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Guerre non troppo stellari

Creato il 22 gennaio 2016 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

IN UNA GALASSIA LONTANA LONTANA
Chi non ha visto Guerre Stellari (quello del ’77), non capirà perché l’articolo di oggi non può essere solo una recensione, per tutti gli altri sappiate che il sottoscritto non è stato sedotto dal lato osc… ehm, che sarà più obiettivo possibile, nel bene e nel male!
Sotto il cappello del prodotto “Guerre Stellari” ricadono un’infinità di cose molto diverse tra loro, dando vita a un sottoprodotto della stessa macchina per fare i soldi che “fabbrica” i film, ma che con gli stessi ha, ormai, ben poco a che spartire.
Forte del successo della prima trilogia, George Lucas ha creato ciò che si può definire un impero (con tutte le accezioni negative che suscita, parlando di Guerre Stellari), spingendo il suo prodotto sui libri, sui giocattoli e persino sui videogame. Trasformando un semplice film in un qualcosa che trascende generazioni e ideologie, etichettandolo come pietra miliare di un genere che strizza l’occhio alla fantascienza, ma che risulta più fantasy dello Sword & Sorcery.
Per chi, come il sottoscritto, il franchise targato Lucas lo ha vissuto in tutte le sue salse, l’uscita di un settimo capitolo non equivale a resuscitare una grande pellicola cinematografica, ma più alla voglia di rivivere un qualcosa che nel ’77 era la novità indiscussa e che è arrivato fino a noi come un classico indiscutibile.

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Quando si parla di Guerre Stellari s’intende un universo vasto e variegato, un qualcosa che ha acquisito una vita propria, libera dai dettami di un’industria (cinematografica, o meglio, ludica) che vuole farla da padrone sul prodotto finito. Per anni, persino prima dei tre prequel, c’era una sottocultura che parlava e masticava Guerre Stellari, fabbricando le storie e gli eroi di un mondo inesistente, ma predominante.
Se dopo i prequel il mondo si è diviso tra favorevoli e contrari ai nuovi film, lo spirito di Guerre Stellari si è cristallizzato in una nuova frontiera del ludico: i videogame.
Fino al 2003 i film erano al centro del “prodotto” Guerre Stellari, ma con l’avvento dei videogame e la crescita del fenomeno sociale, c’è stata una vera e propria rivoluzione, lasciando la possibilità ai fan di esplorare parti di ambientazione che non hanno nulla a che vedere con le pellicole cinematografiche o coi cartoni animati.
Inutile stare a citare i tantissimi eroi creati dai fan a seguito dei primi tre film, vi basti prendere come esempio il cacciatore di taglie Boba Fett: personaggio secondario con una particina striminzita in due dei primi tre film, ma la cui fama ha spinto Lucas e la sua azienda a inserire una sottotrama nei sequel, oltre a romanzi che parlano delle sue gesta e quant’altro. Nell’ambientazione dell’Universo Espanso di Guerre Stellari gli hanno dedicato persino una razza: i Mandaloriani e nei videogame il cacciatore di taglie è identificato col casco e il jet pack tipici di Boba Fett.
Proprio per questi motivi parlare di Guerre Stellari è difficile: occorre confrontarsi con una base pretenziosa che ha creato una propria visione di ciò che dovrebbe esserci in un lungometraggio targato “Guerre Stellari”, ma che non riesce a scendere a compromessi, neanche con il suo creatore.

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IL FILM
Lì dove Guerre Stellari è sempre meno legato ai film, Disney ha cercato di invertire la rotta: forte del successo che riscuotono gli eroi Marvelliani di Stan Lee, il colosso dell’animazione ha imposto tutto il suo potere mediatico e si è spinto in una nuova crociata targata Guerre Stellari.
Se Il Risveglio della Forza strizza eccessivamente l’occhio alla grandezza del capostipite, crea anche un’atmosfera cupa, tipica della fine dei prequel (i primi piani di Episodio III). La fotografia cupa e spenta che sostituisce il deserto di Jakku (troppo identico a Tatooine) fa da contrappunto alla neve che si ritrova nelle manovre azzardate di un duello pessimo, se non scenograficamente, almeno di logica.
Il neonato film di J.J. Abrams coglie nel segno sotto molti punti di vista e sa destreggiarsi bene nella tempistica della sua durata: non appesantisce lo spettatore che sa e non lascia interdetto il neofita.
Purtroppo la nota dolente la vediamo in una sceneggiatura che prende a piene mani dal passato, sfruttando una miscela già utilizzata e dalla comprovata efficacia, senza aggiungere nulla a ciò che abbiamo visto in passato. Le poche novità sembrano essere dettate più dalle incertezze degli sceneggiatori, tutto troppo lontano dalle trappole degli agenti imperiali e dagli intrighi di palazzo che hanno caratterizzato i predecessori.
Il ritorno allo sporco e all’usato tipico della serie originale è un tocco piacevole, ma la nota retrò che Lucas ha sempre giustificato con il famoso oscurantismo imperiale, dopo trent’anni dagli eventi dell’ultimo capitolo sembra aver permeato tutto, persino le braccia di androidi rattoppate malamente o gli X-Wing fatiscenti.

Il Risveglio della Forza non è quindi la nuova alba di una storica serie del fantastico, ma l’ennesimo tentativo di riportare al cinema qualcosa che è nato nel lontano 1977. Se infatti il capostipite brillava per innovazione tecnologica, gli effetti speciali e la computer grafica (mai visti prima in maniera così massiccia), Il Risveglio non porta nulla di nuovo e si limita a raccontare la sua storia.

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In buona sostanza, ci troviamo davanti a un prodotto confezionato molto bene, pubblicizzato magistralmente e dal forte impatto emotivo. Per chiunque voglia passare un paio d’ore spensierate, Il Risveglio è piacevole e si lascia guardare, ma per chi si aspettava un seguito alla grande saga dei Jedi, questa nuova incarnazione è fallace e manca completamente il bersaglio.
Il grande pregio dell’opera di Lucas era quello di avere a disposizione una galassia intera e un’ambientazione magistrale; J.J. Abrams ha creato un prodotto richiesto dai fan, per i fan e con l’appoggio dei fan, ancora anestetizzati dal film del lontano ’77. La galassia lontana lontana, dove bene e male lottavano a colpi di spade laser è diventata troppo provinciale e gli scenari troppo ripetitivi, come se andando avanti le dimensioni si restringessero sempre più.
Al botteghino è risultato il miglior incasso di sempre, raddoppiando quello di Episodio III e rimarcando l’idea che sia stato gradito dai fan. Se ciò non basta, l’atmosfera di guerra eterna è ancora lì, come l’aveva lasciata Episodio VI. Qualcuno potrebbe dire che non sia altro che un remake, le tematiche sono le medesime e durante la visione il “succederà questo” è una costante, ma in un panorama cinematografico che sforna film fotocopia dove abbondano i cliché più abusati, poteva Guerre Stellari, da solo, non cedere al lato oscuro?

Davide Zampatori



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