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F1 Storia : La Grande rapina al treno postale Glasgow – Londra

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

19 febbraio 2015 – Stiamo in questo periodo parlando di F1 Legend con una collana dedicata alle più grandi monoposto nella storia della Formula 1. Eppure, anagrammando il nome, possiamo ottenere le Legend F1. Leggende sulla Formula 1, un pò come i coccodrilli nelle fogne di New York o lo Yeti sull’Himalaya. E’ doveroso, quindi, parlare della Leggenda con la “L” maiuscola. Anzi, La Leggenda, ad esser precisi, perchè gira nel paddock da 40 anni e nessuno ha mai dato una risposta esaustiva. La grande rapina al treno postale. 

Si ha una “Leggenda” quando fatti o circostanze riconducono ad una persona e non si riesce a trovare un nesso logico tra fantasia o realtà. Ovvero, non si riesce a capire dove inizia la parte fantasiosa e finisce quella reale. Ancor più terra-terra: non si capisce se il protagonista (se in vita) ti prende per i fondelli oppure è sincero. Forse quest’ultima parte è quella che più si addice alla nostra storia. Tutto ciò non avrebbe senso se questa Leggenda non colpisca in pieno nomi che con la Formula 1 hanno a che fare. Eccome se hanno a che fare. Uno, giusto per, è niente poco di meno che Bernie Ecclestone. Si signori, il padre padrone della Formula 1. Ok, abbiamo già svelato la chicca dell’intera storia. Ora, però, andiamo con ordine.

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I Fatti: E’ il 7 agosto del 1963. Alla stazione di Glasgow il treno delle poste inglesi parte alle 18:50 dal binario principale. Il suo arrivo è previsto per le 3:59 del 8 agosto, dopo vari scali, alla stazione di Euston a Londra. Il suo carico pesa e scotta: 2,6 milioni di Sterline (circa 60 milioni di Euro d’oggi) in piccoli tagli da 5, 10 e 15 pound. Farebbe gola a chiunque. A guidare questo convoglio scottante, ci sono Jack Mills e il suo secondo David Whitby. Sti due di viaggi così fumanti ne hanno già fatti parecchi e per loro avere 120 miliardi di lire del vecchio conio nei vagoni, è un pò come avere la spesa nel cofano della nostra utilitaria il sabato pomeriggio. Percorrono la West Coast Line (un’arteria ferroviaria tra le più trafficate d’Inghilterra) senza particolari problemi finchè, tra Leighton Buzzard e Cheddington, non trovano uno, strano, semaforo rosso. Mills arresta il treno e Whitby scende per cercare il telefono di servizio in modo da mettersi in comunicazione con la stazione di Cheddington, ma trova i fili tagliati. Quando Whitby capisce che si tratta di un’assalto, è già immobilizzato a terra e due individui incappucciati  stanno prendendo a sprangate il povero Mills. Altri uomini, in totale 15, legano come salami il resto del personale e staccano i vagoni superflui, lasciando quelli carichi di sacchi postali straripanti di banconote attaccati alla motrice. Con i due immobilizzati e il resto dell’equipaggio legato e chiuso in un vagone lasciato sul posto, i ladri possono muoversi con motrice e vagone carico di soldi verso un punto pre stabilito, il ponte di Bridego Bridge, dove li attendono due Land Rover Defender con targhe uguali, per confondere eventuali testimoni, e darsi alla fuga. Gli autori del colpo sono: Bruce Reynolds, Douglas “Gordon” Goody, Charles Wilson, Brian “Buster” Woody, Brian Campo, Patrick “Ulsterman” McKenna, John “Paddy” Daly, Bill “Serico” Jennings, James White, Roger Cordrey, Bob Welch, Thomas “Tommy” Wisbey, James “Big Jim” Hussey, Ronald “Ronnie” Gibbs e (segnatevelo bene) Roy James. Ai 15 elencati, vanno sommati 3 che rimarranno sconosciuti e altri 3 con mansioni secondarie, non comunque presenti al momento del furto. Sembra il colpo della vita, un capolavoro balistico di arte trafugatoria messo su da un’avvocato, un fioraio, un falegname; insomma da gente comune. Ma non sarà affatto così.

