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Grow Home – Quando non è la scimmia a salire, ci pensa il robot

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Buffo come in quel di Ubisoft tra i titoli di recente memoria siano stati i cosiddetti tripla A ad alzare un polverone interminabile, mentre le produzioni “di nicchia” si sono rivelate delle esperienze di gran lunga più godibili, riscuotendo il meritato successo, pur passando in sordina agli occhi delle masse. Ai tanto pompati Watch_Dogs, Assassin’s Creed Unity, Far Cry 4 e The Crew si contrappongono infatti produzioni come Child of Light, Valiant Hearts: The Great War, e l’ancora più modesto Grow Home, sviluppato da un piccolo team interno della casa francese, rilasciato da poco su Steam. Che cos’è Grow Home? Grow Home è la risposta al trend che il gaming contemporaneo sembra essersi imposto per venire incontro alle esigenze dell’utenza “hardcore” moderna, non più soddisfatta da un gameplay avvolgente o dal divertimento che ne scaturisce, che pretende di essere schiacciata da atmosfere seriose, montagne di obiettivi o poligoni buttati su schermo alla rinfusa, ed emozioni immediate, spicciole quasi, il classico “tutto fumo, niente arrosto”, detto che descrive perfettamente molti dei blockbuster degli ultimi anni. Grow Home rema dunque controcorrente, proponendo una spensierata avventura dai toni pacati a cavallo di una colossale pianta di fagioli aliena alla volta di una fiabesca landa sospesa liberamente esplorabile, impreziosito da delle meccaniche simil-platform intuitive e immediate, scevre di tappe fisse o quant’altro possa minare l’assoluta libertà di chi impugna il pad; un’infrastruttura insomma pienamente succube del videogiocatore, che nonostante una formula minimale, anche in virtù del costo contenuto, è riuscita a farci trascorrere svariate ore all’insegna del puro piacere ludico come capita raramente oggigiorno. Perché Grow Home è un titolo che punta in alto, letteralmente…

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QUESTA è LA FRATTA CHE PERFORERà I CIELI!

In Grow Home impersoneremo BUD, un piccolo robot esperto di giardinaggio, incaricato dall’IA della sua astronave di far crescere la Star Plant del pianeta locale, enormi arbusti in grado di espandersi ad una velocità impressionante se irrorati di sostanze nutritive, fino alla stratosfera, così da vederla sbocciare e poterne studiare i semi. Perché lo fa? E per conto di chi? Questo non ci interessa, e di certo la cosa non tange neanche lui; tutto quello di cui dovremo preoccuparci sarà adocchiare quella mostruosità botanica e guidarla verso la volta stellata, mansione che potremo svolgere sin dal burrascoso atterraggio, giusto il tempo di prendere confidenza con i controlli e le stazioni di teletrasporto per spostarsi rapidamente da un settore all’altro dell’astro. La principale abilità di BUD consiste nel potersi aggrappare praticamente a qualunque superficie utilizzando le sue minute chele; queste gli consentono di scalare pareti verticali, afferrare bordi in caso di caduta, e persino appendersi ai soffitti, siano rocce, cactus, funghi giganti, o la stessa Star Plant, i cui fiori ai lati del tronco una volta raggiunti possono essere “cavalcati” dal protagonista, che mettendo a frutto le sue doti di droide dal pollice verde può farli estendere per decine di metri, e manovrarli come meglio crede (Nah, niente leggi fisiche a rovinarvi la festa). Questa interessante soluzione permette di ampliare e contorcere l’area di gioco potenzialmente all’infinito (visto che entro un certo raggio dal ramo proteso spunteranno nuovi fiori, analogamente “sparabili”), ma soprattutto di ancorare il fusto centrale ai giacimenti di concime naturale nelle vicinanze; basta mandarci a schiantare un viticcio, ed ecco che lo Star Plant come per magia comincerà a ergersi vertiginosamente.

