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Fammi sorridere

Creato il 17 luglio 2015 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Un braccio che sanguina, rivoli rossi che scorrono come piccoli fiumi fino alle dita, il pantaloncino strappato e la carne viva che pulsa lucida nel sole bruciante del pomeriggio. Jean Christophe Peraud è rotolato a terra su quell’asfalto a grana grossa di certe autostrade. E’ il Tour, sono le cadute. E’ il Tour, appunto. Qua si risale in bici anche così, con le grattate che sembrano bruciature. Jean Christophe si ferma un attimo tra il bordo della strada e un campo bruciato dal sole. Poi la bicicletta. Di nuovo. Si fa medicare dal dottore in corsa, la solita routine che non sarà mai la stessa. Il dolore non è mai uguale. E noi non lo sopportiamo mai alla stessa maniera. Fammi sorridereJean che stringe i denti, mentre il sangue cola sul cotone bianco che gli passano sul braccio abbronzato. Lo inzuppa mentre la corsa continua, mentre niente si ferma. I chilometri mischiano tutto: la fatica, la dolcezza, il dolore, la stanchezza, i sogni e gli incubi. Non gli basta stringere i denti, porta anche le borracce ai suoi compagni. Lui che l’anno scorso era sul podio di Parigi. Lui che, come tutti gli altri, sa che il ciclismo ha la sua cruda tenerezza, le sue lune storte. Di chilometri ne mancano ancora tanti. Quel traguardo aspetta i velocisti a metà, quelli che hanno bisogno di un po’ di strada che sale per volare davvero. Greg Van Avermaet lo sa che deve partire prima. Che quel momento è il suo. O quel momento o niente. Anticipare tutti, magari portarsi dietro qualcuno che lo potrebbe persino battere. Ma c’è la gente, sono gli ultimi cinquecento metri e le gambe sono le stesse che amano le strade dure e cattive dove è nato. Le gambe giuste. Per una volta. Ecco la curva. Sagan lo segue e lui non lo sa. Sa solo che non deve voltarsi indietro, è una regola d’oro, è una regola sacra. Soprattutto adesso che la linea è laggiù, a un soffio eterno da lui. Trecento metri e un Peter Sagan a ruota, il re delle rimonte a qualche centimetro dalla sua bicicletta. Duecento metri e addio a ogni cosa, solo le gambe resistono. Le urla, gli applausi, le mani furiose contro le transenne, lo speaker, forse qualcuno che grida in radiolina. Sagan dietro, la linea e il resto. Rallenta tutto. Sangue che scorre veloce e poi riprende di nuovo il suo corso. Vortice di silenzio e rumore assieme, gli abbracci storditi e le strette di mano di chi passa e i compagni felici. Fammi sorridereGreg ha resistito fino alla fine, questa volta e nessuno ha resistito a lui.  Era tutto così lontano e ora questa tappa al Tour vinta ha le forme un po’ offuscate per il sudore che cola dalla fronte, per il respiro spezzato a metà dalla paura di non farcela, gli occhi tra il grigio e il verde socchiusi per il sole, per la fatica. C’è Greg che sale sul podio e Jean Christophe che arriva con il gruppo e sa che il momento peggiore della giornata non è ancora arrivato. La doccia risveglierà tutto il dolore e sarà un inferno solo per poter ripartire domani. Fammi sorridere Greg. Dimmi che è vero, che il successo autentico arriva quando lavori in silenzio e metti tutto te stesso nei sogni che altri non capiscono. Che non importa se non ti chiamano vincente. Dimmi che prima o poi i sacrifici ripagano, che le umiliazioni svaniscono. Dimmi che rimangono solo gli insegnamenti che hai imparato su te stesso. Fammi sorridere Jean Christophe. Dimmi che si può stringere i denti anche quando non ce la si fa più, quando le cose belle sono troppo lontane persino per immaginarsele. Persino per ricordarsele. Che si può essere generosi anche quando la strada non lo è stata con te. Fammi sorridere Greg. Dimmi che aspettare non è inutile, che la pazienza serve quanto il coraggio, e forse anche di più. Fammi sorridere, di quel tuo sorriso lì, sul podio. Dimmi che i sogni sono più vicini di quanto pensiamo. Stage 13 - Rodez



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