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I rugbisti non muoiono mai

Creato il 24 giugno 2013 da Masedomani @ma_se_domani

dedicato a Marco S., che mi ha fatto scoprire questa Storia

I rugbisti non muoiono mai

Lo so, la foto è molto piccola e costringe a stringere gli occhi e avvicinarsi al monitor. Ma è uno sforzo che vale la pena di fare, perchè ognuno di quei volti ritratti in bianco e nero racconta una storia. O, per essere ancora più precisi, racconta la Storia.

La Storia è quella dell’Argentina di Vileda, il capo della giunta militare che oppresse il paese dal 1976 al 1983.

La Storia è quella dei desaparecidos, 30.000 (trentamila!) persone semplicemente svanite nel nulla durante il regime, esistenze cancellate in un attimo e di cui non si saprà più nulla.

La Storia è quella di una squadra di rugby che porta nella società argentina quei valori che contraddistinguono questo sport meraviglioso fuori e dentro il campo: solidarietà, convinzione, forza, coraggio, e nessun compagno da lasciare indietro.

La Storia è quella di Javier, che era detto il Mono (la scimmia) per le lunghe braccia che stendeva in aria ogni volta che tentava di rubare una rimessa. Quelle braccia gliele legano dietro la schiena con il fil di ferro prima di ammazzarlo e scaricarlo nel fiume. Aveva simpatizzato con il movimento studentesco.

La Storia è quella della partita successiva, in cui i compagni di squadra si presentano sul campo con un calzino nero annodato sulla manica destra in segno di lutto. La Federazione non ha concesso il minuto di silenzio, ma accade l’impensabile: in uno stato in cui si temeva persino di criticare sottovoce il regime, al fischio dell’arbitro i giocatori si immobilizzano – avversari compresi, perchè il rugby è uno sport di uomini veri. E il pubblico rimane in silenzio, un silenzio assoluto che dura dieci (dieci!) minuti, ed è interrotto soltanto dall’inno nazionale cantato a squarciagola.

E allora la Storia diventa quella del Turco e di Mariano, che vengono ritrovati dentro un’auto, massacrati con un colpo di pistola alla nuca. E poi Gustavo, che di anni ne aveva appena sedici, ed era uno di quei giocatori leggeri e velocissimi che si infilano tra due armadi muscolosi e ne escono indenni volando verso la meta. E ancora Otilio, un trequarti gigantesco, che deve aver lottato come un leone e viene ritrovato con le ossa a pezzi ed i pugni chiusi, segno che ha lottato fino all’ultimo.

E la Storia continua, perchè quella squadra non molla: rifiuta la possibilità di un asilo politico in Francia, che alcuni appassionati a conoscenza di quanto stava avvenendo avevano concretizzato, perchè il campionato va finito, anche se i compagni vengono sostituiti da studenti più a loro agio con la palla rotonda che con quella ovale, ma non importa. Si deve giocare e si gioca, fino all’ultima trasformazione nell’ultima partita.

“I vecchi giocatori non muoiono mai. Al massimo passano la palla” recita un vecchio adagio amato dai rugbisti di tutto il mondo. E i ragazzi argentini non sono morti: si passano la palla, rigorosamente all’indietro, in un posto infinitamente migliore, dove esprimere il proprio pensiero non equivale a firmare la propria condanna.


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