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Eurobassday 2011, una cronaca alternativa

Creato il 17 dicembre 2011 da Scribacchina

Eurobassday 2011

Sarà cronaca svagatissima, v’avverto, soliti lettori: un racconto fuor dalle righe dell’Eurobassday, ovvero (come vien definita) «La più grande fiera del basso e del bassista in Italia», tenuta in Verona sabato 10 e domenica 11 dicembre della scorsa settimana.
Cronaca eccezionalmente corredata da foto – l’ammetto, di dubbia qualità; e per forza, giovini miei: indovinate un po’ chi le scattò?
Dimenticavo: vi narrerò soltanto di sabato 10 dicembre.
Ché Scribacchina mica può far fiera tutt’i giorni
.

Ma partiam dal principio, ossia da quando appresi della bella iniziativa, il mese scorso: l’idea di visitar, per la prima volta, cotanto ben di Dio bassistico tutt’insieme solleticò da subito la di me fantasia. Programmai dunque la visita in modo d’arrivare di prima mattina e sfruttare appieno la giornata; alla levataccia seguì assonnato viaggio automobilistico, direzione Palazzo della Gran Guardia in piazza Brà, Verona. Proprio di fronte alla bella Arena, dove d’estate giungono pullman d’ogni dove per assister alle varie rappresentazioni di bel canto.

Parcheggiata la quattro ruote e constatato come nei paraggi non ci fosse cartello inneggiante alla fiera, mi venne fatto di pensare alla possibilità che Scribacchina avesse preso un abbaglio.
Vuoi vedere che aveva sbagliato giorno, che la fiera era ‘l 17 dicembre?
Peggio: vuoi vedere che aveva sbagliato mese, che la fiera era fissata per gennaio?

Peggio del peggio: vuoi vedere che aveva letto EuroBASSday, quando invece la kermesse era l’EuroBRASSday, nota fiera del fiato e del fiatista?
Gl’atroci dubbi attanagliarono Scribacchina lungo il tragitto dal parcheggio alle gradinate del Palazzo della Gran Guardia, dove – con gran sollievo – visualizzò il cartellone della manifestazione del 10-11 dicembre 2011. Denominata, correttamente, EuroBASSday.

Sincronizzato l’orologio alle ore 10.00, m’accorsi che il tutto sembrava ancor sigillato: area espositiva e palco loggiato intonsi. «Poco male – pensai – : nell’attesa, farò una rapida incursione nel paesello di Giulietta e Romeo, oggi invaso dalle bancarelle di Santa Lucia».
Fu giro molto breve, per la verità. Già nojata dall’odor di fritto misto, tornai sui miei passi e – meraviglia – m’accorsi che la fiera s’era aperta.

Però le cose non eran come me le figuravo: nella mia fantasia, pensavo a qualcosa di chilometrico. Saran invece stati, forse forse, 150 mq d’eposizione.
Metratura a parte – ché nel piccolo, con buona organizzazione, si riesce comunque a far star tanto -, il vero problema fu lo stand Warwick: già sapete che Scribacchina era partita colla ferma intenzione d’appropriarsi d’un Corvette Fretless.
Ebbene, lo strumento non figurava tra quelli in esposizione.
E, ad ogni modo, quelli in esposizione non eran in vendita.

Folgorata da cocente delusione, Scribacchina fuggì dall’area expò, incurante di tutto (salvo del bassista-endorser allo stand degl’amplificatori, del quale notò di straforo una straordinaria somiglianza timbrica col buon Pat Metheny – vi svelerò più avanti la di lui identità).

Uscita dunque con espressione funerea, Scribacchina alzò gli occhi e vide un grandioso cartello che l’era sfuggito all’entrata, reclamizzante la mostra Il Settecento a Verona – Tiepolo, Cignaroli, Rotari allestita proprio al piano superiore del Palazzo. Immediato, un sorriso rifiorì sulle labbra della giovine, da sempre innamoratissima dell’arte de’ secoli passati.
Si precipitò di sopra.
E quale non fu la sua gioia quando, entrata nella prima sala, si trovò di fronte ad una vecchia conoscenza: Bernardo Bellotto. Il bravo pittore era presente alla mostra con due tele raffiguranti una Verona d’antan:
Veduta di Verona con Castelvecchio e il Ponte Scaligero da monte dell’Adige e Veduta di Verona con l’Adige e il Ponte delle Navi. Bernardo Bellotto, forse ve n’ho accennato in passato, è l’irraggiungibile vate pittorico di Scribacchina, suo eccelso Maestro del pennello.

