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«Ne cherchez jamais à faire autre chose que l’opéra buffa, ce serait forcer votre destinée que de voulir réussir dans un autre genre… L’opéra seria, cela n’est pas la nature des Italiens». Non è certo che Beethoven abbia detto proprio così a Rossini (pare che le memorie di Edmond Michotte siano un po’ romanzate), ma ogni volta che sento parlare di «guerra civile» in Italia – e ultimamente se ne riparla, anche con qualche compiaciuta insistenza – penso che le cose stiano proprio a questo modo: il dramma non è categoria che si attaglia a les Italiens, siamo plebe che dà il meglio di sé quasi esclusivamente nella farsa.Sarà che hanno tutte carattere esogeno, le «guerre civili» che si sono combattute in Italia, almeno così dice Virgilio Ilari (Guerra civile, Ideazione editrice 2001), e argomenta in modo convincente. D’altra parte non è fine darne una ragione appellandosi al «carattere nazionale», o comunque non è scientifico (se vogliamo difendere la dignità di scienza che in tanti negano alla storia), peggio ancora tirare in ballo la «destinée» (il revival spengleriano si è esaurito già da anni).Niente, siamo costretti a sentirci dire che c’è in atto una «guerra civile» – la recrudescenza di una antica «guerra civile», per meglio dire – e in scena sfilano solo maschere grottesche, caricature belliche, grugni feroci che vorrei vederli a tentare quello che minacciano: un ceffone, e Brunetta comincia a strepitare «mamma, mammina, m’han fatto la bua!»; alla prima raffica di mitra al polpastrello della Santanché viene la vescichetta, se non si spezza l’unghia o l’intonaco del soffito non la seppellisce; Verdini e Capezzone si arrendono al primo attacco; Schifani sviene prima; Cicchitto somatizza e corre al cesso; finisce che il vero eroe sarà il barboncino, che abbaierà fino alla fine (sull’elicottero non c’era posto, e pure la Pascale l’ha trovato a stento, ché come fidanzata del satiro che è riuscito a mettere la testa a posto già non serviva più da mesi).Non che nel campo avverso spicchi un Cuordileone. Ma ve lo immaginate Civati sulle barricate? E Scalfarotto? Roba di carta, la «guerra civile». [...]
«Non è un addio», ho scritto al cosiddetto «passo indietro» che Berlusconi fece il 25 ottobre dell’anno scorso. «Non è un addio e non è neppure una rinuncia alla leadership, ma solo l’annuncio che la eserciterà in modo obliquo, perciò ancor più spregiudicatamente, se possibile»; e concludevo: «Rimango dell’idea che ho ripetutamente espresso su queste pagine: era necessaria la sua eliminazione fisica, ora è troppo tardi». Nel caso ci fosse stato un rischio reale di «guerra civile», ovviamente, ma non c’è mai stato, dunque non è mai stato necessario toglierlo di mezzo. Un treppiede, una statuina del Duomo di Milano, ma in fondo erano gesti di affetto. Era in programma la farsa, l’opera buffa che va in scena in questi giorni, non potevamo perdere un protagonista, il protagonista. Ma dobbiamo crederci: dobbiamo credere che questa sia davvero una cruenta faida fratricida, sennò ci scapperebbe da ridere.
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