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Franco a Catania (ovvero: le parole sono importanti)

Creato il 07 novembre 2012 da Povna @povna

E’ di ieri la notizia che Franco Battiato ha accettato dal nuovo Governatore siciliano, Rosario Crocetta, la delega per l’Assessorato al Turismo e Spettacolo di quella regione. La ‘povna, quando ha sentito la notizia, prima ha pensato a una bizzarra omonimia, poi ha creduto di aver capito male, e infine, informatasi, è rimasta assai perplessa.
E non è solo la questione – tanto vera quanto ovvia – che non basta essere artisti, non importa quanto bravi, per essere dei bravi organizzatori di cultura (prova ne sia il fatto che ogni attore, scrittore, cantante, musicista, non a caso si fa seguire e organizzare da un agente). Perché quella resterebbe ancora una non verificata (e dunque potenzialmente falsa) affermazione generale.
Ma Battiato, in più, ci butta il carico da undici. E non si perita di dichiarare (ieri sera, a Otto e mezzo) a piene mani antipolitica, come se fosse cosa ovvia. E come se non ce ne fossero abbastanza, di persone che contribuiscono a deprezzare, un pezzettino sempre più ogni giorno, quella parola splendida che (Aristotele dixit) chiarisce la qualità dell’uomo come essere sociale.
“Non chiamatemi assessore” – ha dichiarato, infatti – “basta il nome di battesimo. Non voglio avere a che fare coi politici, perché solo così potrò avere davvero, e in tutti i sensi, libere le mani”.
E la ‘povna vorrebbe ricordare a “Franco” che “politica” non è una parolaccia, anzi. E che – se davvero pensa di poter prestare la sua opera in maniera onesta e competente – sarebbe giunta l’ora di rivendicare quella carica – assessore – con orgoglio. Perché, se la politica nostrana vive un momento indubbiamente critico, di corruzione e inquinamento, è solo da un’interpretazione onesta, sana e competente dell’agire umano anche come politico che può davvero ripartire la rinascita italiana.
Proprio per questo, se un comune cittadino viene chiamato a una posizione come questa, ci si aspetta da lui il rispetto per il prestigio e il senso di servizio per quella istituzione che da quel giorno in poi lui rappresenta. Anche (e a maggior ragione), se a assere insignito dell’incarico è un artista di chiara fama. E alla ‘povna sta benissimo che Battiato, essendo probabilmente di suo già sufficientemente benestante, abbia deciso di rinunciare a ogni forma di rimborso. Ma vorrebbe che fosse chiaro, a lui e a tutti, che non si tratta di un atto dovuto, anzi. E che il compenso elettorale per deputati e senatori fu stabilito da Giolitti (alla fine dell’Ottocento) per un motivo democraticamente inevitabile: e cioè che in questo modo potessero essere eletti alla vita pubblica anche cittadini che non fossero dotati di una ricchezza personale. Senza il rimborso, infatti, non sarebbe possibile per chi non ha un patrimonio autonomo poter aspirare alla rappresentanza – e si arriverebbe, dunque, a introdurre nel sistema elettivo un principio implicitamente classista, così come accadeva nell’Italia liberale.
E, ancora una volta, che il principio sia degenerato in un pericoloso eccesso (di corruzione, o di mancanza di controllo) non autorizza per questo a gettar via il bambino insieme all’acqua sporca. Che è uno dei motivi – tra parentesi – per i quali alla ‘povna viene l’allergia tutte le volte che sente Di Pietro, Renzi, Grillo e la parola “rottamare”.
E la ‘povna – che l’altro giorno la storia dei rimborsi parlamentari (nascita, motivazioni, regole e rischi) l’ha spiegata ai Pesci – si chiede perché, se la capiscono degli alunni un po’ ribelli (“grazie, professoressa, ci ha aperto un mondo: non ci avevamo mai pensato in questi termini”), non la possano capire coloro che sono chiamati, politicamente, e in nome di un mandato di rappresentanza, a governare.
Tutto questo, e molto altro, avrebbe voluto sentire la ‘povna da chi sta per essere portavoce della cultura pubblica. E tutto questo, e molto altro, è stato negato ieri da “Franco” nel suo discorso (televisivo, e, spiace, politico). Ma invece così è tanto più facile. Almeno quanto lo è sostenere che – se si scrivono in un testo parole incomprensibili – è il pubblico ignorante che non le sa capire e interpretare.


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