Magazine Poesie

Gino Scartaghiande - da Sonetti d'amore per King Kong

Da Ellisse
Gino ScartaghiandeAlcuni giorni fa qualcuno su Facebook si chiedeva (e chiedeva in giro) che fine avesse fatto Gino Scartaghiande. Non ne ho la minima idea, ma ecco intanto qualche poesia tratta da "Sonetti d'amore per King Kong", un libro che risale al 1977, uscito per volontà di Elio Pagliarani presso la Cooperativa Scrittori, testi "accompagnati da una bella prefazione di Renzo Paris che li presenta come «poesia filosofica, che ritrova il giudizio, anche sprezzante, nei confronti del mondo degli oggetti e delle persone, un giudizio di natura espressionistica e lirica insieme». La filosofia è anche quella del concreto, ma si confonde fra l'alto e il basso. La certezza è che «non potremo uscire, non potremoentrare; il verbo essere è tutto / un maledetto imbroglio». Ma è proprio nella terza e conclusiva parte del poemetto, così aerea e rasserenata, l'esito di una salvezza perentoriamente affermata con la presenza, non citazionista, di due terzine dal Paradiso di Dante. È qui, tutto sommato, che l'esperienza trova la sua vera ricomposizione e, se si pensa che il poemetto è scritto nel 1974, come mi dice l'autore stesso, che quel modo di «aggrapparsi» a Dante fu senz'altro profetico di quella che sarebbe poi stata la ricerca poetica sua e dei compagni di viaggio di «Braci».."(*). Altre cose, insieme a una nota di Stefano Guglielmin, le trovate QUI.  Altre ancora QUI , tra cui l'importante poemetto in tre parti "Il nome", il testo di esordio di Scartaghiande, apparso sul n. 10-11 del gennaio 1977 di "Periodo ipotetico" e presentato da Elio Pagliarani, direttore della rivista, come "la rivelazione di questo numero".

GINO SCARTAGHIANDE è nato a Cava dei Tirreni (Salerno) nel 1951 ed ha studiato presso ''La Sapienza'' di Roma, dove attualmente (?) risiede. Ha pubblicato due libri di poesia, Sonetti d'amore per King Kong - Cooperativa Scrittori - Roma 1977 e Bambù (questioni di provincia) - Rotundo - Roma 1988. Tra i due testi, undici anni di distanza e una scrittura sempre a fuoco, eppure focalizzata intorno a un centro espressivo ben differente. Esemplare in tal senso la dichiarazione posta nelle prime pagine di Bambù: ''Prima di ciò / avevo la facilità / d'esserci. / Ora è come / da una finestra a metà /senza differenza ma doverosa. '' Il silenzio in cui Scartaghiande sembra essersi chiuso conferma quest'impressione di difficoltà dolorosa e necessaria: ''Io non ho mai / incominciato a dire. / Se non la vanità. / Io attendo una grazia e solo questo / mi sento di dare. '' Per i commenti critici si veda E. Pagliarani - ''Periodo ipotetico'' n° 10/11 - G. Sica ''Avanti!'' - 13/02/77 - A. Giuliani - ''La Repubblica'' - 23/04/77 - F. Cordelli - ''Il poeta postumo'' - Lerici - Roma 1978 - A. Zanzotto - ''Corriere della sera'' - 07/06/96 - S. Caltabellotta - dall'antologia ''Ci sono fiori che fioriscono al buio'' - Frassinelli 1977  - (*) Flavia Giacomozzi - "Campo di battaglia, poeti a Roma negli anni ottanta (antologia di "Prato pagano" e "Braci"), con intro di Gabriella Sica, Castelvecchi 2005 (Fonte: Kult underground, con variazioni e aggiunte mie).

