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I fattori che determinano la felicità

Creato il 23 dicembre 2012 da Raffaelebarone

In occasione della festività  di Natale e della fine e dell’inizio del nuovo anno vi propongo due articoli pubblicati uno sul sito della rivista KNOWLEDGE ADDICTION e l’altro sulla rivista  MARSS Mutazioni Antropologiche. Il tema è la felicità. Sembra una provocazione e lo è. Penso che è nei momenti difficili della vita sociale, politica e personale che bisogna pensare ad un cambiamento che si orienti agli aspetti fondamentali della vita. Buone feste e buona lettura.

Il 1) articolo è quello della rivista KNOWLEDGE ADDICTION

  a) I FATTORI CHE DETERMINANO LA FELICITÀ

  b) L’ORIGINE DELLA FELICITÀ

  c) LA FORMULA DELLA FELICITÀ

La felicità non può essere legata ad un momento ma è il risultato del combinato disposto di: passato, presente e futuro. Per questo, in ciascuna di queste fasi siamo chiamati ad agire delle competenze in grado di assicurarci la felicità. Sono competenze particolari, di un livello di complessità e importanza superiore a quelle a cui siamo abituati: Per avere un passato felice è necessario possedere la “competenza” della gratitudine (capacità di riconoscere il valore dell’altro nella nostra vita, in grado di amplificare i nostri ricordi positivi) e del perdono (che ci aiuta a superare gli eventi negativi). Un futuro felice può passare solo attraverso una visione centrata sull’ottimismo. Il presente felice si costruisce a partire dalle esperienze gratificanti. I momenti nei quali la nostra vita entra in un “flusso” nuovo in cui non ci accorgiamo del passare del tempo e della fatica. Per portare la nostra vita – sempre di più – all’interno del “flusso”, dobbiamo imparare a riconoscere e conoscere i nostri punti di forza. Dobbiamo imparare a potenziare i nostri punti di forza e a metterli in campo, giorno dopo giorno, nei territori di azione della nostra vita: la famiglia, il lavoro e la nostra vita di relazione. Questa, secondo Seligman è l’unica – vera – ricetta per la felicità.

Chi ha la pazienza di ricercare la radice etimologica del termine “Felicità” rimane, spesso, disorientato. L’aspettativa che “l’origine della felicità” sia da ricondurre ad uno stato di particolare benessere (o di estasi ) è disattesa. Felicità deriva dal verbo Fèo: produco o fecondo. Questo significa che la felicità non è solo il precipitato emozionale di quello che “di bello” ci accade, ma qualcosa di molto più grande: il risultato delle nostre azioni migliori, quelle tramite le quali noi generiamo, produciamo, creiamo e sviluppiamo.
Adottare questa prospettiva significa che essere felici non è il risultato degli effetti positivi dell’ambiente (o del contesto) su di me, ma il risultato delle mie migliori azioni e delle mie migliori energie sul mio contesto e sul mio ambiente.
La felicità è la massima espressione del concetto di “ambientarsi”, l’eterna sfida dell’uomo. Se riduco l’azione di ambientarmi solo al mio adattarmi al contesto la mia felicità sarà molto piccola. Se invece, sceglierò di adattare il mio ambiente a me, rendendolo fecondo attraverso la mia azione, allora – probabilmente – sarò felice.
Forse non ci crederete. Allora vi invitiamo a fare una prova. Prendetevi del tempo, chiudete gli occhi e ripensate ai vostri momenti più felici. Provate a riviverli. Siamo certi che quei momenti erano e saranno legati per sempre al vostro enorme potere creativo. Saranno legati ai vostri figli, alle vostre relazioni sentimentali più feconde. Vi verranno in mente momenti in cui avete agito sul vostro ambiente. Momenti incui il vostro sforzo produttivo ha dato i suoi frutti o in cui ne avete pienamente goduto.
Ecco, questa è la felicità. Uno straordinario momento di produttività creativa e feconda in cui l’azione non si esaurisce ma genera un nuovo, altissimo, potenziale.
In altri termini, la felicità è – al tempo stesso – sia l’esito, sia il processo.
Essere felici è il sentimento appagante frutto delle nostre azioni ma anche – e soprattutto– il processo di costruzione della nostra futura felicità.
Fëdor M. Dostoevskij, oltre ad essere stato un grandissimo romanziere, è stato uno straordinario esploratore dell’anima umana.
Nel romanzo “I Demoni” fa dire a Kirillov: «Tutto è buono… Tutto. L’uomo è infelice perché non sa di essere felice. Solo per questo. Questo è tutto, tutto! Chi lo comprende sarà subito felice, immediatamente, nello stesso istante. [...] Tutto è bene per colui che è consapevole che tutto è bene. Se sapessero di stare bene .Se sapessero di stare bene, starebbero bene; ma, finché non sapranno di stare bene, staranno male. Ecco tutta l’idea! Tutto! E non ce n’è un’altra.»
Forse, non ne siamo sicuri, l’origine della felicità è iniziare a produrre felicità

