Magazine Cinema

estetica vol.2

Creato il 14 gennaio 2012 da Alejo90
Teorie del film vol II
Cap 24 – femminismo-Dopo il 1968 il marxismo declina perchè si perde fiducia nelle ideologie totalizzanti; emergono nuovi movimenti sociali come il femminismo, l'orgoglio gay, l'ecologia et similia.-Lo scopo del femminismo era di esplorare la divisione del potere ed i meccanismi psico-sociali della società patriarcale per trasformare le relazioni sociali. Diedero così vita a numerose campagne di sensibilizzazione su vari temi: violenza carnale, abusi all'interno del matrimonio, assistenza ai bambini, diritto all'aborto, suffragio universale.-Il Feminist Film Theory, come il femminismo in generale, si basava sui testi proto-femministi come Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf e Il secondo sesso di de Beauvoir, quest'ultimo conteneva nel titolo una chiara accusa al monismo di Freud, secondo cui la libido maschile definiva tutta la sessualità; il film femminista si diffuse in seguito alla nascita di festival cinematografici per le donne a N.Y. E e Edimburgo nel 1972, e da libri famosi dei primi anni '70, libri che insistevano sul fatto che le donne al cinema erano rappresentate sempre e solo per stereotipi (madonne, puttane, vamp, ingenue, belle ma stupide, casalinghe, petulanti, mangiatrici di uomini), con il risultato che venivano o idealizzate o demonizzate, ma mai rappresentate come vere e proprie persone a tutto tondo.-Si critica il metodo con cui i film americani ed europei tendono a ricondurre i personaggi femminili a stereotipi fissi. Pochissime attrici hanno saputo costruire dei ritratti a tutto tondo; bisogna invece battersi perché anche il cinema riconosca quello che le donne sono e hanno saputo diventare nella società. Emerge dunque un contro-cinema delle donne noto con l’effetto di creare distorsioni e disagi nel racconto.-secondo la teorica Claire Johnston, ciò che accade nel cinema classico è l’assegnazione costante del ruolo di predatore al maschio e di preda alla femmina: il cinema classico attribuisce il possesso dello sguardo all’uomo, sia personaggio che spettatore, e in questo modo svalorizza la donna, semplice icona da contemplare. Inoltre spesso solo il personaggio maschile è una figura attiva e individualizzata, mentre quella femminile spesso è un'entità indefinita presa da un mondo mitologico senza tempo.-Comunque, più che concentrarsi sull'immagine della donna, il FFT si concentra sulla natura della visione; i piaceri offerti dal cinema sembrano soprattutto due:
    La scopofilia: presenza di un oggetto come fonte di eccitazione
Il narcisismo: legato alla presenza di un oggetto come fonte di identificazioneIl testo che incarna meglio la componente psicoanalitica del femminismo è Piacere visivo e Cinema (1975) di Laura Mulvey, secondo cui il cinema coreografa tre tipi di sguardi: quello della mdp, quello dei personaggi che si guardano l'un l'altro, quello dello spettatore indotto al voyerismo e ad identificarsi con uno sguardo maschilista verso la donna, in un'opposizione binaria che ricalca la realtà del modello sociale dominante.-Gaylyn Studlar, applicando le teorie psicanalitiche al femminismo, critica anch'essa l'impostazione ideologica freudiana incentrata solo sul complesso edipico e la libido maschile. A contrario della Mulvey però, secondo lei la chiave della visione spettatoriale non risiede nei concetti di voyerismo, feticismo e scopofilia:la reazione maschile allo spettacolo della differenza sessuale può essere infatti più masochista che sadica, derivante dal complesso edipico di cui l'uomo adulto continua a soffrire. Ad esempio nell'horror anni '70 la protagonista è spesso una giovane donna braccata dal mostro, ed in questo modo anche gli spettatori maschi si identificano in essa, quindi l'horror non rappresenterebbe il sadismo maschile sulla donna, ma il masochismo dell'uomo.-Il FFT fu criticato perchè era normativamente “bianco”, escludeva le donne di colore e le lesbiche, ed era etnocentrico, focalizzato solo sulle donne occidentali.