Per Scribacchina fu come rivedere un vecchio amico, proprio dove non te l’aspetti; si fermò dunque di fronte alle due straordinarie tele, con atteggiamento amorevole, e intavolò una chiacchierata col nipote del Canaletto:

Scribacchina: ”Maestro Bernardo! Che cosa ci fate, voi, qui?”
Bernardo Bellotto: ”M’han messo in mostra, lo vedi, Scribacchina. Due tele tra le tante: han scelto queste per via del soggetto. So, fanciulla, che tu avresti preferito di gran lunga le quattro Vedute di Vaprio e Canonica che mi commissionò il conte Simonetta: ma qui siamo in Verona, mica potevan mettere la provincia di Milano. Fattene una ragione”
S: ”Non sia mai ch’io disdegni d’ammirare una qualsivoglia vostra opera, Maestro”
B: ”Oh, Scribacchina, giacché sei qui: tu che sei sempre sulla notizia, sapresti per caso dirmi cos’è questo frastuono? Mi paion tamburi, ma venendo qui non vidi eserciti…”
S:” Maestro, sapeste… al pian rialzato si sta svolgendo quella che chiamano Eurobassday, manifestazione dove istrumenti musicali (quelli che voi forse conoscete col nome di contrabbasso) vengon messi alla pubblica mercé, cosicché giovini virgulti possano toccarli con mano ed apprezzarne fattura e prestazioni. Son inoltre previsti seminarii e concerti, temo d’un genere musicale che voi non possiate comprendere… Perdonàteli, Maestro Bernardo: son due soli giorni, dopodiché lasceran voi e le di voi opere in religioso silenzio”.

Terminato lo scambio di convenevoli col vedutista Bellotto, m’aggirai per il resto delle sale. Vidi opere d’uno splendore che voialtri, soliti lettori, non potete neppur’immaginare. Tra sacro e profano, ritratti e capricci, statue e volumi antichi, trovai pure una parziale ricostruzione dell’affresco del Tiepolo raffigurante Il Trionfo di Ercole, opera che decorava il salone di Palazzo Canossa. Capolavoro ridotto in briciole al termine della seconda guerra mondiale, quando i tedeschi fecero saltar pe’ l’aria i ponti di Verona per facilitar la di loro fuga, senza curarsi dell’equivalenza “bomba che esplode= terreno che trema”. I ponti Scaligero e Pietra saltarono, il terreno tremò, e tremò pure palazzo Canossa: l’affresco di cui sopra si schiantò al suolo in mille pezzetti.
Gran brutta cosa, la guerra.

La mostra sul Settecento mi rimise di buon umore e mi convinse a proseguir la giornata all’Eurobassday. Dopo rapido desco, tornai al Palazzo della Gran Guardia, palco loggiato, e ascoltai il bravo Joeri Hommerson:

Joeri Hommerson

Quando n’ebbi a sufficienza, m’immersi nella sequenza di clinic (quelle che al buon Bellotto presentai come seminarii, giusto per fargli intendere ciò di cui andava parlando) condotte, tra gl’altri, anche da «alcuni tra i migliori esponenti del bassismo italiano».

La prima clinic a cui partecipai era tenuta da Janek Gwizdala, british inside ma attualmente residente nelle Americhe. Colui era il bassista che sentii di straforo allo stand degl’amplificatori mentre eseguiva un bel brano inventato proprio quel mattino, camminando per Verona. Potete ammirare il buon Janek nel seguente, pessimo scatto fotografico realizzato dalla sottoscritta mediante iPhone:

Janek Gwizdala

Bassista? Beh… se debbo dirla tutta, fin da quando lo sentii allo stand degl’amplificatori, mi parve d’aver di fronte non lo Janek, ma il buon Pat Metheny. E non solo come fraseggio e atmosfera creata, ma principalmente come timbrica dello strumento. Qualcosa di stupefacente.
Tra una scala e un accordo,
Janek ci raccontò anche di come, nel giro di pochi mesi, fosse passato dal non aver denaro per pagar l’affitto al ricever compensi a sei zeri, tutto grazie a Internet. Di come fosse stato contattato (sempre grazie al suo operato su internet) dal buon Mike Stern per suonar con lui.
Incitò dunque i giovini presenti a sfruttar il più possibile – e il prima possibile – il nuovo, potente mezzo.

