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Expo Milano 2015: inno alla fame nel mondo o incontro tra popoli e culture?

Creato il 09 novembre 2015 da Alessiamocci

“Non abbiamo ereditato questo mondo dai nostri genitori, lo abbiamo preso in prestito dai nostri figli. E un giorno glielo restituiremo. Quando accadrà, dovrà essere ricco e rigoglioso come l’abbiamo trovato. Ecco cos’è la sostenibilità…” (Padiglione Irlanda)

Pochi giorni fa l’esposizione di Milano si è conclusa, purtroppo, diranno alcuni, per fortuna, esclameranno altri. Ma quale delle due parti ha ragione?

Trasmissioni radio e televisive tirano le fila dei sei mesi di Expo che ha visto oltre ventun milioni di persone visitare l’enorme sito, andando oltre ogni aspettativa.

Una parte dei visitatori italiani (ma non solo) si è dimostrata entusiasta per l’esposizione e dispiaciuta per la chiusura; altri hanno esultato per la fine di tutto questo sdegnati dagli elevati costi generali (innegabili), dagli sprechi e dalla poca attenzione riservata al problema della fame nel mondo.

È vero, il tema di questa Expo è stato il cibo, in tutti i suoi aspetti. Ma siamo certi che ci si dovesse basare sul tema della fame nel mondo?

Quindi, per fare un esempio banale, ogni padiglione avrebbe dovuto dedicare una parte al tema della denutrizione e perché no, quelli dei Paesi più poveri avrebbero dovuto portare qualche bambino affamato così da impietosire i visitatori.

Parole forti certamente ma l’intento di questo importante evento era quello di far conoscere le potenzialità di ogni singolo Paese e di conseguenza sensibilizzare bambini e adulti. Si intendeva creare nuove opportunità e nuove occasioni tra diversi Stati. Paradossale infine scoprire che determinati commenti siano scaturiti da chi l’Expo non l’ha visitata.

Non va poi dimenticato la presenza dello stand di Save the Children (con attività sensoriali per i più piccoli che permettevano di impersonare bambini delle zone più povere del pianeta, di assumere il nome di uno di questi e di comprendere quali fossero la qualità di cibo a disposizione e le quantità, le condizioni generali di vita, il tutto con l’ausilio di strumenti multimediali) e il Padiglione Zero creato con l’impronta ben visibile dell’ONU. Un viaggio all’interno della Terra per comprendere il reale significato del tema dell’Expo di Milano: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”: la grandiosità delle costruzioni umane, le biodiversità vegetali, le arti e i mestieri, la ricchezza delle foreste, le montagne di cibo sprecato ben visibili da tutti, i grandi fenomeni naturali causa di catastrofi, l’enorme schermo con le principali Borse del mondo con la variazione dei prezzi delle materie prime, la ricerca dell’equilibrio.

Ma questo è solo un decimo, o forse neppure, di ciò che l’EXPO ha mostrato. 145 Paesi partecipanti e 3 Organizzazioni Internazionali, 9 clusters (Riso – Abbondanza e sicurezza, Cacao e Cioccolato – Il cibo degli Dei, Caffè – L’energia delle idee, Frutta e Legumi, Il mondo delle spezie, Cereali e Tuberi – Vecchie e nuove colture, Bio-Mediterraneo – Salute, bellezza e armonia, Isole, mare e cibo, L’agricoltura e l’alimentazione delle zone aride), 5 aree tematiche (Padiglione Zero, Future Food District, Children Park, Biodiversity Park, Arts & Foods. Rituali dal 1851), 5 siti espositivi (Lake Arena e Albero della Vita, Padiglione Italia, Open Air Theatre San Carlo, Cardo e Decumano, Cascina Triulza – Padiglione della Società Civile).

I visitatori hanno avuto la possibilità di fare un viaggio intorno al mondo senza necessità di prendere un aereo. Dai padiglioni più grandi a quelli più piccoli è stata una scoperta dopo l’altra: i colori e i profumi dei Paesi sudamericani, il luppolo di Žatec in Repubblica Ceca, il caffè con le relative cerimonie degli Stati africani, le colture del Belgio che prevedono l’irrigazione tramite fonti d’acqua all’interno delle quali vengono anche allevati pesci, i tesori culinari dell’Afghanistan, le “archeologie del verde” del Regno del Bahrain con un percorso dedicato alla cultura agricola del paese che discende dall’antica civiltà di Dilmun, il verde della Slovenia, la cucina del futuro del Giappone, l’economia camerunense, le prospettive agricole e non solo del Gambia, la spiritualità del Laos, il fascino delle pagode del Nepal con la raccolta di soldi a favore dei recenti terremotati, la grandiosità del padiglione Italia con le sue eccellenze gastronomiche e culturali.

