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“… ho avuto una figlia …” in memoria di Leda Spaggiari

Da Met Sambiase @metsambiase

il golem femmina, golemfemmina

La nascita di un figlio è, o dovrebbe essere, sempre un avvenimento felice.  Io ricordo invece la nascita di mia figlia come un momento di dolore e di rifiuto.
Dolore fisico e rifiuto psicologico perché per tutta la gravidanza mi ero augurata che non fosse femmina. Provo ancora un po’ di rimorso per non averla accettata subito. L’idea che attraverso lei avrei dovuto ricominciare le battaglie e le sfide che l’essere donna mi avevano imposto per tutta la vita mi era insopportabile. Era come se quello scricciolo di bimba riaprisse tute le mie ferite. Alla base di tutto c’era il timore che non saperle evitarle umiliazioni e avvilimenti, la certezza di non essere capace di trasmetterle gli insegnamenti giusti, la convinzione di aver messo al mondo un essere destinato a una vita difficile.
Il rifiuto, come il dolore, fortunatamente sono durati poco. Un neonato assorbe una quantità incredibile di energie questo ha finito per relegare in seconda linea le altre preoccupazioni. Averla cresciuta insieme a un fratello di poco più grande ha certamente facilitato il mio compito, teso ad evitare la differenziazione di ruoli pur rispettandone le personalità diverse. Il maschietto ha imparato nella concretezza quotidiana, il rispetto della sorella senza sentirsi mai “superiore”, se non per il fatto che la maggiore età gli assegnava qualche responsabilità in più; la bimba, a non sentirsi mai “inferiore” se non per cause puramente fisiche. Tuttavia periodi critici dovuti all’essere una donna, dall’adolescenza in poi, anche per lei ci sono stati benché la mentalità comune fosse nel tempo cambiata notevolmente. Non potevo evitarglieli, ma l’hanno aiutata a crescere e ad avere fiducia in se stessa. Credo di essere riuscita a insegnarle due concetti per me fondamentali: prima di tutto che non è l’uomo il nostro nemico, ma l’ingiustizia. Ed è l’ingiustizia, in tutte le sue forme che va combattuta, ma per vincere bisogna farlo insieme, uomini e donne. In secondo luogo , che deve sentirsi sempre e prima di tutto una persona, e non accettare di essere considerata un semplice “genere”.

(dal libro “Quando hai due soldi buttali in mare –  i diari di viaggio di Leda Spaggiari”)


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