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Gli antefatti e la miriade di errori: Il mattino seguente la polizia locale si reca sul posto. Come prima cosa, interroga l’equipaggio del treno, tranne il povero Mills che mai si riprenderà da quelle sprangate e da ciò che li successe. Esce subito che uno dei rapitori ha ordinato al personale di non muoversi per almeno 30 minuti. Chiaro, dunque, che non possono essere andati lontano o che comunque avevano nelle vicinanze un rifugio. Un pastore locale, testimonia di aver visto movimento in quella notte nella fattoria di Leatherslade. Il pastore dichiarerà che tale fattoria era disabitata da anni. Bingo. Quando la polizia si reca sul posto, trova tutto ciò di cui aveva bisogno. La banda ha commesso una miriade di errori, e tutti concentrati in un’unica stanza. Una volta giunti li, i rapinatori, hanno svuotato le Land Rover, caricato il denaro su un camion dell’esercito dismesso e poi sono rientrati nella fattoria dove si sono ubriacati, hanno mangiato e giocato a monopoli con la refurtiva seminando ovunque impronte digitali. La fuga, poi, è avvenuta in maniera frettolosa, in quanto il ritrovamento di una tanica di benzina ha fatto intendere che volevano incendiare la fattoria per non lasciare traccia. Insomma, l’unica cosa venuta bene è il semaforo rosso “provocato” da un guanto che copriva la luce verde e una batteria che alimentava la luce del segnale di stop (metodo escogitato da John Daly); ma per il resto un totale disastro. Morale della favola: nel giro di pochi mesi vengono tutti arrestati e condannati. Qualcuno, come Biggs, riuscirà a fuggire e diventare imprendibile per quarant’anni, altri pagheranno la loro pena. Poi c’è Roy James e la leggenda. Ecco, siamo arrivati al punto in cui volevamo arrivare.

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Roy James, pilota di rapina: Se proprio vogliamo definire un pilota da “rapina” possiamo dire che un pilotà è tale quando approfitta di ogni minimo errore dell’avversario per passarli davanti. Bene, Roy James ha fatto di questo concetto uno stile di vita. Forse anche troppo. Sui Kart, Roy James, si fece un nome per il piede e non per la mano lesta. Eppure, fin dall’ora, se volevi correre nelle categorie che contano, dovevi avere grana in tasca, altrimenti, festa finita. Così Roy James conosce il freddo metallico delle manette nel 1962 quando viene messo al gabbio per furto d’auto. Rilasciato, James ricade nel vizio ma, suvvia, a lui non bastavano i gioielli del “Gasometre” o del “Mirabeu” e così pensa bene di rapinare 144.000 Sterline in diamanti ad una ricca Madame fuori dal casinò di Montecarlo. Rientra oltre Manica e, insieme all’amico Micky Ball anch’esso pilota, mette a segno un colpo ad un furgone portavalori nei pressi di Heathrow. Con due Jaguar rubate, gli amichetti del quartierino seminano il panico, e la polizia, durante la loro fuga, e proprio queste abilità di guida straordinarie fanno salire le loro cartelle penali in cima alle altre quando è il momento di indagare. Vengono arrestati e Ball canta subito, ma non tira di mezzo l’amico. Con 62.000 Sterline di profitto, James si compra una Brabham e va a correre in Formula Junior dove vince una gara a Brands Hatch, ma nessuno se lo fila perchè tutti gli occhi sono per “Mike The Bike” Hailwood al suo debutto a quattro ruote. Infuriato con il suo destino di eterno relegato, poche settimane dopo entra in contatto con un tizio che pianifica un grosso colpo e che già conosceva James. Costui è Bruce Reynolds, capo della banda, che assolda subito James ma, siccome il pilota era si ladruncolo ma non bastardo, gli riserva il compito di guidare la motrice con il rimorchio carico di Sterline attaccato. James bazzica un pò nei cantieri ferroviari e impara in fretta l’arte del macchinista ferroviario, ma all’ultimo Reynolds ritiene troppo cruciale il ruolo di chi dovrà guidare il treno e ordina a James di ingaggiare un macchinista esperto. James, sempre più sfigato, controvoglia ma bisognoso di cash, recluta un ex macchinista di treni passeggeri in pensione (mai catturato e chiamato dalla banda “Pop”). Al momento di spostare sto treno, però, il tale “Pop” scopre che i treni merci sono alimentati a gasolio e sono totalmente diversi da quelli che lui aveva guidato in passato. James, in sostanza, ha fatto un casino, ma si riscatta aiutando “Pop” nel manovrare il treno e, sopratutto, portando la banda al sicuro una volta giunti alle Land Rover. Tuttavia, James viene arrestato col resto della banda e rilasciato solo nel 1975 e, eccolo di nuovo, chiama Bernie Ecclestone, suo vecchio amico. Il perchè ve lo spieghiamo dopo. Roy James inizia una nuova vita da orafo e muore nel 1997, a 62 anni, di attacco cardiaco. Il suo cuore aveva già subito tre bypass.

