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Fabrizio Gifuni e l’errore del Pd

Creato il 21 giugno 2010 da Bracebracebrace

Andrea Tornago

Fabrizio Gifuni è stato contestato alla convention del Pd per essersi rivolto alla platea con un liberatorio «compagni e compagne». Ma non è stato solo questo il suo errore, quanto piuttosto l’aver fatto un discorso di sinistra a un partito che non è e non vuole essere di sinistra.

Fabrizio Gifuni e l’errore del Pd

Sarebbe ora che artisti, intellettuali, giornalisti e cittadini la smettessero di prendere il Partito Democratico per quello che non è: l’evoluzione diretta, erede delle trasformazioni riflessive ed autocritiche, del Pci. Citare Pier Paolo Pasolini e Giovanni Falcone è semplicemente fuori luogo: sono tutte persone, voci ed exempla che non appartenevano nemmeno al Pci e al Pds, figuriamoci al Pd.

Gifuni ha sbagliato. Con la sua presenza, con la sua popolarità, con il suo discorso appassionato ha dato nuova linfa alla confusione che immobilizza il panorama politico-sociale dell’opposizione nel nostro paese. Avrebbe dovuto rivolgersi a un altro partito, avendo ben chiaro perché è nato il Pd, chi ne è stato il primo – vergognoso – segretario, quale rapporto ha instaurato, fin da subito, con il Novecento l’ansia di nuovismo di Walter Veltroni, preoccupato unicamente di liquidare in toto l’eredità storica, politica e culturale della sinistra italiana.

Fabrizio Gifuni e l’errore del Pd

Fabrizio Gifuni


Oppure c’è un’altra opzione, altrettanto valida: che il meglio dei nostri artisti, dei nostri intellettuali, di quanti intendono con passione e fatica risollevare il nostro paese dalla melma in cui è caduto si uniscano, radicalizzino l’impegno, prendano la tessera del Partito Democratico – se lo riconoscono come partito di riferimento – e si dedichino al cambiamento della sua classe dirigente e dei suoi riferimenti politici, storici e culturali. Lo trasformino in un partito realmente degno di rispetto, non solo perché lo dice il suo segretario Pierluigi Bersani ma perché animato, guidato e rappresentato da autentiche istanze di riscatto e di cambiamento.

Per ora è solo un partito in cui i dirigenti sono ancora gli uomini peggiori del vecchio Pci; e i giovani, che dovrebbero rappresentarne la possibilità di perfezionamento, chiedono formalmente a un attore di «non utilizzare le parole “compagni”, “festa dell’Unità” perché non rientrano nel nostro pensare politico e facciamo fatica ad accettarle». Il peggio del passato unito al peggio del futuro, equivale soltanto al peggio del peggio del presente.



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