13 MAGGIO – Sembra di essere tornati indietro di settant’anni o più, a quando i nostri antenati facevano fagotto e andavano all’estero in cerca di fortuna. Ora, dopo anni di promesse di cambiamento puntualmente mancate, siamo tornati quasi allo stesso punto. Ma ad emigrare adesso sono i ragazzi, spesso con un 110 e lode in tasca raggiunto al termine dell’Università e con la speranza di trovare altrove ciò che l’Italia non sa più offrire: la possibilità di un impiego dignitoso.
Si stima che nel 2012 siano aumentati i giovani partiti dall’Italia alla volta di altri Paesi europei -soprattutto Germania, Svizzera e Gran Bretagna- o verso Stati Uniti, Canada, Cina e Australia. Non per semplice gusto del viaggio, ma per necessità.
L’Anagrafe della popolazione italiana residente all’Estero -Aire- segnala come negli ultimi dodici mesi ci sia stato un incremento del 30% delle richieste di spostare la propria residenza al di fuori dell’Italia. Dal Veneto si registrano 7456 spostamenti, superati solo dalla Lombardia dove arrivano a quota 13156. Ai fini del conteggio effettivo, bisogna tuttavia tener conto anche delle stime che considerano chi lavora all’estero pur non avendo ancora effettuato il cambio di residenza. Proprio secondo questi dati sarebbero complessivamente 130.000 i Veneti di età compresa tra i 20 e i 40 anni stabilitisi all’estero per lavoro, seppur non tutti con l’intenzione di restarvi o incerti sul da farsi.
Si tratta di persone forti di una buona istruzione, che il mercato del lavoro italiano ha letteralmente costretto alla fuga. Questo perché, dopo anni passati a studiare all’Università per arricchire le proprie competenze, ancora non hanno trovato una collocazione dignitosa nel mondo del lavoro. Dignitosa, non privilegiata.L’Italia è il Paese con più offerte di stage non retribuito e con il maggior numero di precari d’Europa -peggio di noi solo Spagna e Portogallo-, senza contare l’impennata della disoccupazione negli ultimi mesi, che sta mettendo a dura prova i bilanci delle singole famiglie. La fuga di cervelli verso l’estero non è quindi un semplice capriccio quanto piuttosto una triste realtà, che evidenzia come l’economia italiana vada incontro ad un inaridimento senza ritorno.
Silvia Dal Maso
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