Mi ripromisi, una volta tornata, di dare un’occhiata al sito dell’ottimo musicista.

Max Gazzè

Dopo Janek Gwizdala fu il turno di un viso aperto, cordiale, sincero. Uno di quei visi che li guardi e dici subito: te, mi stai simpatico. Max Gazzè, affiancato dal fido Fender Jazz Bass e dal valido batterista Cristiano Micalizzi. Eccolo, il Gazzè, nella foto qui sopra, immortalato mentre c’insegnava come eseguir una linea melodica col basso e nel contempo cantar a voce alta una differente linea melodica (talvolta con diversa ritmica). Facile, dite? Ingenui soliti lettori: potrei citarvi un paio di pezzi eseguiti sonando il basso e cantando contemporaneamente, pezzi che potrebbero crearvi non pochi problemi nell’esecuzione. Ad ogni buon modo, il bravo Max eseguì live - per far coerente esempio – alcuni suoi brani (La favola di Adamo ed Eva, Vento d’estate) e brani altrui (Walking on the Moon, che non c’è mica bisogno di dirvene l’autore – anzi, gl’autori).

Salutato il Gazzè, venne il turno dell’ottimo Dario Deidda, bassista che in serata avrebbe accompagnato il Rosario Giuliani nel bel concerto jazz. In quel frangente mi resi conto di quanto la musica possa disturbare: all’auditorium del piano inferiore, TM Stevens e la sua band stavan suonando. Il buon Deidda, che avrebbe dovuto far clinic su improvvisazione e co., si trovò alquanto disturbato da colpi di cassa, vari ed eventuali provenienti dal piano inferiore. L’ammetto: lanciai mentalmente qualche maledizione (cordialissima, va da sé) al buon TM Stevens. Parallelamente, apprezzai l’aplomb del Dario, sempre composto nonostante la situazione poco propizia per l’insegnamento. Aplomb ben rappresentato dall’immagine che vi propongo qui sotto:

Dario Deidda

Complimentato con vigorosa stretta di mano il buon Deidda e inforcato il mio più truce sguardo, con passo deciso scesi le scale, pronta a cantargliele al TM Stevens. Chè così non si fa, caro mio: c’è spazio per tutti, nella musica, ma sempre con rispetto per gl’altri.

Varcata la soglia dell’auditorium, restai pietrificata.
Ohibò, mi chiesi: che è?
Sul palco, oltre al TM, stavan decine di giovincelli che saltavano, cantavano, ballavano, applaudivano. Un delirio di gioventù in un delirio di gioia comune.

TM Stevens
La prova del TM Stevens volgeva al termine: ancora dieci minuti e tutto sarebbe finito. Eppure, quei pochi minuti mi bastarono per inquadrare il TM come gran animale da palcoscenico.
Lo vidi coinvolgere un suo giovine clone in un simpatico scambio di battute sulle rispettive capigliature rasta (identiche, per la verità).
Lo udii demonizzare i telefonini e i giovini che stan tutto ‘l dì a mandar messaggini, cosa che – tenne a precisare – non aiuta lo sviluppo cerebrale; a tal proposito, instaurò con un altro giovine del palco un gustoso siparietto, che vi ripropongo tal quale di seguito.

TM Stevens: “Ehi tu, ragazzino: quanti anni hai?”
Giovine: “Diciotto, Maestro”
TM: “Diciotto?… Lo vedi, il mio giubbotto? Ha diciott’anni pure lui… Anche tu stai tutto il giorno a mandare messaggini con quel cavolo di telefonino?”
G: “… ma no…”
TM: “Mmmh… Suoni qualche strumento, ragazzino?”
G: “Sì, TM: suono basso, chitarra e batteria”
TM: “… basso? Ne sei proprio sicuro?”
G: “Beh, ci provo…”
TM: “E allora vediamo cosa sai fare”.

