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Grey Cubes – Il clone che non ti aspetti

Da Videogiochi @ZGiochi
di Martina "Ryot4" Fargnoli

Era il 1976 quando Breakout venne pubblicato da Atari, famoso titolo che vedeva il giocatore alle prese con un muro da distruggere a colpi di palline. Dieci anni più tardi, Taito realizzò un clone con alcune differenze che rendevano il gameplay più effervescente: Arkanoid. Ancora oggi impazzano cloni di ogni tipo, complice una formula semplice ed avvincente di un gioco che ha fatto la storia. Si può incorrere in casi di assoluta pigrizia, ma non mancano sviluppatori che a distanza di 38 anni provano a dare un tocco diverso a questa tipologia di gioco arcade. Grey Cubes, a modo suo, ricade nella seconda categoria. Scopriamo perché.

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Quando la fisica incontra Breakout

Le differenze più immediate che saltano all’occhio riguardano la visuale dall’alto e un aspetto 3D. Mentre l’occhio sembra osservare il campo di gioco dalla superficie più alta di un grosso cubo o di una scatola, i muri da distruggere sono in realtà a loro volta cubi o parallelepipedi dotati di uno spessore, un peso, e ombre riflesse sul pavimento. L’altro aspetto è che ogni elemento risponde alle leggi della fisica. A differenza dei classici, gli oggetti da colpire non sono ancorati al pavimento, anzi in base alla loro massa e alla forza con cui vengono colpiti si disperderanno nel rettangolo in cui sono contenuti. Nei 60 livelli che compongono l’offerta, gli scenari proposti si differenziano l’uno dall’altro e non mancano effetti sorpresa. Non solo i cubetti non sono tutti uguali (ce ne sono di esplosivi, alcuni avranno dimensioni diverse o richiederanno un numero maggiore di colpi per essere distrutti), ma è l’intero livello spesso e volentieri a prendere vita e rendere più imprevedibile la partita. I cubi possono essere lanciati dall’alto, possono ergersi colonne dal pavimento, i separatori possono muoversi a tempo, le pareti possono essere elastiche e far rimbalzare la pallina più velocemente, o possono ospitare pulsanti che rilasciano altre serie di oggetti da annientare. Addirittura possiamo trovarci di fronte al nulla che piano piano lascia materializzare cubetti al passaggio della pallina. In un livello, il pavimento formato da piastrelle quadrate si alzava e si abbassava progressivamente facendo rimbalzare o passare liberamente la pallina tra i dislivelli che si venivano a creare. In un altro ancora dei portali bianchi catturavano la pallina e la rilasciavano dalla parte opposta mentre noi dovevamo controllare la pallina tramite due piattaforme, una in basso e una rivolta al contrario nella parte superiore dello schermo. Nonostante tutte queste caratteristiche però i livelli si completano con una disarmante velocità e facilità; l’unico motivo per ritornarci è dato dal voler migliorare il proprio punteggio. Nel caso si dovessero perdere tutte e cinque le vite, il gioco dà la possibilità di continuare la campagna con altre cinque sacrificando 20.000 punti dal vostro highscore momentaneo. Considerato il prezzo, 60 livelli sono un’offerta più che buona.

In fin dei conti la struttura di base resta quella di un Arkanoid: impedire che la pallina cada e distruggere tutti gli elementi su schermo; power-up, dai classici sdoppiamenti di palline a scariche elettriche che danneggiano nel tempo i blocchi a cui si avvicinano; effetti negativi come il rimpicciolimento della pallina o il restringimento della piattaforma respingente. I comandi sono precisi, basta posizionare il dito nella parte inferiore e lasciarlo scorrere a destra e sinistra per guidare la piattaforma ricurva che fa a ping pong con i blocchi. Qualche difficoltà si può incontrare su iPad se lo si dispone in orizzontale perché il gioco si estenderà per tutta la sua lunghezza. Diventa più difficile muoversi tempestivamente in uno spazio così grande, motivo per il quale abbiamo preferito giocare il titolo tenendo il dispositivo in verticale, sacrificando talvolta la resa grafica di alcuni livelli. Su iPad Mini impostando la qualità grafica massima si sono notati dei rallentamenti che potrebbero risultare fastidiosi e pregiudicare la performance. Anche in questo caso per completare il gioco si è scelto di giocarlo ad una qualità leggermente più bassa. La differenza visiva tra le due impostazioni si ha nell’impatto delle ombre e delle luci dinamiche, che influiscono leggermente sui colori e sulle animazioni. Il titolo in realtà come suggerisce il nome non è caratterizzato da colori così vivi, anzi è un mondo piuttosto asettico il cui colore predominante è il grigio.

Grey Cubes – Il clone che non ti aspetti


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