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I libri soli

Creato il 29 maggio 2011 da Unarosaverde

Gli scaffali della libreria, al pianterreno, emanano un odore particolare, di carta nuova e perfetta. I libri, impilati in perfetto ordine o adagiati sui banconi di mostra, ammiccano e rilucono sotto le luci bianche. Il legno scuro del pavimento mescola il suo profumo all’aria della stanza. Gli angoli delle copertine sfoggiano punte perfette, le pagine scrocchiano all’apertura, i dorsi oppongono resistenza.  Ovunque ci sono libri neonati che sorridono: prendimi, portami a casa con te. Leggi la quarta di copertina: vedi, sono tutti entusiasti di me. Non puoi non volermi.  

Resistere è difficile: il richiamo delle parole giunge dai quattro punti cardinali, i colori sfavillano. Tutti. Li prenderei tutti, per trasferire nella mia stanza la stessa atmosfera. Ma non si può. C’è un limite di soldi, di spazio, di tempo. C’è un’incoerenza di fondo. Nel momento in cui lo scontrino spunta fuori dalla cassa, il valore delle parole di quel libro immacolato si dimezza; perde luce e potere. Perde charme. Come è possibile? Eppure il contenuto è sempre lo stesso. Come può svalutarsi nell’attimo stesso dell’acquisto? Leggo le pagine con rispetto: chi ha comprato i miei libri usati, in questi ultimi due anni in cui ho cominciato a svuotare le librerie di casa stracolme di acquisti insensati, mi chiede: “Ma li hai letti? Sembrano nuovi”. Mi dà, più o meno, il 25% del prezzo di copertina. Va bene: ho ricevuto proposte di acquisto per 20 centesimi al volume. Eppure alcuni li ho comprati sei mesi fa: li trovi ancora in libreria. E certo che li ho letti. Mi hanno inculcato un rispetto antico del libro: sottolinea e annota i testi scolastici, non violentare un romanzo. Non fare le pieghine in cima alle pagine, usa un segnalibro. Non pasticciarlo: non privare chi lo leggerà, dopo di te, o te stessa, tra qualche anno, del piacere di aprire un volume pulito.

Salgo la breve rampa che porta al soppalco: è il regno dei libri usati. E’ il deposito delle parole che sono già state acquistate una volta. Magari mai lette. Lo stesso titolo si trova di sotto e di sopra, separato da tre metri di aria. Ho speso su questo ballatoio i miei pochi soldi di universitaria: le storie  di mondi immaginati sono state la mia droga nei giorni rabbuiati dall’analisi matematica e dalla scienza delle costruzioni. Qui i libri sono soli, si stanno preparando allo smaltimento finale. Tendono le braccia verso possibili salvatori. Mi prendo un’ora libera e circumnavigo con calma lo spazio, su tutti e quattro i lati. I testi sono divisi per argomento: viaggi, fantasy, storia, letteratura straniera… Occhi sui dorsi, a scandagliare i nomi degli autori, orecchie al pianterreno, a origliare i discorsi dei clienti.

“Cerco Il Mulino del Po per mio figlio, deve leggerlo per una tesina”.

” Lo vuole nuovo o usato? Ne abbiamo tre copie al piano di sopra.”

“Non so…Meglio nuovo, guardi, di questa casa editrice che ha detto l’insegnante. Non vorrei che fossero diversi.”

Scorro l’indice sulle tre copie usate che mi guardano: due sono conciate male, passate sicuramente per i banchi di scuola. Una è perfetta e, di sicuro, il testo di tutte è identico. Non vi salverà nessuno oggi, anche se costate 3,50 euro. Porteranno via quello da basso.

C’è un titolo nuovo di zecca, davanti a me, al 50% del prezzo di copertina:  è nella classifica dei 25 più venduti degli ultimi mesi. Sulla prima pagina c’è una dedica “A Luisa con tanto amore. Gianni.” La data è di sei settimane prima.  Il tanto amore è già concluso? Luisa ha svuotato i propri spazi di ogni ricordo di Gianni? Povero libro. Le avevi raccontato una storia ma Luisa non ti è stata riconoscente.  Vieni via con me: non avremo altro legame se non quello del reciproco piacere e, se non funziona, ti affiderò ad un altro. Ti regalo ancora un poco di vita, prima che ti ammali di muffa gialla  o finisca al macero. Nelle mensole accanto trovo altre perle: un Roddy Doyle che mi mancava, un adelphi giallo di Durrell, quello simpatico. Una foto scivola fuori da un Penelope Lively: “Alla nonna Daniela, tanti baci dal mare”. Due ragazzini abbronzati fanno ciao con la mano. La loro nonna, o qualcun altro per lei, ha portato qui il libro senza nemmeno scrollarlo un poco, a testa in giù. Saltano fuori biglietti di treno, piccole testimonianze di spostamenti per la penisola, uno scontrino. C’è chi sottolinea le prime pagine con ossessività e impegno, poi si stufa e non lascia traccia da metà storia in poi. Su un tavolo ci sono i remainder: non sono abbastanza veloce e l’ultima copia dei re taumaturghi esce dalla libreria in compagnia di un anziano signore. Ritorno di sotto, pago, mi reimmergo nei tempi della vita normale. Lascio i libri alla loro solitudine, anticamera dell’oblio. Libri venduti a chili, nei supermercati, libri a un euro sulle bancarelle delle spiagge, libri che nessuno vuole accatasti negli scatoloni. Che senso ha? Che tristezza. Che spreco. Meglio l’ebook. Meglio la totale mancanza di fisicità. Meglio un dito che scorre su uno schermo brillante, a sfogliare le pagine che passano sotto gli occhi. Meglio rimanga il puro piacere del testo, scevro da ogni ingombro, senza spazio apparente, senza data di scadenza, immediatamente raggiungibile da ogni angolo della terra, eterno e sempre nuovo.


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