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Gli opinionisti

Creato il 29 giugno 2013 da Giuseppeg
GLI OPINIONISTI “Papà, chi sono quei signori lì riuniti?”, chiede il bambino incollato allo schermo. “Quelli, figliolo, sono gli opinionisti”. “E cosa fanno, gli opinionisti?” “Non lo vedi? Sono tutti seduti intorno al giornalista, e ognuno non vede l’ora di prendere la parola” “E cosa dicono?” “Oh, dicono tante cose! Si intendono un po’ di tutto, sai?”. Che cosa vuol dire essere opinionista?”. “Bè, essere opinionista vuol dire avere delle opinioni. Li vedi, quei signori lì? Ebbene, loro hanno tutti delle opinioni”, dichiara il papà, con aria solenne.
“Davvero?!”, strabuzza gli occhi il bambino, un paio d’occhi piccoli e arrossati. “E come si fa, ad avere opinioni?”. “Ma è molto facile, figlio mio! Basta averla diversa dagli altri”. Il bambino resta un po’ a pensarci su, poi fa: “Ma perché dobbiamo sapere le loro opinioni? È importante sapere le loro opinioni?”. “Certo che lo è”, ribatte il padre. “Senza le loro opinioni, come facciamo a sapere le cose?”. “Ma per sapere le cose, a cosa servono le opinioni? Non si potrebbe conoscerle e basta?”. “Eh no, caro figliolo!”, sbotta il padre, che comincia un po’ a irritarsi. “Come facciamo a sapere le cose, se non ci vengono spiegate? Cosa ne sai se una cosa è bella o brutta, se fa bene o se fa male? Soprattutto le cose lontane, quelle per cui non abbiamo la testa!”. “Ma tu, papà, non ce l’hai un’opinione?” “Io?! E cosa c’entro io? Mica è il mio mestiere, avere opinioni! Per fortuna ci pensano loro! Loro sono pagati, lo sai, per averne! È il loro mestiere. Sono specializzati nell’avere opinioni; hanno pure dei corsi e dei master, con attestato e tutto il resto!”. “Ah, ho capito”, risponde il bambino. In realtà non ci ha capito un bel nulla, però nota che il padre sta diventando intrattabile. Decide allora di giocarsi l’ultima carta. “Un’ultima domanda, papà, e poi ti lascio stare. A chi è che dobbiamo credere, se tanto non sappiamo le cose, e se ognuno dice l’opposto del’altro?” Il  padre ci pensa un secondo, sempre più imbarazzato. Alla fine gli dice: “È una questione di fede, figlio mio”, e congiunge le mani come se pregasse. “Bisogna credere e basta. Cosa vuoi fare? Credi al più bello, oppure al più simpatico. Oppure, sai che fai? Lo tiri a sorte! Una sera credi a questo, e una sera credi a quello”. Prima che il bambino possa replicare un’altra volta, il padre è già sgattaiolato dalla stanza. “Pazienza”, si dice il bambino. Quindi spegne la TV perché è già tardi. 

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