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Elles

Creato il 16 luglio 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Elles

Anno: 2010

Durata: 96'

Distribuzione: Officine UBU

Genere: Drammatico

Nazionalità: Francia/Polonia

Regia: Malgoska Szumowska

Nel 1961 Ermanno Olmi otteneva al Festival del Cinema di Venezia il Premio della Critica per un piccolo film dal titolo altrettanto piccolo e gogoliano, . Il posto di lavoro era il semplice traguardo per assecondare un modello di vita forse convenzionale e alienante, manifesto di un periodo di crescita e sicurezza economiche che tracciava nella centralità indiscussa della nuova industrializzazione la fisionomia di una vecchia e più potente divinità, acclamata nel tempio delle banche, dei primi centri commerciali, nel disarmante processo di deruralizzazione e urbanizzazione selvaggia di un Paese non più contadino, di un Continente ancor meno arcaico o liricamente bucolico: 50 anni di sogni e fantasie americane ed europee che si consolidano in un'eredità alimentata dalle illusioni del benessere e dal piacere voyeuristico, dalle nuove iconologie sessuali e pubblicitarie, dalla bulimia mediatica e dal pattume dei consumi. L'inceneritore? Non ha mai smesso di dormire da oltre mezzo secolo.

Mezzo secolo è una donna in carriera, una madre che ama i suoi figli e il suo lavoro. Un po' svampita, distratta, assuefatta, ma pregna di passione. 50 anni è all'incirca l'età della protagonista di , Ann ( Juliette Binoche), giornalista affermata di un periodico femminile, divisa tra la quotidianità entro le mura di una bella casa parigina e un'inchiesta sulla prostituzione tra le giovani studentesse universitarie. Gli incontri con Alicja ( Joanna Kulig) e Charlotte ( Anaïs Demoustier), due ragazze molto orgogliose del mestiere che praticano e dell'indipendenza economica che da esso ricavano, indurranno la protagonista a mettere in discussione profondamente le proprie certezze, interrogandosi intimamente sul proprio contesto famigliare, sui concetti di sesso e denaro.

Elles

Al suo quarto lungometraggio la regista polacca Malgoska Szumowska filtra attraverso un punto di vista unicamente femminile un argomento estremamente attuale e diffuso come la prostituzione studentesca, spogliando la narrazione dal velo del manicheismo e della disapprovazione morale, analizzando piuttosto, con la brillante oggettività di una regia sempre adempiente all'ironia poetica, le discutibili strategie professionali che alcune donne attuano, impiegando il sesso come strumento per ottenere beni materiali, per pagarsi gli studi o per avvalersi di un riscatto sociale. " Facciamo tutto per soldi" afferma la Szumowska in una dichiarazione alla stampa, " Quello che fa la giornalista nella sua vita personale è accettare molti compromessi, cose che non le piacciono [...] Anche io come regista ho dovuto accettare cose sgradevoli, perché il sesso dovrebbe essere diverso?".

Lo stesso concetto di lavoro tout court è il compromesso principale della nostra società, 8 ore di dipendenza e alienazione, rispetto alle quali nulla o poco valgono i canti di libertà ed emancipazione redatti dalle penne più illuminate della nostra cultura contemporanea e democratica o dall'ipocrisia di giornalisti travestiti da giudici che, pur proponendo donne come oggetti sessuali associati a beni di consumo sulle copertine di riviste di attualità, saturano l'opinione pubblica di articoli moralizzanti, ma carichi di curiosità voyeuristica rivolta alla prostituzione femminile o alla condizione della donna nei paesi islamici.

Elles

50 anni di illusioni effimere, di sacrifici e lotte per il lavoro e per l'indipendenza economica solcano sulla pelle di una donna le rughe di un cinismo di marmo, levigato solamente da un ricambio generazionale spiazzante, da un ricambio culturale radicale e indifferente alle ipocrisie, da un ricambio sociale, al quale le donne come Ann - magnificamente sorretta da una Binoche oscura e luminosa al contempo - rispondono con un'intelligenza disarmante e priva di critica distruttiva, volta unicamente ad affondare il pensiero e la riflessione sull'intima natura delle donne che concedono la propria Venere per soldi e dei clienti annoiati alla ricerca dell'amor profano, tracciando infine nel decesso della passata era industriale la fisionomia di una nuova, quantunque antichissima, divinità: Eros.

Marco Pellegrino

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