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False partite Iva. Figli di nessuno

Creato il 02 aprile 2014 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

logo-fuori-tgLa fattura è uno strumento fiscale emessa dai professionisti o dai lavoratori autonomi. In tempo di crisi è ancora così?

È in atto un’evoluzione del mercato del lavoro e le prospettive future sono incerte, per questo  Fuori Tg in onda, quotidianamente su Rai3, dedica la puntata cercando di guardare nella profondità del cratere dei sub-precari, ovvero,  figli di nessuno.

In un mercato del lavoro dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 13%, e dove gli occupati sono praticamente uno su due, esiste anche il fenomeno delle false partite Iva.  La trappola della disoccupazione a livelli record dal 1977, tanto più se appesantita dal crollo dell’occupazione giovanile, non consente indugi. In un regime transitorio tra vecchie e nuove regole, il  popolo delle partite Iva oramai si dirama in varie sfumature. I giovani laureati non vedono nemmeno l’ombra di un contratto a tempo indeterminato.  Costretti a lavorare come liberi professionisti ma che tanto liberi non sono.

No contratto, si partita IVA.

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Lavoratori che svolgono le stesse mansioni ma in condizioni diverse. Niente ferie, niente tredicesima, malattia o maternità e non parliamo dei contributi pensionistici. Costretti a sottoscrivere una liberatoria che tutela il datore di lavoro, nella quale si conferma che il lavoratore ha “preferito” optare per la forma di libero professionista, rifiutando quella contrattuale. E il gioco è fatto. È una strana situazione, quella che si va sempre più prospettando per le false partite Iva: con una soglia reddituale  da meno di mille euro al mese e pesanti criteri di esclusione (come l’iscrizione a un albo). Partite Iva che vengono usate come schermo per nascondere rapporti di lavoro subordinati. Lavoratori “para-dipendenti” costretti ad aprire una partita Iva, pur lavorando con continuità nel tempo, in orario di ufficio e in una postazione fissa. Le false partite Iva sono i figli di nessuno. Come gli esodati, le false partite Iva sono creature nate dalla riforma Fornero.

Ma cos’è una partita IVA?

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È un mezzo attraverso il quale il lavoratore in proprio può emettere fatture e fare i versamenti fiscali e previdenziali. È un lavoratore che offre dei servizi ottenendo un compenso, dietro questa transizione avviene la tassazione Iva, prevista dall’ordinamento fiscale di questo paese. Una figura professionale di lavoratore autonomo che dovrebbe costituire il vero popolo delle partite Iva.

Nella realtà, è diventato un insieme enorme di persone ( si parla di 5/6 milioni, quasi un quarto dei lavoratori complessivi). Un mondo variegato. Uno su cinque lavora con un solo cliente e tecnicamente sono chiamati “professionisti monocommittenti”. Essendosi trovati in un’epoca di mezzo, nella transizione tra il posto fisso e la flessibilità,  hanno fatto tutta la trafila del “Cursus precarium”: prestazioni occasionali con ritenuta di acconto, collaborazione coordinata e continuata, collaborazione a progetto ed infine, la finta partita Iva. Non hanno la possibilità di avviarsi uno studio come accadeva in passato e allora cedono al ricatto della sopravvivenza e diventano monocommitenti, lavorando effettivamente da dipendenti e sottoposti alle regole di tale vincolo. Dodici fatture l’anno che in realtà corrispondono ad uno stipendio, ma privi di tutele e certezze che il committente confermi la collaborazione futura. Sottoposti a stress maggiore e senza garanzie. All’indomani della Riforma Fornero, sono sempre di più i giovani e le donne che cadono vittime di posizioni di dipendenza mascherata.

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Complice la crisi e tanti altri motivi, questi liberi professionisti per modo di dire, invisibili dietro a un contratto di prestazione di cui nessuno può saperne i contenuti, esclusi anche dalle mirabolanti promesse di Matteo Renzi, non hanno neppure il diritto  di sognare.  L’unica chance è quella di rivolgersi a Sanprecario!

 


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