L’essenza di Grow Home è tutta qui, racchiusa in questo eden in miniatura; nel corso delle 3-4 ore necessarie per completare la nostra unica missione potremo tranquillamente fare a meno di schiodarci dalla Star Plant, saltando di fiore in fiore sino alla meta, ma sfidiamo chiunque a restare impassibile di fronte all’ispiratissimo level design, dai colori sgargianti e uno stile “low poly” che fa tanto anni ’90. Il corposo overworld, attorno cui si fa strada la nostra delicata piantina formato kaiju, si sviluppa prevalentemente in verticale: partendo dalla placida isola iniziale, ad ogni tappa incontreremo un piccolo continente sospeso in vece di checkpoint, ognuno caratterizzato da un peculiare bioma, e a scandirli lungo il cammino numerosi isolotti fluttuanti; possiamo ignorarli, farci un’allegra scampagnata a caccia di segreti, rovistarli da cima a fondo, o ancora collegarli alla Star Plant, creando una fitta rete verde che unisce le radici ad ogni lenzuolo di terra visibile ad occhio nudo, accentuando la piacevole illusione che sia il giocatore stesso a costruire passo dopo passo (o fronda dopo fronda) il mondo di gioco. Uno dei punti di forza di Grow Home risiede proprio nella possibilità di decidere in che modo e a quale ritmo giungere all’obiettivo; il titolo non sembra incoraggiare un approccio in particolare rispetto ad un altro, anzi è il primo a metterlo in chiaro, fornendoci appena le indicazioni basilari, per poi abbandonarci bonariamente a noi stessi, liberi di sperimentare, esplorare e scoprire senza vincolo alcuno. Ecco, la scoperta in sé è un altro concetto chiave: le varie zone non sono infatti soltanto ricche di fascino, ma celano dozzine di anfratti invisibili ad un’analisi superficiale, come grotte, terrazze nella penombra, depressioni, doppi fondi, e un centinaio di cristalli collezionabili, incastonati un po’ ovunque, la cui raccolta permette di acquisire e gradualmente potenziare il comodissimo jetpack, inoltre sarà possibile raccogliere margherite e foglie giganti, da usare come paracadute o deltaplani di fortuna, e interagire con la fauna e la vegetazione, sebbene spesso in maniera impropria; insomma, quello di Grow Home è un ecosistema più vitale di quanto non si pensi. E quando non si ha idea di come ammazzare il tempo, nulla vieta di raggiungere la vetta più alta e lanciarsi nel vuoto, apprezzando quasi 2 minuti di caduta libera in slalom e un discreto senso di vertigini, merito dell’ottimo FOV, anche se in questi frangenti è la velocità a mancare, sarà per via della gravità sfalsata…

Con i giusti stimoli, tanta curiosità e un pizzico di fantasia, raccattare tutti i cristalli e accaparrarsi gli achievement protrae la longevità di Grow Home intorno alle 8 ore, dignitose se rapportate al prezzo del biglietto, specie se ne consideriamo la più che buona fruibilità; di contro, la rigiocabilità è praticamente inesistente. Dal punto di vista tecnico abbiamo già elogiato il tanto minimale quanto stiloso motore grafico e i suoi modelli poligonali “grezzi”, privi di texture e dettagli, che comunque non eclissano un colpo d’occhio inaspettatamente gradevole, e anzi esaltano i contrasti generati dagli efficaci giochi di luce. Interessante invece è il sistema di animazioni procedurali, che consentirebbe a BUD di adattare dinamicamente le proprie movenze in base alla conformazione del terreno e della sua posizione; sulla carta funziona, sebbene alle volte, complice una fisica birichina, capita di vedere il personaggio aggrovigliarsi su sé stesso, fortunatamente senza ripercussioni evidenti. Chiude una colonna sonora ridotta a un sottofondo “ambientale”, tutto sommato in linea con l’atmosfera sognante, e un paio di jingle-evento, mentre gli effetti sonori, come il frusciare dell’erba calpestata, il ruzzolare delle rocce, o i versetti striduli del protagonista, sono davvero ben realizzati. Pecore a frammentazione comprese…

Grow Home – Quando non è la scimmia a salire, ci pensa il robot


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