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"Fu allora che mi misi a secernere materiale calcareo"

Creato il 03 luglio 2012 da Stimadidanno
Fu allora che mi misi a secernere materiale calcareo. Volevo fare qualcosa che marcasse la mia presenza in modo inequivocabile, che la difendesse, questa mia presenza individuale, dalla labilità indifferenziata di tutto il resto. Ora è inutile che cerchi di spiegare accumulando parole la novità di questa mia intenzione, già la prima parola che ho detto basta e avanza: fare, volevo fare, e considerando che non avevo mai fatto nulla né pensato che si potesse fare nulla, questo era già un grande avvenimento. Così incominciai a fare la prima cosa che mi venne, ed era una conchiglia. Dal margine di quel mantello carnoso che avevo sul corpo, mediante certe ghiandole, cominciai a buttar fuori secrezioni che prendevano una curvatura tutto in giro, fino a coprirmi d’uno scudo duro e variegato, scabroso di fuori e liscio e lucido dentro. Naturalmente io non avevo modo di controllare che forma aveva quello che stavo facendo: stavo lì sempre accoccolato su me stesso, zitto e tardo, e secernevo. Continuai anche dopo che la conchiglia mi aveva ricoperto tutto il corpo, e così cominciai un altro giro, insomma mi veniva una conchiglia di quelle tutte attorcigliate a spirale, che voi a vederle credete siano tanto difficili da fare invece basta insistere e buttar fuori pian pianino materiale sempre lo stesso senza interruzione, e crescono così un giro dopo l’altro.
Dal momento che ci fu, questa conchiglia fu anche un luogo necessario e indispensabile per starci dentro, una difesa per la mia sopravvivenza che guai se non me la fossi fatta, ma intanto che la facevo non mi veniva mica di farla perché mi serviva, ma al contrario come a uno gli viene di fare un’esclamazione che potrebbe benissimo anche non fare eppure la fa, come uno che dice “bah!” oppure “mah!”, così io facevo la conchiglia, cioé solo per esprimermi. E in questo esprimermi ci mettevo tutti i pensieri che avevo per quella là, lo sfogo della rabbia che mi faceva, il modo amoroso di pensarla, la volontà di essere per lei, d’essere io che fossi io, e per lei che fosse lei, e l’amore per me stesso che mettevo nell’amore per lei, tutte le cose che potevano essere dette soltanto in quel guscio di conchiglia avvitato a spirale.
(da I. Calvino, “La spirale”, in Le Cosmicomiche)

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