nuova persona: solo così tu potrai salire nella graduatoria delle simpatie di Mr.o Miss Fun.Durante il mio tirocinio, ovviamente, non è arrivato nessuno dopo di me. Mr. o Miss Fun cerca sempre di fare il filointellettuale, e prendere parola appena possibile: se poi quello che parla sei tu, la cosa diventa ancora più intrigante. Oltre a richiedere l’attenzione su di sé, Mr. o Miss Fun ha anche l’occasione per denigrarti e farti sentire piccino piccino, calpestabile come un chewing gum. Ho imparato che dovunque tu vada, c’è sempre quello che ti farà sentire fuori posto.“È la stampa, bellezza” è la battuta finale di un celebre film sul giornalismo con Humphrey Bogart, una pellicola del 1952 che parla dei  ritmi giornalistici e di tutto quel mondo misterioso che, molto spesso, rimane solo una massa nebulosa e sconosciuta ai lettori.Beh, per me la stampa non è stata solo scrivere pezzi, fare interviste e rispettare i tempi della tipografia. Per me la stampa ha rappresentato anche una prova di carattere, un test dove io, stagista inesperta, ho dovuto interpretare anche il ruolo di un chewing gum caffeinomane.

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