Qui il TM scaraventò sul giovine lo strumento d’uno dei due bassisti presenti sul palco, invitandolo a prodursi in qualcosa. Già tremavo per la sorte del piccino; chiusi istintivamente gl’occhi, pensando al peggio, quando le mie orecchie furono colpite da una raffica di slap: era il piccino che si stava producendo. La band del TM lo seguì: il pubblico – Scribacchina compresa – andò in visibilio per la giovine promessa del bassismo italiano; pure il TM andò in visibilio, tanto da sistemarsi dietro la schiena del giovine e alternarsi alle di lui mani producendo una ulteriore raffica di slap, ancor più energica. Una sorta di sonata bassistica a quattro mani alternate, passatemi la definizione poco aggraziata.

TM: “Lo vedete, questo ragazzino? Stanotte si dimenticherà di mandare messaggini, stanotte penserà solo a suonare!”.

(TM Stevens, debbo ricredermi sul di te conto.
Sei un gran musicista, e una gran persona.
Sì, posso perdonarti per aver fatto incursione sonora nella
clinic del Deidda).

Ancora a bocca aperta per quanto le mie orecchie avevan sentito, tornai nell’area clinic e… non chiusi la bocca. Anzi, forse forse la spalancai un poco di più: stava sonando il bravo bassista cubano Daniel Martinez Izquierdo, noto ai più collo pseudonimo di Dany Noel, qui ritratto mentre imbraccia un monumentale sei corde:

Dany Noel
Dopo il Dany, una vecchia conoscenza: il bravo Joeri Hommerson che già vidi poche ore prima, protagonista sul palco nel loggiato. Ora infelice, quella della sua clinic: ora di cena. Restammo ad ascoltarlo in pochi (ma buoni, va da sé) estimatori dell’internazional bassismo che si nutron di sola musica.

In serata, il bel concerto dell’EuroBassBand coi varii special guests, tra i quali m’è d’obbligo citare il bravo vocalist Filippo Perbellini, anch’egli immortalato dall’inseparabile iPhone della sottoscritta:

EuroBassBand & Special Guest

(En passant e parlando di citazioni obbligate, vidi pure il buon Roberto Cifarelli, immancabile e gradita presenza fotografica ovunque ci sia buona musica).

Infine, dopo un ritardo di circa un’ora, l’agognato concerto del bravo Rosario Giuliani, uomo dal fraseggio torrenziale, che potete vedete nello scatto sottostante:

Rosario Giuliani Quartet

Proprio un bel concerto, non fosse che – come le cose belle della vita – durò poco. Mica potevo accontentarmi d’una manciata di brani, io, che da una settimana buona sentivo pure in sogno il fraseggio coltraniano del Giuliani.
Vabè. Mi feci bastare la splendida 
Lennie’s Pennies e la fantastica 74 Miles Away del buon Zawinul, due tra i pezzi più riusciti della performance. Sia detto tra parentesi, rimasi piacevolmente stupita dal buon Deidda (trasfigurato rispetto a come si mostrò nella clinic poche ore prima), il cui Gibson semiacustico mi fece dimenticare per qualche minuto che non c’era un contrabbasso nella formazione.

***

Proprio una bella manifestazione, l’Eurobassday. Permettetemi però di notare come, in quanto a quote rosa, l’edizione 2011 era proprio messa male. Non una bassista – che dico? non una musicista sul palco. Inammissibile.
Pel prossimo anno, potrei suggerire qualche valido nome (e non parlo, sia ben chiaro, né della Paola Iezzi né della Melissa Auf Der Maur – sebbene quest’ultima potrebbe dare un bel tocco d’internazionalità, il che non guasta mai).
Suggerirei, ovviamente, solo se invitata a farlo.
… M’invitate?
… E sia. Scribacchina parlerà.
Nell’ordine, ecco le quote rosa per l’Eurobassday 2012 così come proposte da Scribacchina:
- la brava Roberta Sammarelli, che potrebbe far da contraltare al Max Gazzè di quest’anno;
- la Caterina Palazzi, altrettanto valido contraltare del buon Deidda (e non state a guardare se suona ‘l contrabbasso, giovini organizzatori: chiamate piuttosto ad esporre un produttore di contrabbassi, che così prendiam – come si suol dire – due piccioni con una fava);
-
special guest, la stellare Rita Marcotulli, che potrebbe ben chiudere una delle due serate con un concerto di all stars (se volete, c’ho pure i nomi degl’ospiti).
Basta. Tre soli nomi, ma buoni.
Che dite, si può fare?


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