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Guilty Gear X2 #Reload – Dieci anni dopo

Da Videogiochi @ZGiochi
di Giovanni "plutarco" Calgaro

Nel corso degli anni abbiamo assistito all’avvicendarsi di Tekken e Street Fighter, due serie beat’em’up che, con le loro peculiarità e i loro lottatori carismatici, hanno spesso e volentieri offuscato il comunque ricco panorama dei picchiaduro. Gli appassionati di questo particolare genere, cresciuti magari a pane e cabinati arcade, sapranno infatti snocciolare una lunga sequela di picchiaduro 2D e 3D – più o meno famosi – rilasciati per i più disparati hardware domestici o portatili. Tra gli ultimi riuscitissimi esponenti ci permettiamo di ricordare brevemente Marvel VS Capcom 3 e Skullgirls, videogiochi che si ispirano, dal punto di vista del tecnicismo e della difficoltà, proprio alla serie di cui parleremo a breve. Il citato genere dei picchiaduro, per la “semplicità” di sviluppo e la ripetitività delle meccaniche di gioco si è sempre prestato molto bene a costituire terreno fertile per la sperimentazione di piccole produzioni indipendenti, frutto del lavoro di qualche appassionato o, come è accaduto con Vanguard Princess (ora reperibile su Steam, ma comunque freeware), opera di un ex sviluppatore Capcom. Ad ogni modo, accanto ai due giganti che abbiamo citato ad inizio articolo, possiamo certamente affiancare altre serie, da noi considerate probabilmente di nicchia ma famosissime nella terra del Sol Levante: BlazBlue e Guilty Gear, entrambe della storica Arc System Works (responsabile anche dell’ottimo Persona Arena) la quale ha deciso di portare su Steam l’episodio di Guilty Gear forse più completo e riuscito tra tutti quelli rilasciati sinora: l’XX #Reload.

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UN PORTING ULTRADECENNALE

Le serie beat’em’up, tra le altre caratteristiche, sono note anche per le numerose rivisitazioni, riedizioni, miglioramenti, giustificati dall’inserimento anche di uno (o più) nuovi personaggi giocabili, magari in esclusiva per un determinato hardware. Ebbene, Guilty Gear X2 #Reload non fa eccezione; esso non è altro che la prima versione riveduta, ampliata e corretta, con numerosi bilanciamenti, del terzo capitolo principale della serie, ossia Guilty Gear X2 (quest’ultimo rimaneggiato più volte sino al 2012, con Guilty Gear Alpha Core Plus). Rilasciato la bellezza di oltre dieci anni fa per le console XBOX e Playstation 2 ed apparso anche su PSP, #Reload riprende ovviamente gli eventi narrati in X2. Il fulcro viene spostato su I-No, probabile strega in grado di manipolare le timeline temporali, fedele servitrice dell’Innominato e vera deus ex machina di questo episodio in cui, per raggiungere i suoi propositi e quelli del suo padrone, tesse il destino degli altri venti (a cui se ne devono aggiungere anche due segreti) lottatori, portandoli – pare chiaro – agli inevitabili scontri 1 vs 1. Ovviamente, il setting è sempre quel futuro distopico e angosciante visto sin dagli esordi, in cui gli umani si trovano ancora in guerra contro ciò che loro stessi hanno creato confidando in un cieco e sfrenato progresso, ossia i “Gear”. Questi esseri artificiali un centinaio di anni prima degli eventi narrati si sono ribellati ai loro creatori iniziando una lotta senza quartiere al fine di sterminare la razza umana. I lottatori, che loro malgrado si trovano coinvolti in tali vicende, sono il vero tocco di classe non solo della produzione, ma dell’intera serie. La splendida caratterizzazione dei personaggi infatti è sempre stata uno dei punti forti del lavoro di Arc System Works, assieme ad un sistema di controllo a sei tasti – divenuto in breve punto di riferimento per molti esponenti del genere – all’apparenza intuitivo, ma in realtà dannatamente profondo e difficile da padroneggiare con un semplice pad, figuriamoci con una tastiera.

