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Fare storytelling, del narrare storie e di altre facezie

Creato il 13 aprile 2014 da Ireneferri

Ti hanno insegnato che per essere un bravo copywriter devi imparare l'arte dello storytelling. Giusto? Come sempre, al marketing piacciono le parolone, soprattutto quelle straniere. C'è sempre quell'aura particolare quando il concetto viene espresso in un'altra lingua che non sia la propria. Soprattutto se è una lingua anglofona, che è molto più pragmatica e concentrata rispetto a quella italiana.

Ma - a ben vedere - letteralmente storytelling significa "raccontare storie". Che è - nè più nè meno - quello che l'umanità ha sempre fatto. Grazie ad una figura artistica ben definita: quella del cantastorie.

"Once upon a time", c'era una volta... tutte le favole iniziano così.

Tutti noi, in fondo, raccontiamo storie. E ci piace farlo. Cosa ne pensi?

La figura del "racconta storie", quello che faceva "storytelling"

Fare storytelling, del narrare storie e di altre facezie
Il cantastorie è l'erede del giullare medievale. Una figura che viene ritenuta l'antenato di tutta la famiglia degli artisti di strada, quegli artisti esperti nell'arte di divertire il pubblico con il canto, la musica, la danza, la recitazione.

(Cosa, che in fondo, tutti gli scrittori fanno. Artisti dell'entertainment.)

Diffusi a partire dal 10° secolo in Italia, in Francia, nella Penisola Iberica, in Inghilterra e in Germania, i giullari vivevano ai margini della vita sociale ed erano spesso condannati dalla Chiesa per i loro costumi troppo liberi. Divenuti ben presto figure assai popolari, si potevano incontrare negli incroci delle strade di grande traffico, all'ingresso delle chiese, nelle piazze e nei castelli, soprattutto nei giorni in cui si celebravano ricorrenze religiose o feste nuziali. (Fonte: Treccani)

Dapprima, i giullari eseguono le opere dei trovatori (i poeti provenzali del Medioevo). Ben presto, però, cominciano a comporre opere proprie. A volte mettono radici e si asservono a qualche riccastro, diventando menestrelli di corte.

E (a ben pensarci) i giul

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lari hanno un antesignano ben più famoso. Chi è questo cantastorie di grido? Beh, secondo la questione omerica, Omero (appunto) non sarebbe forse esistito come scrittore.

La parola greca " O me oron" significa "colui che non vede": non è un nome proprio. Sotto questa etichetta si celerebbe un gruppo di cantastorie sconosciuti, che si dilettarono a recuperare tradizioni orali perse nella notte dei secoli narranti gesta di eroi. Facendo già un insospettabile storytelling.

Vale la pena, allora, rompersi il capo a leggere l'Iliade o l'Odissea.

Fare storytelling nella propria vita

Arriviamo ai giorni nostri. Quando l'abitudine a raccontarsi, a tenere traccia della propria vita, non èmolto diffusa. In giovinezza qualcuno usa sospirare sul " diario ". Oppure in gravidanza, la futura mamma tiene il report dei progressi del pancione e dei primi passi del bimbo su un quadernino infiocchettato.

Qualcosa del proprio raccontarsi sta entrando nel quotidiano grazie ai social "visuali" come Instagram e Pinterest (con i famosi selfie). E grazie ad un'abitudine che si sta diffondendo tra chi utilizza la manualità, esistono sempre di più gli smash books o i journals. Che non c'entrano nulla con il giornalismo comunemente inteso: sono l'arte di tenere traccia degli avvenimenti che accadono scrivendo su agende o quaderni e decorandone le pagine. Per festeggiare, per celebrare, per cercare ispirazione anche in momenti "banali" della propria esistenza. Per fare della vita un'arte.

Fare storytelling, del narrare storie e di altre facezie

Fai una ricerca su Etsy (il sito dell' handmade per eccellenza, che a me ispira moltissimo) con la parola chiave " journaling" e vedi un po' se non trovi qualcosa che stimola la tua creatività.

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A me piace moltissimo l'idea di celebrare e rendere un capolavoro ogni giorno della propria vita.

Qual'è il tuo modo di fare storytelling?

Ti sei mai chiesto da dove nasce la tua esigenza di raccontare storie? Ti racconto la mia. Se ti può interessare.

Io nasco di sette mesi. Prematura quindi. Negli anni '70, i settimini non avevano molta speranza di sopravvivenza. E io, tanto piccola e nata dopo un parto difficile, sono stata subito negata alla mamma e attaccata alle macchine.

Immaginami: ero una piccola bambina sola che lottava per la sua vita, piena di fili e di speranza.

Lì ho imparato a lottare per la mia esistenza. Ma soprattutto, lì sono nate le storie che mi autoraccontavo per tranquillizzarmi, per svegliarmi, per cullarmi, per darmi la buonanotte. Perchè mia mamma mi poteva vedere solamente da un vetro. E io ho imparato a raccontarmi da sola. I bambini hanno risorse insospettabili.

Da quei momenti nasce la mia curiosità. La voglia di conoscere. La fonte inesauribile di un'immaginazione praticata fin dall'inizio della vita. E che ho continuato a sviluppare, interessandomi profondamente alle storie altrui e cercando di raccontarle.

E tu, come hai imparato a fare storytelling?

E' una tua esigenza interiore? Te lo ha insegnato il nonno che ti raccontava la favola per farti dormire? Hai letto un libro che ti ha folgorato la vita?

Ti ascolto. Oltre a raccontare, amo sentire le storie che mi vengono raccontate. Le storie - per me - sono un dono prezioso.

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