Foto di Dino Ignani (fonte: http://poesiadelmondongo.blogspot.it/2010/09/gino-scartaghiande.html) © Dino Ignani - tutti i diritti riservati


É immobile
La polvere si è accumulata.
Una mano sottomessa all’osso
e alle intemperie. Non farmi
male se vieni ad amarmi
stanotte.
Quello sfumare di colori
nel rettangolo di cielo
alla finestra. Il rosso
vicino quanto la stella.
Ma se davvero, come dici,
il pesco fiorisce nei
tuoi inverni, allora
penetrami più forte che puoi.
La notte d’antenne.
Primo notiziario da ieri mattina
Quale la tua ora dove
dormi? Hai ricordi di spazi?
Quest’ora questo spazio
ti presagisce come suo signore.
Caro mostro ristretto
al più ampio. Incamminati
insieme verso l’anfora
che gli universi serrano
nel loro fondo blu.
A portare il miele
raccolto tra una stella e l’altra.
Io sarò per te la più
avventurosa prostituta.
In verità già ieri mattina
la mia casa sorrideva
d’universi bambini. Ma quale
la tua ora dove dormi? Hai
ricordi di spazi?

Il mostro semantico; appunti

Solo per te le parole salgono
dal bianco al bianco. Non è
stato tralasciato nulla.
Nemmeno il tuo pianto
di mostro; sei triste stasera,
sai cosa significa?
Questa prima erba che
ti spunta sulle palpebre.
Ci sono vari gradi d’oscurità
e mi culli tra un pianeta e l’altro.
Sono fumose identità
Era ancora un'identità fumosa.
La pelle per esempio: scaglie
verdi, lucertole. Il genoma,
questa puttana perseverante
(sui marciapiedi di quale
cellula?)
Mai avrebbe smesso. Ma io
t'amo King Kong. Sconoscenza
altrettanto brutale del
pendolo galileiano.
Vieni con la narice dilatata.
Come un altro verbo in codice
tra il grattacielo e
l'elettrocardiogramma.
Ma io t'amo. Tu m'ami.
Mi baci, mi penetri,
penetro in te. Antimateria
ancora più violenta del corpo.
Come l'angelo coprofago
che rincorre la sintesi.
Ci sono vecchi che dormono
Mi fanno ridere gli oceani
coi loro fondali verdi.
Prego di non andartene.
Hai visto non sono proprio
io, ma il più ampio anfratto
dell'universo per riceverti.
Le stelle del tuo sperma
scoppiano dentro di me,
nessuno di noi due
è l'uno o l'altro.
Ci sono vecchi che dormono
alla stazione, per terra.
Che almeno
Aiuta le parole ad andarsene.
Senso. Non senso.
Ma non è proprio vero. É
una questione disinteressante.
É la coercizione di duemila
anni di letteratura. Ma
non è proprio che
le cose mai pensate si
mettessero a tremare così
è successo che almeno
si incomincia a balbettare
dopo il silenzio delle parole
e il male atroce fattoci
sempre a proposito di quei sensi
perché la parola guerra
ha fucili che uccidono
davvero e anche
Aiuta le parole ad andarsene.
Puzzeruola
La frattura allo specchio.
E' curioso il mignolo visto
l'altra sera. Curiosa la
testa. Rieccomi con un.
Stavo appunto prendendo
il tè alle cinque.
Geiger, come un geiger
in perlustrazione nei tuoi
cordoni germinali. Cerco
primavera quando l'atomo
si spoglia e poi rivestendosi.
In memoria
Nella trasposizione
diventerà monotono
anche il nostro amore.
Ho segnato con una X
le piste della memoria,
ora che il tempo della
scomparsa è arrivato.
Sembra. Annego in
relativo, un enzima all'
occhiello. Un enzima verde.
Che proprio io
Mi appiccico a te. Vado
in metamorfosi tra un fuso
e l'altro brani d'eternità
incomprensibili discorsi
chissà che belle
cose si potrebbero.
Non divorarmi. Mangiami con
calma. Rovi del tuo esofago
dove i secoli rifiutati
occhieggiano come.
Non esiste il cesso
dove potrai liberarti
di me. Non sei sicuro che