Cap. 25&26&27&28 – Il post-strutturalismo-Verso la fine degli anni '60 il modello strutturalista di matrice saussuriana viene attaccato da una schiera di pensatori che prendono il nome di post-strutturalisti, criticando la fiducia degli strutturalisti in una teoria centrata e totalizzante: se lo strutturalismo cercava strutture stabili e statiche, il post-strutturalismo agognava il cambiamento e l'instabilità: per questo il suo lessico abbonda di termini come “fluidità”, “ibridismo”, “diffusione”. Il post-strutturalismo osteggia la convinzione secondo cui l'analisi semiotica può catturare definitivamente la totalità del significato di un film delineandone tutti i codici. Infatti il movimento si concentrava sul leggere i testi con scetticismo, richiamando l'attenzione su contraddizioni e paradossi.-L'analisi del testo (anche filmico) è il cuore dello studio di Derrida. La premessa di base, ovvero la convinzione che il testo filmico merita di essere studiato con attenzione come un testo letterario (poiché il regista è un autore come lo è lo scrittore) osteggia il giornalismo cinematografico che vede il film come mero spettacolo di intrattenimento.-In Dall'opera al testo, Barthes separa il concetto di opera (il libro che tengo in mano, col suo significato, il “messaggio dell'autore”) e quello di testo, definito “campo metodologico dell'energia, produzione che assorbe insieme l'autore ed il lettore”, uno spazio multidimensionale in cui si mescolano/scontrano una varietà di opere. In questo rapporto il lettore può essere passivo, riconoscendo la superiorità di un autore-dio, oppure attivo, attento scopritore delle contraddizioni del testo, e quindi portatore lui stesso del significato al testo.-Questo approccio quindi portava delle novità: una sensibilità più forte verso elementi formali specificatamente cinematografici, e non più su elementi classici come storia o personaggio; il metodo, analizzando il film, doveva essere brechtiano, ovvero distaccato, secondo cui bisognava amare e non amare il film, decostruendolo (al posto dell'intera proiezione, ad esempio, si analizzavano singoli fotogrammi). Poiché questo tipo di analisi richiedeva la massima attenzione su ogni particolare, di conseguenza divenne impossibile provare a dire tutto su un film. Così molte analisi si concentravano solo su aspetti specifici del film, come analisi di alcune sequenze o scene, eliminando del tutto gli elementi che tradizionalmente venivano analizzati: personaggi, recitazione, rappresentazione.-negli anni '80 quindi l'analisi testuale di tipo strutturalista viene abbandonata, attaccata dal post-strutturalismo e dai cultural studies. Jacques Aumont e Michel Marie (1989) muovono 4 critiche all'analisi testuale: 1.la sua rilevanza è limitata al cinema narrativo2.seziona il testo ignorandone l'organicità3.mummifica il film riducendolo ad uno scheletro sistematico4.elide il contesto produttivo del film e la sua ricezione, cioè è astorica-A questa tradizione interpretativa, Bordwell oppone il suo progetto di poetica storica, ovvero lo studio dei film come studio delle circostanze in cui nascono, del modo in cui servono funzioni precise e raggiungono specifici effetti. Il suo scopo non è quindi ripudiare in toto l'interpretazione, ma inserirla in un quadro storico, sostenendo che il modo in cui un pubblico giudica un film varia a seconda dell'epoca storica in cui vive, dall'ideologia politica e dalle differenze socio-culturali. Ovviamente non solo il pubblico è influenzato dalla storia, ma anche gli autori: è l'avvento del nazismo che forza gli autori progressisti a fuggire negli USA. Insomma la storia dei film non è solo una questione formale, ma anche politica, economica etc.