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[English review] Blood in the Skies (The Hellfire Chronicles, Book 1) di G.D. Falksen

Creato il 20 marzo 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[English review] Blood in the Skies (The Hellfire Chronicles, Book 1) di G.D. FalksenTitolo: Blood in the Skies (The Hellfire Chronicles, Book 1)
Autore: G.D. Falksen
Editore:Wildside Press
ISBN:9781434432087
Fomato: ebook
Lingua: Inglese
Numero pagine: 265
Prezzo: EUR 3,58
Genere: Steampunk
Voto: [English review] Blood in the Skies (The Hellfire Chronicles, Book 1) di G.D. Falksen

Trama:Con l’incidente di Tunguska in Russia del 1908 il mondo si è resettato, le nazioni sono state ‘redistribuite’ sulla faccia del pianeta. Si è completamente persa la memoria del mondo di prima. Elizabeth Steele è un pilota da guerra che combatte per il Commonwealth (ciò che rimane dell’Impero Britannico), mentre il suo amico Ray è ufficialmente un cartografo, ufficiosamente una spia. Durante un’operazione di salvataggio di una nave cargo presa di mira dai Pirati dell’Aria, Steele entra in possesso di una scheda perforata dal misterioso utilizzo decorata con iscrizioni nella perduta lingua russa. Da quel momento in poi, la sua vita sarà costantemente in pericolo e sicari prezzolati inviati dal Signore dei Pirati la inseguiranno per cielo e terra. La scheda perforata è forse la chiave dell’incidente di Tunguska?

Recensione: Oh. Blood in the Skies. Ci diamo allo steampunk. Svolgimento: G.D. Falksen, da bambino, secondo me guardava Bud Spencer e Terence Hill. Non so se questi film erano popolari negli USA, ma forse sì, se no non mi spiego Blood in the Skies. Non è Bruce Willis, non è Schwarzenegger, è Bud Spencer! Assolutamente! Ovvero: si va avanti a forza di cazzotti. Sparatorie alla Trinità. Risse alla ‘io sto con gli ippopotami’. Andiamo con ordine: presupposto niente male, ovvero nel 1908, i perfidi Russi a Tunguska conducono esperimenti con armi di distruzione di massa, ma siccome sono Russi e sappiamo che i Russi son buoni solo a far casino, distruggono il mondo. Letteralmente! Il nostro pianeta viene sbriciolato come un Oreo in tanti isolotti volanti di varia grandezza, dalla zolla erbosa al continente indiano. La tecnologia si resetta e tutti, per muoversi tra un isolotto e l’altro, volano coi dirigibili e i biplani della Grande Guerra. C’è una specie di Inghilterra postatomica chiamata Commonwealth e ovviamente loro sono i buoni, neanche da dire. I cattivi sono Pirati Volanti a metà strada tra quelli dei Caraibi e i cyborg di Terminator che parlano con marcato accento tedesco. Perché poi? Forse perché i tedeschi sono sempre cattivi.

I protagonisti di questa rissa continua di centinaia di pagine sono una donna pilota dotata delle grazie femminili di Obelix, Elizabeth Steele, e un agente segreto indiano strafigo e bonazzo, Ray.
Tunguska ha distrutto il mondo, ma NON la scheda perforata che serve a…boh. A qualcosa servirà, perché i cattivi la vogliono a tutti i costi e i buoni, Steele e Ray, non gliela vogliono dare. Così, per partito preso. Tanto per rompere le balle al prossimo. Ma si sa, i Buoni sono così. Da pagina 5 a pagina XYZ assistiamo ad una sequela di combattimenti aerei, terrestri, a cazzotti, a fucilate, a insulti (no, a insulti no, Falksen è molto british e non credo sappia che esistono le parolacce) francamente un po’ estenuante.
Poi appaiono dei fantasmi. Poi degli zombi. Poi dei cyborg.
Poi il Dart Vader steampunk, Lord Bukhalter, si prepara a prendere a calci il Commonwealth.
Come non simpatizzare per lui?! Ha anche una civetta robot! Poi il libro finisce. Così, senza un perché. Alla vigilia della Mother of all Battles, Falksen ci saluta tutti e alla prossima puntata. Ma porcatroia!

Mica per la battaglia eh, ma siccome Steele salterebbe addosso a Ray per tutto il libro, strappandogli i vestiti e possedendolo contro il muro, volevo vedere se le riusciva questa manovra.  Pazienza. Se vi piacciono i dirigibili e la gente con arti meccanici e donne cazzute che in confronto le eroine di Ken Follett sembrano la sorellina morta di Jo March, Blood in the Skies fa per voi. Se no, lasciate perdere. Tre stelle perché l’ambientazione è davvero buona, ma la storia un po’ meno e la caratterizzazione dei personaggi troppo bianco/nero per i miei gusti ‘grigi’.

L’autore: Geoffrey D. Falksen is an American fiction writer and essayist known for his work in the steampunk genre.


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