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Eduardo – a trent’anni dalla morte

Da Mizaar

Eduardo_De_Filippo-300x300La fortuna di appartenere ad una certa generazione non consiste nel sentirsi parte di qualcosa di diverso o di essere annoverati in una categoria di eletti – almeno non lo è, per quanto mi riguarda. Mi succede a volte di leggere qua e là degli “ Amarcord “ a base di “ noi che usavamo il telefono a gettoni, noi che vedevamo lo Zecchino d’Oro “ e via dicendo…parliamoci chiaro, volete mettere la noia di telefonare da un telefono a gettoni? Non si trovavano i gettoni, quasi mai; le cabine telefoniche erano per lo più infestate dalle più inenarrabili nefandezze di tipo idraulico organico, se tutto andava bene; quando riuscivi miracolosamente a raccattare gettoni e cabina decente, trovavi la cornetta distaccata e/o parzialmente non udibile oppure imbrattata di un qualche ectoplasma. No, non era un bel periodo per le telefonate e non lo rimpiango. Ma c’è qualcosa che decisamente ricordo con piacere e mi fa rimpiangere quello che è stato, la Rai radio televisione italiana, gestiva una programmazione, come si dice, “ dall’alto profilo intellettuale “. Tra le cose viste in quegli anni il ciclo delle rappresentazioni teatrali delle maggiori opere di Eduardo De Filippo; riprese impostate in un vero teatro come se ogni spettatore avesse a disposizione luogo e attori per se solo. Natale in casa Cupiello, Filomena Maturano, Napoli milionaria, Questi fantasmi, le storie di Eduardo riportate sulle tavole di un teatro del possibile, il teatro delle storie comuni e grandiose. La poetica minimale di uomini e donne ordinari resi giganti da una saggezza che derivava dall’esperienza, dalla durezza della vita. Drammi e commedie amare scritte subito dopo la guerra, col senno di quel poi che rendeva il vivere una scommessa continua, anche se la narrazione del vivere stesso era lineare e solleticava, a volte, il sorriso. L’appartenenza alla cultura napoletana nel teatro di Eduardo è evidente; sono storie che ci appartengono e che si ripetono anche oggi, ma con modi e tempi diversi. Più beceri i modi, veloci i tempi che stroncano la riflessione e annullano la storia e la cultura.


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