-Se il testo come oggetto di studio viene abbandonato, quindi, ben presto emerge l'interesse per l'intertesto, la convinzione che i testi siano in relazione tra loro. L'intertesto di un'opera d'arte quindi include tutte le opere d'arte ed i generi ad essa paragonabili, e che trattano le stesse tematiche. Ad esempio il film Nashville di Altman ha come intertesto i film americani su Hollywood, il documentario, il musical, gli altri film di Altman, la musica gospel e country, etc., oppure Zelig di Allen, in cui si mescolano cinegiornale, documentari, cinema veritè, melodramma, teatro Yddish etc.; anche una tecnica cinematografica può avere un referente intertestuale, ad esempio le iridi di apertura su un informatore in A Bout de Souffle omaggiano l'arcaico cinema delle origini. Anche un attore può essere un referente intertestuale, ad esempio Boris Karloff che incarna i classici dell'horror.-Genette postula 5 livelli di relazioni transtestuali:1.intertesto: co-presenza di due testi in forma di citazione/plagio/allusione2.paratesto: le componenti accessorie di un testo, come prefazioni, dediche, illustrazioni...3.metatesto: quando un testo ne critica un altro, esplicitamente o meno (ad esempio Thelma e Louise, mettendo le protagoniste al posto del conducente della vettura, critica la visione maschilista del road-movie)4.architesto: la relazione fra titolo e genere, ad esempio Commedia sexy in una notte di mezza estate.5.ipertesto: un testo che richiama nu testo precedente, rielaborandolo (ad esempio l'Eneide che prosegue le vicende dell'Odissea e dell'Iliade)
Cap. 29 – amplificazione del suono-la seconda rivoluzione del sonoro coincide con la nascita del Dolby Surround (1975), usato per la prima volta per documentari musicali, e del film che lo utilizza in modo sensazionale, Star Wars (1977). Da allora il sonoro inizia a ricoprire un ruolo sempre più importante (Walter Murch usò ben 160 tracce diverse per il sonoro di Apocalypse Now). Comunque non ci sono stati studi importanti sul sonoro filmico fino agli anni 80-90.-Altman (1992) dice che ci sono stati 4 errori di concezione del sonoro: 1.storico (il suono è nato dopo=>meno importante)2.ontologico (considerare il film come arte basata prevalentemente sull'immagine)3.riproduttivo (considerare il suono filmico come non creativo)4.nominalista (insistendo sulla sua eterogeneità, non se ne riconosce una unitarietà artistica)-gli studi del suono nati in questo periodo portano a compiere alcune classificazioni/contrapposizioni: suono in scena/fuori scena; diegetico/extradiegetico; sincrono/asincrono; diretto/post-sincronizzato. la musica nel film prende una varietà di forme: musica suonata nel film; musica incisa pre-esistente; musica creata per il film. Inoltre il suono ha delle analogie con l'immagine: come le immagini può essere in primo piano o in sfondo, può dissolvere e sfumare, può essere montato in modo visibile o invisibile. Però a contrario dell'immagine conserva la sua tridimensionalità.-Per Chion il sonoro cinematografico ha diverse origini: la voce in sincrono deriva dal teatro; la musica dall'Opera; il commento fuoricampo nel narratore/imbonitore degli spettacoli con la lanterna magica. Inoltre il sonoro cinematografico è sempre stato voco-centrico cioè ha messo in primo piano le tracce vocali rispetto alle altre tracce acustiche (musica, rumore). Parla anche dei suoni “acusmatici”, cioè quelli di cui non si vede la fonte, e dice che essi suscitano stupore nello spettatore per la loro capacità di essere ovunque (ubiquità), vedere tutto (panoptismo), conoscere tutto (onniscenza) e fare tutto (onnipotenza). Un chiaro esempio è Hal 9000 in 2001.-la colonna sonora può essere originale o meno. Nel primo caso, specie nel cinema classico, si rifaceva apertamente alla musica sinfonica europea romantica, impostazione che è perdurata per molto tempo, prima del cinema moderno. La scelta di un tale tipo di colonna sonora sempre e comunque, anche per film ad esempio ambientati in Africa, riflette la visione occidentalofila del cinema perdurata fino all'inizio del cinema moderno.
