Magazine Diario personale

E’ triste, papa. Ma è bellissimo.

Da Matteotelara

Alle volte ci sono storie e autori senza i quali la nostra vita perderebbe una parte importante di quel senso che tanto a fatica siamo riusciti negli anni a scovare, proteggere e nutrire.
Spesso la maniera in cui queste storie ci raggiungono ha a che vedere col caso: la copertina di un libro su cui il nostro sguardo si è impigliato mentre camminavamo in una libreria, o un programma televisivo che non avevamo intenzione di guardare, o, infine, (è raro che accada ma alle volte può accadere) la combinazione di queste cose unite a un’infinità d’altre simili, appena differenti o distantissime.
L’autore è, in questo caso, Raymond Briggs, e la storia è The Snowman.
Pluripremiato illustratore, autore e cartonista per adulti e bambini, Raymond Briggs è quello che si dice un outsider, un artista dotato di grande sensibilità narrativa e della capacità di tradurre le storie in meravigliose immagini, e le immagini in veicoli portentosi di riflessione ed emozione.
The Snowman uscì nel 1978 e suscitò subito un forte interesse di critica e pubblico riuscendo poi, negli anni, a consolidarsi come un classico capace di reggere il confronto con opere consolidate come i capolavori di Hans Christian Andersen o di Lewis Carroll.
Storia illustrata nella quale la narrazione procede senza l’ausilio di parole (credo che l’unico a essere riuscito a fare altrettanto sia stato Shaun Tan con The Arrival, io ne parlai a suo tempo qui) The Snowman venne trasformato in film d’animazione nel 1982 e divenne anche in questo caso un’opera di grande forza evocativa la cui trasmissione annuale durante le feste natalizie è in Gran Bretagna e non solo una sorta d’evento irrinunciabile.
La storia, nella versione originale, comincia con un prologo di poche parole (che poi scopriremo appunto essere le uniche della narrazione):

Ricordo quell’inverno perché portò la più grande nevicata che avessi mai visto. La neve era caduta costantemente per tutta la notte e la mattina mi svegliai in una stanza piena di luce e silenzio, come se il mondo fosse immerso nell’immobilità di un sogno. Era un giorno magico… e fu in quel giorno che feci il pupazzo di neve.

Nella versione cinematografica alla bellezza delle immagini si affianca quella della musica di Howard Blake e in particolare la canzone Walking in the Air il cui tema verrà poi ripreso anche nel 2012 quando, malgrado l’iniziale scetticismo di Raymond Briggs, venne realizzato un sequel dal titolo The Snowman and The Snowdog.
Checché si pensi dell’adattamento cinematografico e del sequel (lo ammetto, di solito non sono un amante) la storia di Briggs custodisce in sé qualcosa di magico e inneffabile ed è come una di quelle gocce d’ambra all’interno delle quali è rimasta incastonata per sempre una scintilla di vita: nel momento in cui la si guarda, qualunque sia l’obiettivo, l’angolo, o il medium scelto, è il mistero di noi stessi che in realtà stiamo guardando.
The Snowman e The Snowman and The Snowdog sono due storie lievi come fiabe e intense come romanzi che fanno della bellezza della vita, della forza dell’amore e della caducità che pervade ogni cosa il centro del proprio racconto.
Qui di seguito vi propongo The Snowman and The Snowdog, non solo in omaggio al Natale appena concluso, ma soprattutto perché, dopo aver osservato mio figlio seguire The Snowman con silenziosa e rapita attenzione, l’ho visto commuoversi sul finale di The Snowman and The Snowdog e dirmi (a ulteriore conferma della capacità di Raymond Briggs – e di ogni grande storia – di saper emozionare adulti e bambini nella stessa maniera) poche parole che non credo dimenticherò: “è triste papa…, ma è bellissimo”.
Ecco, non penso serva altro per invogliarvi alla visione.


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