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Chi era uno dei tre senza volto? Questa storia, lunga e complessa, ha un’altra leggenda che vive (o che qualcuno ha cercato di far vivere) dentro la Leggenda. Come detto sopra, ci sono tre componenti della banda che, ancora oggi, non hanno ne volto ne nome. Negli anni successivi alla rapina, un nome qualcuno lo tirò fuori. Il nome è quello di Boley Pittard, pilota inglese dal futuro promettente, impegnato nella F3 italiana. Su che base non si sa manco oggi, ma Pittard non ebbe manco il tempo di dichiararsi innocente. Il 10 giugno 1967 si corre il “Gp dell’Autodromo” a Monza e Pittard trova la morte in un’incidente cruento, ma anche strano. La sua Lola si incendia in un rogo devastante non appena viene calata la bandiera come segnale di start. Pittard, era solito correre con un giubbotto in nylon e ciò li fu fatale, in quanto le fiamme lo avvolsero praticamente all’istante. Si mormorò, poco dopo, che Pittard voleva “cantare” e fu ucciso in gara, per sviare ogni sospetto. Eppure, esaminando i fatti, ci si rende conto che molte cose non tornano. Inanzitutto quel giubbotto, additato come vera arma del delitto, era un primo arcaico modello di giubbotto ignifugo prodotto dalla Dunlop, che respingeva le fiamme sfruttando un liquido particolare con cui era stato trattato ma che, al primo lavaggio, perdeva ogni funzionalità. E’ probabile, invece, che lo sfortunato Pittard salendo sulla monoposto abbia rotto un tubo di recupero della benzina che in poco tempo avrebbe inondato l’abitacolo della sua vettura. Inoltre le partenze a quell’epoca prevedevano che le vetture si schiarassero in fondo alla griglia e che si portassero, poi, nella loro posizione a motore acceso per poi procedere con la partenza vera e propria per evitare che qualche pilota lasciasse spegnere il motore. In quel lasso di tempo, l’abitacolo della Lola divenne probabilmente saturo di benzina e, non appena Pittard ha frenato per fermare l’auto sulla griglia, una scintilla ha causato l’enorme rogo. Quindi, come probabile che sia, nessun omicidio per zittire qualcuno. Rimane, invece, dimenticato ingiustamente il gesto eroico di Pittard che, con la vettura avvolta dalle fiamme, anzichè scendere da essa, si è portato prima fuori dalla pista per non creare pericolo ai propri colleghi. Forse, quest’ultima, è la prova schiacciante sull’innocenza di Boley Pittard.

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La Leggenda più calda: Ok, siamo giunti fin qua. Quasi alla fine di questa lunghissima storia, e vi voglio, ora, parlare della più clamorosa delle insinuazioni: quella che riguarda Bernie Ecclestone. Il padrone della Formula 1, quella calda notte d’agosto, ha 33 anni, è un ex pilota ed è un manager rampante in piena ascesa. Conosce, come detto, Roy James anche se non ne cura personalmente gli interessi. Ma perchè nel 1975, quando viene scarcerato, Roy James telefona proprio a lui? Chiaro, Mr. E. è il team manager della Brabham e mezzo mondo della Formula 1 è gestito da lui. Ovvio che se vuoi un volante devi per forza passare da lui e se l’hai conosciuto quando era ancora un giovane “gestore d’interessi non solo suoi” speri in una spintarella. Roy James, però, ha passato i quarant’anni e piazzarlo su una F1 è praticamente impossibile. Via, siamo sinceri, Bernie non è quello che si mette la mano sul cuore e s’inventa un premio che tu devi disegnare pur di darti del lavoro con cui guadagnare il pane. Super Bernie ti avrebbe caldamente, ma non cortesemente, invitato a non rompere più gli zebedei e cercare un sano lavoro. Se proprio lo beccavi di giornata buona, chiudeva la chiamata con un “Good Luck!”. Invece no. Ingaggia Roy James come unico orafo addetto alla progettazione e realizzazione di un trofeo da assegnare annualmente all’organizzatore del miglior Gran Premio della stagione. Parlando spicci spicci: un mare di quattrini sonanti. Non finisce qui. Ecclestone, durante il Gran Premio del Brasile del 1979, invita niente poco di meno che Ronnie Biggs; ovvero il fuggitivo più leggendario nella storia della Gran Bretagna. Ok, Ronnie ha fin cantato con i Sex Pistols quindi non è proprio conosciuto solo per quella notte, ma c’è dell’altro. Ecclestone lascia in un’albergo una busta con due biglietti a nome di Biggs che, però, non sarà mai ritirata da nessuno.

Cos’ha detto in sua discolpa Ecclestone? Nulla, anzi, ha bellamente solcato la leggenda che lo vuole come implicato in quel mitico furto. L’unica volta che ne ha parlato apertamente, è stato nel 2005 quando, ad un giornalista austriaco, alla domanda: “Lei, Mister Ecclestone, cosa sa della grande rapina al treno?” – ha risposto – “Se ci fossi stato io dietro quella rapina, può stare tranquillo che la organizzavo meglio..“. Intanto, quel bottino fantasmagorico di 2,6 milioni di Sterline è stato recuperato solo in parte e su questa vicenda si è scritto, parlato e addirittura recitato un film ( “Buster” del 1988 ). Qualcuno mormora che con quel che rimase del bottino, Ecclestone si comprò la Brabham e gettò le basi per la sua, inarrestabile, cavalcata al potere della Formula 1. Vero o no, rimane viva nella memoria dei sudditi di sui Maestà la storia della grande rapina al treno postale. The Great Train Robbery, la chiamano, perchè di colpi così grandi, oltre il canale della Manica, non ne hanno ancora visti.

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