-Cap.30&31 – cultural studies-Le radici dei cultural studies risalgono agli anni '60, ed hanno come fonti intellettuali marxismo e semiotica (e poi il femminismo), ma si sviluppano negli anni 70-80. Campo di studio molto eclettico, si basa sull'idea che ogni fenomeno culturale sia meritevole (e bisognoso) di essere studiato; quindi anche tutte le forme d'arte; quindi anche il cinema.-In ambito filmico, più che al testo in sé, i c.s. Sono interessati alle interazioni fra testo, spettatore e ambiente culturale (insomma più le contingenze relazionali che l'analisi filmica in sé). -Questo approccio di studio è stato criticato in quanto si diluisce troppo lo studio sul cinema sacrificando la specificità del mezzo; i c.s. Sono stati anche criticati per essere troppo poco critici rispetto al loro oggetto di studio, al contrario delle teorie dei film degli anni '70 che invece erano anche troppo critiche.-Gli studi sul cinema hanno spesso considerato lo spettatore come passivo, ovvero studiando solo “cosa il film provoca nello spettatore”. A partire dagli anni '70, con lo sviluppo dei c.s., lo spettatore inizia ad essere visto come attivo, costituente di senso in base a età, razza, sesso, cultura, sessualità etc.-Dagli anni '80 si inizia a considerare la visione storicamente condizionata del film: ovvero si studia quali significati siano attribuiti ad un determinato film dal pubblico di un determinato periodo storico. Le differenze di significato che il pubblico dà ad un film dipendono quindi dal periodo storico in cui lo spettatore vive; inoltre lo spettatore nel suo giudizio non è influenzato solo da fattori storico-socio-culturali, ma anche dai suoi più profondi sentimenti: speranze, desideri, sogni, ideali.-Nè il testo né lo spettatore sono statici, precostituiti; un'etnografia spettatoriale è composta di diversi registri: lo spettatore modellato dal testo stesso; lo spettatore modellato dagli apparati tecnici (IMAX, videoregistratore...); lo spettatore modellato dal contesto istituzionale; lo spettatore modellato da culture e ideologie; lo spettatore biologico, in carne ed ossa. Molta teoria psicanalitica si focalizzava esclusivamente sulla differenza di interpretazione del film da parte del pubblico in base al sesso, mentre non si badava alla razza; c.s. si sono occupati molto delle differenze di visione da parte dei negri d'America, che per esempio si ribellano alla visione di Nascita di una nazione di Griffith, giudicandolo inaccettabile nonostante la sua importanza storica.
Cap 32 – teoria cognitiva e analitica-La teoria cognitiva, sviluppatasi nei decenni 80-90, cerca risposte alle domande psicanalitiche e semiotiche, demolendo le teorie psicanalitiche degli anni '60-70. -Bordwell in Narration and the Fiction Film (1985) parte dal presupposto degli “universali contingenti”, ovvero dei saperi aprioristici condivisi dall'umanità (ad esempio sapere che il mondo è in 3D, che la luce viene dall'alto ecc.)che fungono da base per qualunque espressione artistica (per esempio la conoscenza del fatto che il mondo è in 3D è indispensabile per la prospettiva pittorica). Sulla base degli universali contingenti quindi gli spettatori analizzano l'intreccio filmico per ricostruire la fabula. Lo spettatore fa un esercizio voluto e conscio di studio delle relazioni spazio/temporali e causa/effetto all'interno dei film -Allen (1995) spiega che il cognitivismo rifiuta l'idea filmolinguistica per cui il film è un linguaggio che può essere compreso con un metodo linguistico-semiologico; rifiuta inoltre affermazioni teoretiche definitive non supportate dall'evidenza (massime come “l'autore è morto!”,”è nato lo spettatore!”) ed approcci brechtiani, in favore di un approccio pragmatico e scientifico. Egli riconosce un primo livello di lettura realista del film e un altro in cui entra in gioco l'illusione proiettiva, ovvero lo spettatore sa che ciò che vede è solo un film, eppure vi si rivolge come ad un mondo che esiste davvero. -Smith (1995) elabora il concetto di attrazione dell'attenzione, in base al quale lo spettatore si immerge nel film attraverso tre livelli: riconoscimento (costruisce i personaggi quali agenti continui e individuati), schieramento (si relaziona alle loro azioni e sentimenti) e alleanza (aderisce alle emozioni ed ai valori di uno in particolare). -Noel Carroll (1998) si occupa invece del concetto di ideologia e di come essa influenza l'identificazione spettatoriale. Egli definisce l'ideologia come una proposizione che ha “delle implicazioni contestualmente radicate che sono favorevoli ad un certo esercizio di dominazione sociale”. Per questo motivo gli spettatori inglesi si compiacciono di vedere film che mostra il loro impero, dato che lo percepiscono come portatore di civiltà nel mondo; mentre i popoli dei paesi sottomessi a tale impero osteggeranno tale visione. Oppure gli spettatori americani si compiacciono di Indiana Jones perchè evoca il senso di missione americana nel mondo. Per lo stesso motivo il cinema americano torna costantemente alla WWII, la guerra in cui loro sono i buoni e i salvatori. -il difetto di questo approccio è che rischia, nel suo iperrazionalismo, di scivolare nel distruttivismo, ovvero di considerare la visione filmica come puro responso fisiologico, tralasciando tutto l'aspetto emozionale. Sminuisce insomma le ambizioni della teoria per basarsi sulla ricerca. Inoltre le teorie cognitiviste non sono unitarie, e spesso i cognitivisti stessi sono in disaccordo tra loro.