Ma l’esperienza è stata molto più ampia: in ogni parte del sito espositivo c’erano spettacoli dei diversi Paesi, canti, balli, costumi, la sfilata di Foody (la mascotte ufficiale) e dei suoi amici. Per non parlare poi delle possibilità di assaggiare i cibi di ogni parte del mondo, dai più ai meno noti: file lunghissime ad esempio per provare il Croco Burger (l’hamburger di coccodrillo), lo Zebra Burger e la bevanda al Baobab nel padiglione dello Zimbabwe o le Belgian Fries davanti al Padiglione del Belgio. Per non parlare poi delle deliziosa pizza alla farina di sorgo del Togo.

Insomma una food experience a 360°, per i più temerari da una parte e per gli amanti della cucina classica dall’altra.

Sempre su questo filone sono stati organizzati tutta una serie di eventi, dipanatisi nel corso dei sei mesi: si ricordano la festa del gelato, della birra, dell’anguria, i vari National Day che hanno visto protagonisti tutti i padiglioni dell’Expo, le esibizioni canore e di danza con i costumi folkloristici che hanno creato un arcobaleno unico al mondo e tanto altro.

Non sono mancate le visite da parte di personaggi famosi e dei capi di Stato. Queste hanno dato carattere universale alla manifestazione ma va detto che hanno anche creato diversi disagi dal momento che le visite si sono sempre svolte negli orari di apertura al pubblico producendo lunghe file, come si può immaginare poco gradite, ai padiglioni. Le file sono state interminabili anche in altri padiglioni (non solamente nell’ultimo periodo che ha visto un boom di visitatori), a causa, in parte, dell’organizzazione della visita interna a questi, in particolare quelli del Giappone, degli Emirati Arabi Uniti, del Qatar e del Kazakistan, solo per citarne alcune. Nonostante ciò il tempo in fila è stato poi ripagato e ha inoltre permesso di interagire con le altre persone talvolta facendo nascere amicizie.

Molto interessante anche la possibilità di assistere a conferenze riguardanti il cibo in ogni suo aspetto e la distribuzione al riguardo di voltanti/segnalibri con curiosità riguardanti l’alimentazione, del tipo: “Lo sai che il mais è il primo prodotto agricolo del mondo, ma nei campi si trovano pochissime varietà? Eppure ne esistono migliaia con forme, colori e sapori diversi.”; “Lo sai che negli ultimi settant’anni abbiamo perso il 75% delle varietà vegetali? Con esse, sono scomparsi paesaggi, usi, ricette, sapori.”; oppure “Lo sai che sul mercato si trovano appena 4 o 5 varietà di mele? Eppure nel mondo ne esistono migliaia, diverse per forma, colore e gusto.”

Centinaia di persone hanno lavorato all’interno di questa impresa (anche qui ci sarebbe un lungo discorso da fare, tra tirocinanti non pagati e persone che hanno svolto lì il servizio civile, ma non è questo il luogo adatto) e anche l’aspetto interattivo ha prevalso un po’ ovunque: in quasi ogni padiglione c’erano indicazioni sui contatti social dei diversi Stati, in alcuni erano possibile interagire tramite le applicazioni sui cellulari, in altri venivano dati omaggi per chi si connetteva alle pagine Facebook e/o Twitter degli Stati corrispondenti.

Ampio spazio è stato dato anche i visitatori più piccoli, tante scoperte per loro e tutto era a loro dimensione e altezza. Per piccoli e grandi anche il Passaporto di Expo Milano 2015 che ha permesso di raccogliere i timbri di tutti i Paesi visitati nel sito espositivo.

Vogliamo poi dimenticare l’Albero della Vita? Certamente no. Trentasette metri di altezza per il suggestivo simbolo di Padiglione Italia e dell’intera Esposizione. Una struttura in legno e acciaio disegnato da Marco Balich in collaborazione con lo studio Gioforma (e costruito dal Consorzio “Orgoglio Brescia”, composta da 19 tra enti ed aziende del territorio bresciano) che prende spunto da un disegno di Michelangelo creato verso la fine degli anni Trenta del Sedicesimo secolo. Simbolo di vita e dell’evolvere delle tecnologie del futuro ogni visitatore che abbia assistito alla sua accensione ne è rimasto incantato. La sera calava, l’Albero si accendeva creando uno spettacolo musicale e pirotecnico con l’aiuto degli zampilli d’acqua che si sollevavano fino in cima all’Albero. Uno spettacolo unico.

Due curiosità: il continente africano ha avuto la maggior rappresentanza all’Expo 2015, ben 41 Stati; sapevate poi che a lavorare all’interno dell’Expo vi erano anche i detenuti di alcune carceri di Milano e dintorni? E che tre detenuti hanno provato a fuggire e solamente due di loro sono stati ripresi?

A parte questo le polemiche ci sono state fin dall’inizio e c’è da scommettere che proseguiranno ancora per tanto tempo. Le valutazioni seppur negative ma costruttive sono sempre ben accette ma speriamo che in tanti abbiamo goduto di questa esperienza spesso unica nella vita.

L’appuntamento è per il l’Expo Internazionale del 2017 ad Astana, la capitale del Kazakistan, che avrà come tema l’energia e successivamente, nel 2020, l’Expo Universale si sposterà a Dubai il cui tema sarà “Unire le Menti, Creare il Futuro”.

Written and photo by Rebecca Mais


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