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“Fame chimica”: come nasce una micro-storia horror

Creato il 16 dicembre 2012 da Salcapolupo @recensionihc
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Fame chimica” è un racconto horror da me ultimato nel dicembre 2012, basato su un’idea che ho avuto circa un’anno fa e che ho sviluppato progressivamente, senza soluzione di continuità, negli ultimi mesi. Si fonda sulla struttura di uno zombi movie classico (Zombi, Le cronache dei morti viventi), per quanto erediti alcuni elementi dalla cinematografia di genere (Lucio Fulci, Dario Argento e via dicendo). Lo stile di scrittura, così come i nomi internazionalizzati dei personaggi, si ispirano ai primi scritti di Stephen King (A volte ritornano, Carrie, Shining). Non ho lasciato, volutamente, alcun riferimento all’anno preciso in cui avvengono i fatti, nè alcun tipo di coordinate geografiche. Per sopperire alla difficoltà di dover scrivere dialoghi decenti, ho ibridato all’interno del testo alcune sezioni in corsivo che rappresentano ciò che i personaggi dicono, in modo da aumentare leggermente il livello di suggestione del clima che ho creato. Il racconto è fortemente cinematografico per quanto scritto, in pratica, in modo classico e costituito da vari frammenti.

È possibile leggere e scaricare gratuitamenteFame chimica” dal mio blog Lettere cannibali.

Il caldo. L’idea di base nasce dai presupposti del romanzo “L’estate dei morti viventi” di John Ajvide Lindqvist: in esso viene rappresentata un’afa talmente pesante da non lasciare respiro agli esseri umani (capace anche di farli impazzire), e trasuda letteralmente fin dalle prime pagine. Essa è stata riutilizzata per ridefinire un’atmosfera altrettanto cupa ed ossessiva alla base del racconto, ambientato in un piccolo paese anzichè nella metropoli, scenario tipico di questi casi: vedi Apocalypse domani, Zombi 2, 28 giorni dopo. L’orologio che si scioglie è una piccola citazione de “La persistenza della memoria” di Salvator Dalì, opera fortemente influenzata (al tempo della realizzazione) dalla nascente teoria della relatività di Einstein.

Videodrome. Probabilmente qualsiasi considerazione sulla potenza del mezzo televisivo e sulla manipolazione mediatica rischia di scivolare, oggigiorno, nel già detto e nel già sentito: eppure la mia suggestione nei confronti di questo aspetto è stata ugualmente inserita all’interno del racconto, e questo per favorire un minimo di ritmo sconnesso alla storia, e non renderla troppo monocorde. I frammenti di programma televisivo inseriti a sprazzi, di fatto, servono a commentare brevemente quello che sta avvenendo nella storia principale, ed ho immaginato che dovessero essere l’unico mezzo in cui specchiare globalmente quello che sta succedendo. Del resto nei piccoli paesi è tipico che l’unico mezzo di informazione sia soltanto la TV, specie dove internet non è troppo popolare come canale informativo oppure, nei casi più estremi, non riesca ad arrivare affatto.

La ragazza. I suoi tratti e le sue caratteristiche si ispirano chiaramente al personaggio interpretato da Barbara Bouchet nel capolavoro di Fulci “Non si sevizia un paperino“, peraltro una delle principali fonti di ispirazione del racconto.

La dittatura mediatica. Non ho potuto fare a meno di inserire nel racconto un’ambientazione ispirata alla fantascienza distopica alla “1984″ di George Orwell (ma anche il nostalgico Brazil di Terry Gilliam); naturalmente ho lasciato soltanto alcuni brevi descrizioni che dessero l’idea, senza approfondire troppo la questione dato che, in fondo, non era quello il focus della storia.

Il finale del racconto omaggia quello di Zombi 3 di Lucio Fulci.


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