Martin Seligman, il fondatore della Psicologia Positiva, propone una “formula della felicità”: H = S + C + V Dove “H” (Happiness) è il livello permanente di felicità, “S” (Set range) la sua quota fissa, “C” le circostanze della vita e “V” i fattori che dipendono dal nostro controllo volontario.

Happiness. Bisogna distinguere tra la felicità momentanea e quella permanente. La momentanea può essere incrementata da una serie di stimoli (un vestito nuovo, un mazzo di fiori o della cioccolata).

Set range. Sono le barriere al raggiungimento della nostra felicità. Possono essere di due tipi: genetiche (ad esempio, l’ereditarietà di un tratto depressivo) o legate alla “macina edonistica”. La macina edonistica è la nostra naturale tendenza ad adattarci alle cose positive, chiedendo sempre di stare meglio di come stiamo. La macina edonistica è il motivo per il quale successo e beni materiali hanno sorprendentemente uno scarso potere di accrescere la felicità.

Circostanze. “La buona notizia riguardo alle circostanze è che alcune influenzano effettivamente il livello di felicità. La cattiva notizia è che mutare queste circostanze è solitamente costoso e poco agevole” (Seligman, 2002). Fino ad alcuni anni fa si pensava – erroneamente – che le persone felici fossero quelle ben retribuite, sposate, giovani, in buona salute, credenti e invariabili hanno un effetto limitato sulla felicità e forse non hanno nessun rapporto causale diretto, vale a dire: “non provocano la felicità”. Il denaro, ad esempio, ha un rapporto con la felicità di tipo non lineare. Fino ad un certo punto, molti studi dimostrano che alla crescita del reddito si accompagna una proporzionale crescita della soddisfazione e della felicità individuale. Questo accade però fino ad un certo punto, poi – velocemente – i “soldi non danno più la felicità”. Seligman cita uno studio in cui sono stati comparati 22 vincitori della lotteria con 22 persone di un gruppo di controllo che non avevano vinto. A distanza di tempo, la felicità dei due gruppi non evidenziava particolari differenze. L’unico aspetto ambientale fortemente in relazione (anche se forse di tipo circolare) con la felicità è il possesso di un ricco tessuto di rapporti sociali. Per quello che riguarda la “salute”, sempre Seligman ci mostra come pazienti affetti da malattie gravi non abbiano livelli di felicità inferiori a persone sane. A determinare effetti significativi sulla felicità delle persone non è neppure la diagnosi ma lo stato soggettivo che determina l’interpretazione di questa. In altre parole, la felicità è influenzata dalla nostra valutazione soggettiva circa il nostro stato di salute. Detto questo, Seligman ci invita a concentrare le nostre energie sulla V, ossia i fattori individuali alla base della nostra felicità


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