Magazine Talenti

Era la vita

Da Robertodragone

Era il lontano 2006 quando convinsi i miei amici a intraprendere quella che prometteva essere un’avventura meravigliosa, almeno questa è la parola che usai per convincerli. Dissi loro che ci saremmo divertiti, e mentre nella mia mente mi dicevo che quella era solo una tattica per convincerli a dire sì, sapevo anche che forse, l’unica cosa che sicuramente avremmo fatto, era proprio divertirci. Io volevo girare un cortometraggio, ma sapevo che non avremmo mai potuto girare qualcosa di serio, o anche accettabile. Poco male perché io volevo solo sperimentare, e anche se alla fine avessimo avuto un girato che avremmo apprezzato solo noi, non mi importava.
Scrissi “E’ la vita” a penna su un vecchio quaderno basandomi su un soggetto che non era neanche completo, ma aveva un elemento importante cioè come protagonisti aveva personaggi costruiti sul carattere dei miei amici, in modo che non avrei chiesto loro chissà quale sforzo recitativo. Non so come nacque nella mia testa l’idea di scriverlo, forse era già lì, non saprei; fatto sta che il giorno prima immaginavo questi personaggi e il giorno seguente diedi loro vita. Ci fu una prima e unica stesura del cortometraggio, e nella trascrizione al computer ci furono pochi tagli. Non avevo mai scritto una sceneggiatura né sapevo nulla di cinema, ed “E’ la vita” era solo un insieme di situazioni che si susseguivano, dove ogni situazione era lo sviluppo banale e lineare della situazione precedente. La trama era semplice:

Era la vita

Un ragazzo, di cui non ricordo il nome, viene lasciato dalla propria ragazza. Così, prova a chiamare tutti i suoi amici per trovare conforto e compagnia, ma il caso vuole che ogni suo amico è impegnato. Come ultima spiaggia, il ragazzo decide di chiamare un suo compagno di classe con cui non va particolarmente d’accordo, essendo, quest’ultimo, il bullo della classe che tormenta tutti, in particolar modo proprio lui. (E’ un’incoerenza chiamare il proprio nemico nel giorno in cui vorremmo conforto, ma come ho detto il cortometraggio fu scritto alla leggera e io volevo che i due personaggi opposti si incontrassero; oggi, per esempio, per dare una scusante alla telefonata farei sì che partisse per errore. Ma allora non ci pensai.) Il bullo accetta di vedere il ragazzo, va a casa sua, si aggiorna sulla situazione, e convince il ragazzo, che è un ragazzo nerd e un po’ sfigato, a uscire con lui per dimenticarsi la sua ex. I due, quindi, escono e incontrano due ragazze, tra le quali vi è un’amica del bullo. I quattro la sera escono insieme, si divertono, nascono le coppie. Poi passa del tempo, qualche mese mi sembra. Le due coppie formatasi si incontrano per caso per strada, sembrano felici ma in realtà la fidanzata del ragazzo sfigato vuole lasciare quest’ultimo, così tutto ricomincia.

Sinceramente, dal ricordo abbastanza approssimativo che ho della storia non capisco cosa volessi raccontare – perché sta tutto lì il cuore di un lavoro creativo, cioè il cosa si vuole trasmettere – tuttavia non chiedetemi di rileggere la sceneggiatura, poiché al pensiero mi vengono i brividi. Il punto in comune che unisce le diverse situazioni che si svolgono durante il corto è l’espressione “è la vita” che diversi personaggi danno in risposta a chi chiede loro spiegazione riguardo un torto che hanno subito. Il ragazzo lasciato all’inizio, per esempio, chiede alla fidanzata il perché viene lasciato e quest’ultima gli risponde con: “E’ la vita”; lo stesso ragazzo riceve la medesima risposta quando viene lasciato dalla seconda ragazza, e così via.

