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Federico Fellini: I Vitelloni

Creato il 01 maggio 2012 da Postscriptum

Federico Fellini: I Vitelloni
Nella nostra serie di articoli dedicati a Federico Fellini, dopo aver parlato della “Dolce Vita”, vogliamo fare un passo indietro al 1953, anno in cui viene realizzato “I Vitelloni”, secondo film da regista per il genio riminese.
“I Vitelloni” è diretto da Federico Fellini, scritto con Tullio Pinelli e Ennio Flaiano, e sceneggiato da Fellini e Flaiano, ambientato a Rimini, città natale del regista, anche se in verità gli esterni sono stati filmati sulla riviera tirrenica. I ricordi d’infanzia di Fellini vengono messi in scena in uno splendido bianco e nero, con personaggi di pura fantasia che si avvicinano molto a quelli conosciuti nella gioventù dal regista.
Il film racconta la storia di cinque ragazzi di provincia, che rappresentano la generazione nuova del dopoguerra, almeno nei luoghi dove Fellini nacque, alla ricerca di un futuro ma non ancora benestanti come saranno dopo il boom. In realtà non hanno molta voglia di lavorare, piuttosto ne hanno per andare in giro e fare scherzi a chiunque, da qui il termine “vitelloni”, molto usato in quell’epoca nella provincia dell’Italia centrale, per indicare dei perditempo scansafatiche.

Federico Fellini: I Vitelloni

Alberto(Alberto Sordi) battuta pronta e spendaccione, Fausto(Franco Fabrizi) perditempo e farfallone con le ragazze, Moraldo(Franco Interlenghi) serio e introverso e dei cinque il più ragionevole, Leopoldo(Leopoldo Trieste) intellettuale, scrittore e poeta, Riccardo(Riccardo Fellini, il fratello di Federico) il più tranquillo di tutti quanti, vivono senza far nulla nel loro paese. Fausto ha una relazione con Sandra(Eleonora Ruffo), sorella di Moraldo, e la mette incinta. Ma cerca di scappare, fermato dal padre è costretto a sposare la ragazza, dolce e innamorata di Fausto. Alberto, intanto, vive coi soldi della sorella Olga(Claude Farell), che deve mantenere anche la madre, vedova e senza impiego. Moraldo invece è di famiglia più agiata, e fa da equilibrio nel gruppo, insieme a Leopoldo, sempre in cerca di entrare nel mondo della cultura, e del pacifico Riccardo.

Federico Fellini: I Vitelloni

La città rappresentata da Fellini possiamo supporre sia Rimini: ma c’è spesso vento, magari piove, sembra quasi una città deserta di sera. La animano i nostri cinque amici, che vanno in giro a far nulla. Fausto per la verità corre dietro a tutte le donne che incontra, mentre Alberto è sempre intento a organizzare scherzi, ma quando torna a casa deve affrontare la crisi economica della famiglia e litiga con Olga; Moraldo appare sempre triste e deve badare più lui a sua sorella e il bambino che Fausto.
Nino Rota, alla sua seconda collaborazione con Federico Fellini dopo “Lo sceicco bianco”, compone per il film un tema che esprime sia la spensieratezza, quasi irresponsabilità dei vitelloni, alla realtà che fuggono ogni giorno. Il perfetto rapporto di collaborazione tra i due, che negli anni andrà a divenire sempre più stretto, va a raccontare in musica i sentimenti dei personaggi, centra quindi il senso del racconto felliniano.

Federico Fellini: I Vitelloni

Federico Fellini: I Vitelloni

Fausto, a cui il padre di Sandra trova un lavoro in un negozio di articoli Religiosi, non mette la testa a posto anzi si caccia nei guai. Nel frattempo arriva il Carnevale e bisogna divertirsi, e vediamo i nostri scatenati nella festa in maschera. Ubriaco, all’alba dopo i festeggiamenti in cui rimane per ultimo ancora a ballare in teatro poi Alberto forse per un attimo si rende conto in che stato è arrivato. Ma la noia e l’ozio lo fanno però rimanere il fannullone che è sempre, e verrà accompagnato a casa da Moraldo.

Federico Fellini: I Vitelloni

Federico Fellini: I Vitelloni

Federico Fellini: I Vitelloni

Una serie di occasioni mancate per i nostri amici, di ciò che potrebbero fare ma non fanno, girano a vuoto come anime perse e trascinano la loro esistenza, facendo soffrire e disperare chi gli sta accanto, come il padre e la piccola sorella di Fausto, o la stessa Sandra. Leopoldo vede vicina una scrittura a teatro ma fallisce l’occasione, mentre Alberto è sempre alla deriva, ma pronto a prendere in giro tutti. Memorabile la scena in cui lo stesso Alberto, Leopoldo e Riccardo sono in macchina,  e Alberto si gira verso degli operai gridando: “Lavoratori! Lavoratori della malta!” e rivolge loro il gesto dell’ombrello! Provocando così la reazione furibonda degli uomini che inseguono Alberto e gli altri. Una scena che è parte della storia del cinema italiano e mondiale.

Federico Fellini: I Vitelloni

Il finale del film, bellissimo, che qui non svelo ma invito a rivedere, è forse la presa di coscienza della realtà e delle responsabilità che aspettano i nostri protagonisti, e Moraldo, che sempre aveva mostrato insofferenza per i comportamenti degli amici, farà un’importante scelta.

Federico Fellini: I Vitelloni

“I Vitelloni” vinse il Leone d’Argento al Festival di Venezia del 1953, ottenne 3 Nomination agli Oscar e numerosi premi nazionali. La critica riconobbe già in Fellini qualità eccezionali, dopo il buon esordio con “Lo sceicco bianco” del 1952, dove gli attori principali erano Alberto Sordi e Leopoldo Trieste, insieme a Brunella Bovo; e proprio per Sordi in questo film Fellini disegna il personaggio più forte e particolare, che permette all’attore romano di affermarsi al grande pubblico. Così come Franco Fabrizi, uno dei più importanti attori italiani del periodo, che recita benissimo nella parte di Fausto, sottolinea l’incapacità di apprezzare la fortuna di avere una ragazza che lo ama e un figlio; Leopoldo Trieste, come in “Lo sceicco bianco” interpreta un ragazzo apparentemente timido e un po’ imbranato; Riccardo Fellini, forse volutamente il personaggio meno marcato, che rappresenta una figura un po’ scanzonata; e Moraldo, che Franco Interlenghi interpreta in maniera unica, preoccupato per i suoi affetti, con uno sguardo a ciò che è e a quello che sarà, riconosce che prima o poi è necessario dare un senso al proprio avvenire, lasciando dietro tutto per diventare uomini, o almeno provare a esserlo, forse con un po’ di tristezza, ma con consapevolezza.


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