ORE DI AGONIA

Come dicevamo, il combat system di Guilty Gear è tra i più difficili e tecnici da padroneggiare appieno; scoraggia sin da subito il button mashing sfrenato e permette un’ampia varietà di mosse e combo legate non solo a kick e punch, ma anche all’utilizzo delle “mosse speciali” legate ad ogni personaggio. Le dinamiche in due dimensioni permettono di sfruttare soprattutto il vettore verticale dello scenario con lanci, prese e combo aeree che poco spazio lasciano alla guardia dell’avversario di turno. La presenza della Tension Gauge poi permette di apprezzare un’altra particolarità del gameplay di Guilty Gear. Contrariamente a molti altri beat’em’up in circolazione, la barra deputata alle mosse speciali (tra cui i Roman Cancel e i False Roman Cancel) si riempie solo ed unicamente quando il lottatore porta a segno un colpo, mentre essa si scarica quando il personaggio evita lo scontro. Un gameplay, sembrerebbe a prima vista, maggiormente votato all’attacco indiscriminato. Nulla di più sbagliato. La normale difesa ed il saggio utilizzo della Tension Gauge con i Burst ed i Dead Angle Attack (il classico contrattacco, in sostanza) giocano un ruolo altrettanto importante e l’ampio parco mosse, ovviamente molto profondo e personalizzato per ogni singolo lottatore, costituisce un’ottima sfida per testare ogni strategia possibile per riuscire nell’appagante impresa di portarsi a casa uno scontro all’ultimo colpo. Tutto, anche ad oltre dieci anni di distanza, funziona a meraviglia e sembra esser ancora di estrema attualità, se non fosse per la pessima ottimizzazione del sistema di controllo. Questa versione di #Reload è ancora configurata sui controlli del pad PS2 ed i Santi del nostro calendario hanno deciso di prendere un periodo di ferie dopo averci sentito provare per la prima volta il gioco sprovvisti di un qualsiasi pad o arcade stick compatibile. Quindi, prima di giocare a questo titolo assicuratevi d’avere un pad a portata di mano e lasciate perdere la tastiera. Il sistema di controllo a tastiera infatti è quanto di più farraginoso e mal ottimizzato esista in questo momento sul mercato. Ad esempio, non si contano le volte che i nostri progressi sono andati a farsi benedire dopo aver premuto sovrappensiero il tasto ‘ESC’, in realtà naturale azione per chiunque giochi su PC. Quel simpatico tasto infatti non richiama il menu di pausa del gioco, esso lo arresta completamente rimandandoci addirittura al desktop.

Nonostante le pesanti e creative espressioni ingiuriose coniate per l’occasione, il sistema di controllo mantiene intatta la profondità ed il tecnicismo di sempre e, una volta padroneggiato, permette di togliersi molte soddisfazioni nelle otto modalità di gioco. Oltre alla classica modalità Training ed Arcade infatti è presente una Story Mode – personalizzata per ogni lottatore e narrata tramite brevi portraits all’inizio degli stage –, una modalità Versus CPU e Versus 2P, la Medal of Millionare (M.O.M.), sorta di survival a punteggio, l’ovvia modalità Survival e le Mission da portare a termine con determinati handicap o limitazioni. Manca ancora, incredibile a dirsi, il comparto online competitivo, il quale può comunque essere “aggiunto” tramite una patch fanmade (!!!) esterna. Mancanza che considerare pesante è dir poco, dato che siamo ormai quasi nel 2015 .

HAND-DRAWN ANIME STYLE

Dal punto di vista grafico e stilistico Guilty Gear non si discute. Con questa ennesima riedizione, i nostalgici ritroveranno esattamente ciò che avevano lasciato ben dieci anni fa. Il porting infatti, dopo cosi tanto tempo, non sembra aver apportato alcun upgrade di sorta rispetto alla versione originale. Non è un male, intendiamoci. Il bellissimo stile anime degli sprite bidimensionali, già apprezzato in altri esponenti del genere, come BlazBlue della stessa Arc System, o ancora in Darkstalkers o, da ultimo, nel più recente Skullgirls, ci fa apprezzare ancora di più l’incredibile caratterizzazione dei lottatori e delle loro mosse, nonché una certa vivacità dei fondali, animati con eventi o con il pubblico plaudente. Certo, la qualità delle texture non è esattamente il massimo che ci si può aspettare alla fine del 2014, ma possiamo sempre interpretare (dando il beneficio del dubbio all’impegno profuso dagli sviluppatori) questa mossa come un tentativo di cavalcare l’effetto nostalgia ed invogliare gli appassionati all’acquisto.


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