Era la vita

Durante la produzione incontrammo vari problemi, poiché eravamo tutti inesperti, tuttavia nulla ci fermò. Girammo per tre giorni di fila, durante i quali per tutta la giornata od organizzavamo le riprese o parlavamo e perfezionavamo il lavoro. Io ero il regista e a me spettava l’ultima parola (all’improvviso sapevo cosa significasse fare il regista) ma a nessuno veniva negata la proposta di soluzioni alternative. Incontrammo spesso quel problema che vedeva artificiali alcune battute dette, quindi alcuni personaggi improvvisarono tenendo conto di cosa dovesse uscire fuori dal dialogo.
A circa tre quarti del cortometraggio vi è la scena di una festa che si svolge durante la sera in cui i due ragazzi hanno conosciuto le ragazze. Nella festa in sé c’erano poche battute, tuttavia era importante poiché era proprio la sera in cui il protagonista si dichiara alla sua nuova ragazza. Organizzammo una vera festa. Il piano era fare festa e poi girare il cortometraggio. Gli attori, ma anche altri amici che contribuirono al corto svolgendo lavori dietro la macchina da presa, si presero la responsabilità di chiamare dei loro amici come comparse, e questi amici avrebbero chiamato altri loro amici, e così via, finché non avremmo avuto almeno, qualcuno aveva contato, cinquanta comparse. Non si presentò nessuno. Gli unici partecipanti a questa festa – quella vera nostra e, quindi, quella del film – erano i quattro protagonisti e altre tre persone, quegli amici che fino a quel momento erano rimasti dietro la macchina da presa, che quella sera prestarono i loro visi per dar numero e vita a quella festa. Ovviamente dovetti riscrivere la scena, che comunque si mutò in un vero disastro. Ricordo che girammo l’arrivo dei ragazzi alla festa una trentina di volte o giù di lì poiché c’era sempre qualcosa che andava storto. Girammo anche la scena della dichiarazione d’amore in cui vi era un’inquadratura simpatica che avevo pensato per caso mesi prima: essendo lui meno alto di lei, al momento del bacio, l’inquadratura riprendeva prima i loro visi a un palmo l’uno dall’altro poi, nel momento in cui si avvicinavano l’inquadratura scendeva, inquadrando le loro mani che si sfioravano per poi scendere ancora e inquadrare le due coppie di piedi, dove lui si metteva sulla punta delle dita per arrivare alla bocca della ragazza.

“E’ la vita” non ha mai visto girata la scena finale. Ci fu un’interruzione durante le riprese dell’ultima scena, che era anche abbastanza facile da girare poiché come protagonisti aveva solo i due personaggi maschili, quindi era una scena che avremmo potuto girare tutti e tre da soli. Dopo quell’interruzione rinviammo le riprese alla settimana seguente, poi alla fine dell’estate, ma sfiga volle che uno dei due protagonisti, che durante le riprese aveva i capelli lunghi, tornò dalle vacanze con i capelli rasati. Non aveva pensato al fatto che avrebbe dovuto tenere una certa coerenza nell’estetica del personaggio. Quindi non girammo mai la scena mancante. Tentai di pensare a un finale alternativo, ma non mi venne nulla in mente – anche perché, nel frattempo, avevamo visto il girato tutti insieme e, nonostante ci divertimmo molto a visionare il nostro lavoro, fummo tutti d’accordo che non sarebbe stata una grave perdita per l’arte se “E’ la vita” non avesse mai visto il completamento.

Era la vita

Fu bello. Fu bello andare all’edicola e fare le fotocopie della sceneggiatura per gli attori e alla domanda dell’edicolante, seppur impicciona, che mi chiedeva cosa fosse, rispondergli “Un film”. Fu bello quando raccontai a tutti la storia, fu bello persino urlare loro di fare silenzio e prestarmi attenzione. Fu bello vedere fallito il proprio primo tentativo di fare un film. Negli anni seguenti mi sono cimentato in altri tentativi, questa volta usciti non proprio male (Eccone uno: Uomo di legno, donna di paglia, l’altro mio lavoro “Down the line” non è online). Il punto è che mi sono fermato completamente. L’altro giorno ho incontrato una delle protagoniste de “E’ la vita” che, insieme ad altri componenti del vecchio cast, mi chiedeva il perché non provassi a scrivere un nuovo cortometraggio. Dicevano che loro volevano girare un nuovo cortometraggio, e che questa volta avrebbe potuto vedere il completamente poiché da allora abbiamo tutti acquisito più esperienza e serietà. La mia risposta a quella richiesta così piena di bontà ma anche di tristezza verso la mia persona immobile, quasi arresa a chissà cosa, è stata la risposta di un uomo che non sapeva che cosa dire. Non so dove sia finito quell’entusiasmo che mi rese così felice in quei soli tre giorni di riprese, quella felicità che neanche al fallimento dell’impresa si spezzò, o anche solamente affievolì. Non lo so proprio dove sia finito quel Roberto di quella fotografia a cui tanto piaceva sperimentare. Da allora ho acquisito più esperienza, avendo anche scritto per produzioni con un budget fatto di cifre a quattro zeri, ma sembra che durante il cammino io abbia perso qualcosa. Che cosa, mi chiedo io?

Ricordo una sensazione di qualche anno fa, diverso tempo dopo la fine delle riprese del cortometraggio. Quella sera tornai a casa dopo che avevamo passato quasi dodici ore in un teatro per girare una scena di soli tre minuti. Quando mi stesi sul letto ero completamente distrutto, ma dopo anni ricordai di quella felicità, quella che veniva quando avevo lavorato per creare un film, e sorrisi. Pensai che quel momento lì era “è la vita”, volevo che quella stanchezza fosse la mia vita. Quella sensazione è dimenticata e quel sorriso perduto.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine