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Gridate di più…

Creato il 31 gennaio 2014 da Indian

Lezioni condivise 85 – Vita d’un uomo

Ha ragione Moni Ovadia, l’olocausto è stato un crimine universale, non contro un solo popolo, sebbene il popolo ebraico ne abbia subito le conseguenze più gravi e palesi. Ogni giorno è buono per ricordare questo crimine, ma la giornata della Memoria, serve soprattutto per ricordare la shoah agli smemorati, a chi tende a rimuovere, oltre che alle nuove generazioni, perché sappiano…

La Memoria, che serve per scongiurare il ripetersi di simili sciagure, deve comprendere tutte le shoah perpetrate da alcuni stati per sopprimere altri popoli, spesso fratelli; penso al dramma degli armeni, dei palestinesi, dei nativi americani, dei curdi e di tutti i popoli senza terra e senza autodeterminazione. La Memoria non può distinguere tra strage e strage, o peggio strumentalizzarla per altri fini.

La peggiore cosa che possa fare un popolo perseguitato è perseguitare a sua volta; ritenere che gli eredi di un sterminio possano aver acquisito patenti di inesauribile martirio e commettere ogni sorta di nefandezza. Insomma, se è tra le peggiori affermazioni nazi-fasciste la frase pronunciata nel 1869 al Congresso americano dal deputato James Cavanaugh “Io non ho mai visto in vita mia un indiano buono…tranne quando ho visto un indiano morto”, non è vero neppure il contrario, cioè non esistono popoli buoni e popoli cattivi tout court, esistono persone eccellenti e persone malvagie, con tante vie di mezzo.

Fatta questa importante precisazione, visto che i padroni della terra e della guerra decidono a loro piacimento quali sono gli eccidi da esecrare e quelli di cui far finta di nulla, mi chiedo senza soluzione, come possa aver fatto il poeta Ungaretti, così coinvolto moralmente con un regime spregevole come quello fascista, a non pronunciare una parola di scusa o di ripudio per la sua contiguità al regime. L’unico suo atto attinente peggiora addirittura la situazione perché, come altri ancora oggi, cercò di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici. Non gridate più…Invece occorre gridare di più contro le dittature di ogni natura (anche economica), la violenza, il liberticidio e l’ingiustizia. Ho già affrontato l’argomento e devo ribadire che questa sorta di negazionismo e intorbidamento della verità, è per certi versi conforme ad altri comportamenti di Ungaretti, poco autocritico e obiettivo, egocentrico e indisponibile a fare scelte coraggiose e conseguenti a certi versi sulla guerra, di modo che, senza quelle, essi appaiono come di un fastidio privato, personale.

La ventura di averlo studiato a fondo, non è negativa in se, serve a poter essere critici e a leggere come dovuto tesi decontestualizzate che lo vedono poeta contro la guerra, è eccessivo; è stato piuttosto contro la sua guerra e non ha condannato la seconda guerra mondiale, non può venire a dire “Non gridate più”, urliamo eccome contro il fascismo che è stato e contro i fascismi vigenti.

Egli certamente non è un esempio da indicare ai ragazzi, e sinceramente sarebbe stato più interessante studiare a fondo un Saba, un Quasimodo, al più un Montale… Questi non aderì al fascismo, se ne stette buono, è stato sincero; meno accettabile è che di un comportamento passivo, non dico ci si vanti, ma che si faccia passare come se una cosa valesse l’altra e non bisogna mai dare questa impressione specie quando si è personaggi pubblici.

Impossibile pertanto separare la vita reale dalla poesia.

La summa di tutta la poesia di Ungaretti, che almeno non ha avuto anche il demerito di fare nei versi l’apologia del regime, è raccolta nell’opera Vita d’un uomo, pubblicato nel 1969. Gli 82 anni di vita gli hanno dato la possibilità di essere critico di se stesso sotto il profilo letterario, condusse in radio la trasmissione “Ungaretti commentato da Ungaretti” e non disdegnò di apparire in tv.

La logica di Vita d’un uomo porta a concludere che tutte le sue sillogi prefigurassero quest’opera unica, fin dal 1914. In essa è inglobata la sua vita, i suoi cambiamenti stilistici, le tante modifiche alle sue opere, rese con il tempo sempre più minimaliste. (continua…)

(Letteratura italiana moderna e contemporanea – 7.3.1997) MP

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