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I clienti insoddisfatti….. degli altri

Da Scritturesocial

dirigente

I clienti insoddisfatti… degli altri sono la logica conseguenza dell’uso indiscriminato di etichette altisonanti nell’ambito del marketing via web da parte di lavoratori senza competenze e standard di qualità.

I clienti insoddisfatti altrui peregrinano da un preventivo all’altro cercando di capire di chi fidarsi, su chi investire del denaro, quale genere di fregatura aspettarsi, come tutelarsi dalla troppa faciloneria nel parlare. E, quando ti chiamano, è pressoché scontato l’avvio di un iter di stratagemmi e prove per sondare la tua pazienza, dialettica, competenza tecnica e di contrattazione.

Il più delle volte, queste persone deluse e arrabbiate, non tengono conto delle regole minime di educazione: pretendono, subito, la risoluzione di un problema, che sentono come urgente e primario, dal quale hanno già dovuto sopportare disillusioni e amarezze. Spesso adottano atteggiamenti aggressivi, prepotenti, mettono in dubbio competenze, percorsi di studio, risultati e, talvolta, persino l’onestà. Non gli importa il parlare con un altro essere umano: in quel momento voi diventate un dispenser che, se non produce subito la lattina desiderata, può essere, con diritto, preso a calci immaginari.

Dall’altro lato della barricata ci siete voi, con il vostro bel carico di fregature vissute sul lavoro, con l’elenco dei manrovesci dei clienti passati, con la Top Ten, magari, degli insulti più creativi che avete ricevuto perché avete avuto la malaugurata sorte di trovarmi davanti la persona arrabbiata e ottenebrata da questa furia.

Che strategie utilizzare per gestire le comunicazioni con questo genere di persone?

1) Empatia e confini

In qualità di liberi professionisti è vostro dovere accogliere il cliente con l’adeguato rispetto e apertura mentale verso i suoi bisogni, ascoltando le sue richieste esplicite, riuscendo a cogliere gli impliciti delle pretese. L’empatia è sempre stata un problema: accogliere i problemi altrui, comprendendoli attraverso l’entrata nell’esperienza vissuta, senza assorbire ed essere fagocitati dalle altrui emozioni, è difficile. La cosa da ricordare, soprattutto quando ci si trova davanti a persone blateranti e aggressive, è che stanno tentando di chiedere aiuto e lo stanno chiedendo a voi perché vi hanno dato fiducia, nel momento in cui hanno deciso di comporre il vostro numero. Questo va tenuto a mente soprattutto se, ora, il messaggio emesso dalla loro bocca è opposto. Le vostre esperienze di delusione e rabbia in ambito lavorativo vi possono compromettere se i ricordi prenderanno il sopravvento, insieme alla necessità di difesa e contro-aggressione verbale; vi potranno, però, aiutare, d’altro canto, a comprendere il senso del camion emotivo, che vi viene lanciato addosso insieme a un banco di nebbia nella quale è nascosto il vero motivo della richiesta. Riconoscere lo stato emotivo dell’altro, codificandolo grazie ad un’esperienza già vissuta in prima persona, può aiutarvi a vedere l’altro come umano e non solo come aggressore. Capire questo vuol dire mettere delle distanze fra il contenuto insultante (diretto o indiretto) e la richiesta lavorativa. In questa distanza, è possibile costruire un nuovo rapporto di lavoro basato su una proposta creata riuscendo ad ascoltare i reali bisogni del cliente e la concreta domanda di aiuto.

Tuttavia, è altrettanto importante far comprendere il perimetro di relazione all’interno del quale si svolgerà la consulenza. L’insulto costante NON può essere una base per iniziare una qualsivoglia collaborazione. La diffidenza deve ammettere la possibilità di mostrare il proprio valore, di ricredersi in positivo, di lasciarsi stupire e di accettare l’ipotesi che non tutti i consulenti sono incapaci: se comprendiamo di avere davanti a noi una persona in cerca solo dell’ennesima scusa per affermare (e confermare) che gli altri sono sbagliati/non sanno lavorare/non possono risolvere il suo problema sarebbe meglio lasciare il tempo alla persona di chiarirsi le idee e bloccare ogni ipotesi di lavoro: è un atto di tutela verso voi stessi e la vostra professionalità e di rispetto verso la vostra dignità. Non è necessario dire di sì ad ogni cliente soprattutto se, sin da subito, è chiaro quale sarà l’atto finale della tragedia annunciata.

2) Dal personale al servizio

Spesso le comunicazioni dei clienti insoddisfatti tengono conto dell’aspetto relazionale, emotivo, personale, soggettivo. Il vostro compito sarà quello di spostare il discorso sul piano pratico e operativo, delineando, in maniera chiara e dettagliata, le fasi del lavoro, gli obiettivi che vi proponete di raggiungere, gli strumenti che utilizzerete, i tempi, le eventuali collaborazioni con altri professionisti per offrire un servizio migliore.

Mettere al centro l’operatività consente di spostare l’attenzione su ciò che è davvero importante per voi e per il cliente: il lavoro che siete chiamati a svolgere. Questa attinenza operativa, inoltre, chiuderà molte porte allo “sfogo libero” e costringerà, in maniera delicata e rispettosa, la persona a focalizzare la sua attenzione su ciò che ORA si potrà fare per migliorare la situazione.

Prenderete in mano le redini e vi farete seguire, non sarete trascinati nel gorgo delle recriminazioni. Se sarete in grado di fare tutto ciò esercitando una leadership sicura, dolce e determinata allo stesso tempo, sarete in grado di conquistarvi l’inizio della stima del cliente. Spesso le persone invase dalla rabbia e dall’emotività hanno solo bisogno di sentirsi dire: “Ti vedo ora calmati, siediti, ci penso io a te. Guarda: non ti sto ingannando. Questa è la mappa, questo il percorso, qui ci sono le locande dove mi fermerò e qui, invece, ci incontreremo ad abbrustolire salsicce mentre i cavalli riposano.“.

Tutto questo non funziona, ovviamente, se siete dei consulenti farlocchi, se siete bravi nel creare un’aurea di magia con le parole, di “agganciare” l’altro con le chiacchiere previo poi diventare inconsistenti all’atto pratico. Dovete essere onesti con voi stessi e sapere a quale categoria di professionisti appartenete: seri o imbroglioni. Se fate parte della seconda categoria, davanti a persone già ferite, sarebbe umano inviarla da qualche esperto vero piuttosto che tentare di guadagnare sulle sue spalle tutto il guadagnabile, finché dura, finché l’altro non si rende conto della truffa e non vi allontana, con diritto, in malo modo.


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