Cap 33 – La semiotica riveduta Negli anni '80-90 le teorie semiotiche vengono riviste: nasce la semio-pragmatica, movimento fondato da Casetti e Odin. -Casetti critica le precedenti teorie di impostazione semiotica: 1.la post-semiotica, che studia le dinamiche interne al testo, in particolare le enunciazioni che danno forma al film e le narrazioni che danno un genere alla storia. Casetti dice che questo approccio è eccessivamente formalista, e rende il film troppo autonomo dal contesto. 2.il cognitivismo (di cui sopra). Per Casetti qui c'è il rischio opposto, cioè quello di elidere totalmente il testo. Casetti sostiene quindi una terza via, il pragmatismo, in cui testo e contesto si influenzano vicendevolmente. Nel suo approccio fa uso dei deittici, ovvero indicatori referenti all'enunciatore di un discorso, come i pronomi. Associa l'enunciatore filmico al pronome “Io”, colui a cui il discorso è rivolto al pronome “Te” e il discorso stesso al pronome “Lui”, e basa le sue analisi su tre tipi di ricerca: l'esame dei segnali dell'enunciazione che segnano la presenza dello spettatore; l'esame della posizione dello spettatore, che è determinata dal tipo di inquadratura (oggettiva, soggettiva, irreali); cercare di tracciare la “traiettoria” che lo spettatore compie attraverso il film. -Odin insiste sul concetto di fictionalization, ovvero il processo in cui lo spettatore si trova coinvolto nella finzione, identificandosi con i personaggi. Ciò avviene in 7 passaggi: 1.figurativizzazione (costruzione di segni audio/video) 2.diegetizzazione (costruzione di un mondo fittizio) 3.narrativizzazione (temporalizzazione degli eventi) 4.dimostrazione (definizione del mondo diegetico come reale o irreale) 5.fiducia (sospensione dell'incredulità) 6.messa-in-fase (il processo per cui tutti gli elementi filmici concorrono ad assorbire lo spettatore nello spettacolo) 7.fictionizzazione
Cap 34 – Deleuze -Deleuze influenza il dibattito critico negli anni '80 con 2 libri: Cinema I: l'immagine movimento e Cinema II: l'immagine tempo -Come i cognitivisti, Deleuze critica le teorie semiotiche, ma con un approccio diverso. Per lui il “linguaggio filmico” esiste solo in quanto opposto al non-linguaggio, ovvero tutto il materiale verbale, cinetico, ritmico, che per lui non è organizzato come una grammatica linguistica, ma anzi è una “massa plastica a-significante ed a-sintattica”. Cioè per Deleuze il cinema non è un linguaggio come per i semiotici, bensì una specie di dispositivo filosofico, un generatore di concetti espressi attraverso una serie di simboli organizzati in blocchi spazio-temporali, e non attraverso una precisa struttura linguistica. Per lui l'errore della semiotica è il tentativo di strutturare tutto in codici, tralasciando l'elemento del movimento nello spazio, che è forse il vero specifico filmico. -Proprio in base allo spazio ed al tempo divide la storia del cinema in due: il cinema classico (cioè dall'inizio fino al neorealismo, escluso) che è l'epoca del movimento-immagine, ed il cinema moderno (dal neorealismo in avanti), che è l'epoca del tempo-immagine. La prima epoca, volta all'esplorazione dello spazio, è fondata sull'azione del personaggio, perchè è più basata sulla narrazione. La seconda invece è più basata sui processi mentali (memoria, sogno, immaginario) dei personaggi piuttosto che su quelli cinetici, quindi è fondata di più sullo scorrere del tempo che sulla narrazione, che inizia a disgregarsi sempre più (anche se in effetti, checché ne dica Deleuze, nel neorealismo è ancora ben presente).

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