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Giampaolo De Pietro - Se i fantasmi vengono dalle statue

Da Ellisse

Gianpaolo De Pie Giampaolo De Pietro - Se i fantasmi vengono dalle statue tro - Se i fantasmi vengono dalle statue - Collana Isola, San Benedetto del Tronto, 2015

Vale la pena parlare di un libriccino, edito da una minuscola editrice, e un libriccino poi di poesia, figuriamoci, un genere letterario minore? Certo che sì, è un libriccino bellino - composto in pratica da sei pagine di versi di Giampaolo De Pietro e sei disegni di Rossana Taormina - dall'aria artigianale, tra l' hand made e il ciclostile, rigorosamente in bianco e nero profondi, totali.

Giampaolo De Pietro è già stato , in passato, con dei testi che hanno suscitato interesse e qualche blanda discussione, molto più di quanto avvenga ormai sui blog. Poi la sua presenza in rete si è moltiplicata, basta dare un'occhiata a Google, ma in quelle poesie già appariva una certa qual propensione allo scandaglio del linguaggio e dei suoi retroscena, accompagnato da un che di irridente, di "raggirante" che lascia nel lettore qualche stimolante interrogativo. In questi testi lo stile di De Pietro, pur mantenendo una complessiva "leggerezza invidiabile" (secondo Nadia Agustoni) e una "delicatezza snodata" (secondo Cristina Annino) ha forse perso un po' della sua identità, passando da componimenti sintetici, impressivi ed esaurienti in sé che avevano trovato forse il loro meglio in "Abbonato al programma delle nuvole" (ed. Arcolaio, 2013) ad una litania alla ricerca di una origine, seguendo un percorso però affidato tanto al caso quanto alla abilità selettiva e combinatoria dell'autore. Ricerca di una origine, ripeto, forse di un mito, non di una originalità, che credo in questo contesto non servisse perseguire. Si tratta in sostanza del poemetto dell'ontogenesi di qualcosa, poi vedremo di capire cosa, che pro-viene, anzi meglio per-viene, passa attraverso soprattutto il tempo, crea legami reali o fantastici, nessi fisici o metafisici, costruisce una rete (una delle reti possibili poiché questa ontogenesi è replicabile) di un mondo sostenibile, anche artisticamente. In fondo, ci dice Giampaolo, un mondo poetico che ciascuno si può costruire, stabilendo associazioni, come se si desse (o si desse di nuovo) un nome nuovo alle cose. Che "vengono da": è questo il sintagma ripetuto con variazioni una ottantina di volte nel corpo del testo, che stabilisce una serie di cause/effetti non necessariamente consequenziali, non un albero genealogico di biblica memoria ("A Enoch nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò Metusaèl e Metusaèl generò Lamech". Genesi 4,18). ma semmai una speciazione, una ramificazione di presenze oggettive, di (poeticamente) probabili parentele, per quanto esse possano essere combattute tra l'immaterialità di un fantasma e la durezza impenetrabile ma altrettanto enigmatica di una statua. Potremmo quindi dire, conoscendo l'interesse di Giampaolo per l'immagine non meramente realistica, che è quasi la stampa a contatto di un meccanismo poietico, di uno dei modi di fare poesia lasciando che il linguaggio segua dei percorsi quasi onirici, condensati, traversi e per ciò stessi veri, che scorga qualcosa come nella fovea dell'occhio. Ecco perciò che la polvere viene dal libro, la carta dall'aria, l'alfabeto dall'ulivo, il bianco viene dall'occhio e l'occhio dal buco nero, la casa viene dal germoglio...e così via. Fino a Dio, naturalmente. A Dio da cui tutto proviene, nella poetica di Giampaolo compete il maggior numero di "provenienze", di legami (ma del resto secondo la Qabbalah Dio ha settantadue bellissimi nomi). Segno di una sostanza umana, di un riflesso, di una proiezione. Forse di un logos. Forse di un mythos. Forse...

E allora, cos'è questo qualcosa di cui si diceva prima, della cui ricerca questo poemetto forse è un episodio? Ma un linguaggio, che altro?, quello che in molti, moltissimi stanno cercando dopo aver verificato un limite, anzi una impossibilità a dire della poesia, vera o ipotizzata, dopo la messa in mora della lirica e la ricerca di forme e modalità che nessuna avanguardia ha portato a compimento: il tentativo di riempire un vuoto, una afasia, anche in modo parziale se vogliamo, lo sforzo di restaurare (in senso etico/estetico) questo vuoto, di riempirlo di parole, di "inventare" il poetico dall'ordinario, "sverniciando" nel contempo la scrittura da ogni residuo formale che possa richiamare un déjà vu e andando inesorabilmente verso una resa prosastica. Cosa che, insieme ai suoi limiti, ha senz'altro i suoi motivi di interesse. Al di là di questo discorso generale, resta fondamentale a mio avviso (ma in questo Giampaolo non ha certo bisogno di suggerimenti) avere ben chiaro che cosa si vuole dire al lettore.

Il vento viene dal mare.
La corrente dal fuoco.
E anche il sole, sia chiaro, passa per una corrente di luna spenta.
Il calmo viene dal palmo. Il campo dal fondo.
Il giardino viene dal mantello.
Il mantello dal nudo.
Il silenzio viene da accanto. (ascoltando ascoltando...)
Accanto viene il bene.
Il profilo viene da casa. (Il profilo di una casa, viene da Martina)
Istinto viene ogni tanto.
Il sesso viene ascoltando.

Ottobre viene da Lennon, per me.
L'anno 1978 viene dalla bandiera arcobaleno.
Lo scoprire viene appena.
Prima viene alla scoperta.
Freccia viene da precipizio.
Precipitare da scoccare, allora?
Città viene da invenzione.
Invenzione da natura.
La sera viene dal sospiro.
Il dare viene dalla teiera.
Il corpo viene dalla chiocciola.
L'uomo dalla lucciola.

Il Pensare, venisse dal cinguettio sarebbe uno
strumento a corde e fiato che scorderebbe solo dio?
Dio viene da racconto, da musicalmente, da
raccolto da sempre, da molto, dal più grande
silenzio, da ogni altro posto, da ogni altro nome
proprio, dal comune di chiunque, da una strada
sterrata, da ogni via di mezzo, da uno stare a
braccetto, da un parere qualsiasi, da un'ipotesi
non accompagnata, da prova effettiva, dal termine
inesistente, da esistente inesistenza partendo da
prova contraria fino al confine con prova confutata,
da colore comprovato al nero, viene dal bianco. Un
felice dio camminatore. Che si prende le infezioni.
Dio viene da un insetto,
insetto proveniente dalle regioni in cui risiede la ragione.
La faccia viene dalla lacrima.
Le teste degli alberi vengono dal piantare.
Le teorie vengono dai palazzi azzurri.
I palazzi azzurri vengono da due spalle di Virginia Woolf.

Giampaolo De Pietro - Se i fantasmi vengono dalle statue


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