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“Eminenza, faccia qualcosa!”

Creato il 02 febbraio 2012 da Malvino
Il calo delle nascite è la più comune ossessione di chi ha deciso di non far figli e non c’è bisogno di essere psicologi per trovarne spiegazione. È tipica perciò dei chierici, che amano considerarsi padri dei figli altrui e che soffrono quando scarseggia prole fresca, ma è comune pure tra i laici che restano folgorati sulla via di Damasco dopo aver dissipato gli anni dell’età fertile in quell’estatica fissazione narcisistica che nella riproduzione vede e teme una fattispecie di amputazione.Vera e propria mania, la crisi demografica. Per quelle ex femministe che abortivano con la stessa disinvoltura con la quale si schiacciavano i brufoletti e che poi son diventate pie figlie di Maria ed editorialiste di Avvenire. Per quei giovanottoni invecchiati male nella malata ricerca di un centro di gravità permanente – politico, culturale, esistenziale – che poi coincideva sempre col buco del culo di un potente, fino a quando il culo è diventato quello pontificio. Per quegli intellettualucci nevrastenici che hanno protratto l’adolescenza fin sulla soglia della senescenza, teorizzando che il capitalismo si procura forza-lavoro da chi non ha altra ricchezza che la propria prole e che far figli è fare il gioco delle multinazionali, peraltro incrementando l’inquinamento, per poi arrivare a trovare mica male l’“andate e moltiplicatevi”, facendosi accesi sostenitori del bonus bebè e del ritorno delle donne ai fornelli. Per preti d’ogni ordine e grado, ovviamente, perché il gregge dall’età media troppo alta dà poca lana e poco latte.Provate a verificare: una dozzina di questi scassacazzi, presi a caso, raramente arriva a un totale di tre figli, che poi sarebbe il minimo che vorrebbero da ogni coppia. Guai, però, a obiettare: “Falli tu!”. Si offendono. Hanno fatto un’altra scelta di vita, loro. Hanno scelto di far figliare gli altri, esortandoli.

Doppia esortazione, nel taglio basso di pag. 12, oggi, su Avvenire, da parte di due eminenze di peso: il cardinal Bagnasco e il cardinal Caffarra. Nessun richiamo al solito Gen 22, 17: quasi solo Inps e geopolitica, con quale strisciatina di tiepido buonsenso. Ma dei due è il secondo che dà il meglio. D’altra parte, il Caffarra tenta da decenni di autopromuoversi come fine pensatore. In realtà, riciccia il personalismo wojtyliano di Persona e atto, ostinandosi a impreziosirlo col maldestro tecnicismo dell’eclettico che si dà a spericolate incursioni nella psicologia e nell’antropologia.Per esempio, sulla “progressiva perdita del senso della differenza sessuale”, che è cifra del moderno come momento di liquefazione dei ruoli tradizionalmente codificati: “La difficoltà di riconoscere l’alterità nella sua differenza quale in modo archetipo si dà a vedere nel dismorfismo sessuale umano è un fattore decisivo per il cambiamento demografico. Ciò ha portato da una parte ad una progressiva omologazione del femminile e del maschile, e dall’altra a porre l’atto generativo dentro la sfera del privato. Un atto, quindi, che viene socialmente sotto-stimato. Come mi ha confermato molte madri”Poverino, avrà voluto dire “dimorfismo” e gli è scappato “dismorfismo”. Forse intendeva dire “archetipico”, ma gli è venuto “archetipo”: poco male, via, ci siamo intesi.  Però s’è rifatto mettendo il trattino di sapore heideggeriano tra “sotto” e “stimato”: non è una volgare “sottostima”, quella della quale il momento riproduttivo è fatto oggetto, ma una “sotto-stima” e chi ha orecchio fine per intendere finemente intenda.

Ciliegina sulla torta tutta storta? “Come mi hanno confermato molte madri”. Quasi sembra di vederle, queste madri, sembra quasi di sentirle: “Eminenza, faccia qualcosa! Le nostre scopate hanno un valore sociale, lo dica forte, si faccia sentire!”

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