proprio io non t'abbia
già vomitato?
Mia altra compenetrazione.
Paragrafo
Vorranno assassinarci.
Ma non ci prenderanno.
Abbiamo lasciato i pianeti
da tempo. Sono ciechi.
Mio caro e schifoso
amore vogliamo ora
in un estremo atto d’
indifferenza lasciare
ad essi la vita
con tutte le sue unghie.
Appena all’inizio
Cara sconoscenza caro essere
disvitale caro disamore
plasmi tutta la materia di cui
sono fatto. Caro Kong mio re
e mio suddito. Caro possesso
dove ci si disperde. É appena
l’inizio di un tempo altro.
Gli uomini fanno ogni giorno la stessa cosa
Come procede da dietro
dal buio. Forse dalla
luce ma dal buio per me.
Chissà dove sono morto
oggi, in quale parola
detta a chi mi sto
decomponendo.
Come smarrito su di una strada.
La notte e la pioggia
mi slabbrano la persona.
Ogni giorno ama ripetersi.
I due tempi della poesia
Vedi le rose fiorire.
Rubale. Sali sui muri
e rubale.
Verso i nove anni
in un boschetto di
gelsomini masturbavi
ragazzi. Immagini
del sesso. Cronistoria
di un sarcofago
trasportato da Parigi
a Catania. Vincenzino
si masturba nella
tomba e tu cogli
rose, rosa casta diva
come la spina e il
petalo benvenuta sia
la materia dialettica.
La generosissima cotica del maiale
Se con un coperchio d'alluminio
hai sigillato l'occhio e dentro
vi conservi un'acqua se alzando
il coperchio fuoriesce un rospo
verde poiché il diavolo non fa
le pentole in questo caso ricordo
mio caro Kong la saporitissima
pasta e fagioli che preparasti
all'uso meridionale e bevemmo
molto vino in ossequio alla più
geniale poesia generoso maiale
per trascorrere inverni stupendi.
Notte
Ora vogliamo essere
poeta d'infimo ordine
creatore di minuzie.
Preferiamo la noncuranza.
Scendono vecchi zoppi
e musulmani i gradini
su entrambe le
sponde teverine; è il cuore
di un'oscura notte piovigginosa.
Io li vedo tra un pompino
e l'altro. Essi guardano
masturbandosi di gelosia,
insieme necessari al rituale
orgiastico. Mie dolcissime mani
custodite e rallegrate la loro
ricerca sacrale. Se necessario
sgrammaticheremo anche gli
elementi. Assolutamente il
falso detto alle tre di notte.
Il conto delle sere
Son contento che stai bene.
In quanto a me, mi rapisce
a tratti alterni. Ieri mattina
mi piacquero molto gli occhi
di un ragazzo. Non ti va più
di parlare, lo so. È strano almeno,
non ti sento. Siamo diventati
più reticenti entrambi.
Non mi urli più nell'animo, né io
alzo la voce contro di te.
Che cosa ancora, quale altra
intromissione dovremo accettare?
L'accetteremo?
Erano belli i nostri discorsi
di una volta. Io ti amo.
O mio Kong, mio re dell'isola
sperduta, mio occhio io ti amo.
L'immagine
Dovrai darmi un nome. Tutto ciò
qui fatto non mi interessa, continuerò
ad ucciderti, a scriverti e riscriverti.
L'immagine è l'universo delle nostre fughe,
è l'escrescenza terrestre con viali d'alberi,
uomini, formiche. Io devo cullarti ancora parola
a venire, devo santificare i tuoi cimiteri
e cercarti con più ardore, te menzogna, te
falsità. Io dovrò darti e darmi pace; ti
aspetto da un momento all'altro, non so
nemmeno se mi allontano o mi avvicino;
perché farmi paura perché non farmene.
Perché l’ultimo?
Che cosa rotta. Spezzata la creta.
Ne avremo cura un’altra volta,
badate a che il primo violino
non ci sfugga. Un soffio tra
la guancia e l’occipitale.
Tutti gli universi non possono
bastare. Questo è assiomatico.
Ricreare è la nostra condanna.
Ed è l’ultimo dei sonetti d’amore.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines