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I venerdì del libro (155°): VENUTO AL MONDO

Da Marisnew
Cara Lilli,

per questo appuntamento con l'iniziativa di HomeMadeMamma voglio parlarti del mio primo incontro con Margaret Mazzantini. Fino al mese scorso non avevo mai letto nulla di questa affermata scrittrice, poi mi sono decisa e ho scelto di leggere VENUTO AL MONDO, su cui in realtà  ero informata ben poco. Più che altro sapevo che si parlava di una coppia che non riesce ad avere figli, ma chi lo ha letto sa invece che questa è solo una parte della storia.Dietro c'è tutto un mondo, un'intreccio di personaggi e di vicende, immerse per gran parte del libro nello scenario dei Balcani, prima, durante e dopo la guerra che sconvolse l'ex Jugoslavia all'inizio degli anni '90.Amore, felicità, dolore, passione, amicizia, poesia, follia, morte. E vita.Un mix di sentimenti tutti portati all'estremo, tutti vissuti in modo totale, senza freni. Tanto nel positivo quanto nel negativo.Ho amato molto il personaggio di Gojko, il poeta bosniaco che è l'artefice dell'incontro dei due protagonisti, Gemma e Diego. Italiani entrambi, si conoscono in una Sarajevo resa un pò magica dalla neve, durante i Giochi Olimpici Invernali dell'84.Per stare con Diego, fotografo squattrinato, originale e sempre sopra le righe, più piccolo di lei di alcuni anni, Gemma lascerà il suo neo-sposo e la prospettiva di una vita all'insegna della sicurezza, della tranquilla routine e anche di un certo benessere.La loro sarà una storia d'amore appassionata, molto fuori dagli schemi. Forse anche troppo. Nel senso che non so quante coppie così ci siano nel mondo reale, con questa sorta di pazzia altalenante tra l'euforia e la depressione. O forse sono io che non ne conosco neppure una, ma magari ci sono eccome.Comunque, questi due innamorati folli andranno avanti fino a che il loro dramma personale, ossia la difficoltà a generare un figlio, si andrà a mischiare al dramma della guerra in Bosnia, terra dove loro torneranno per trovare una soluzione al problema e dove saranno coinvolti in qualcosa di assai più grande, terribile e sconvolgente.E in Bosnia, a Sarajevo, torna anche Gemma 16 anni dopo, con suo figlio Pietro. Il figlio di Diego. Il figlio che lei ha fortemente voluto e che è l'unica cosa che le è rimasta di Diego, morto in circostanze un pò oscure durante la guerra, mentre lei era tornata in Italia con il bambino appena nato.E' proprio dalla partenza di Gemma e Pietro per Sarajevo che prende il via il libro, andando poi avanti e indietro nel tempo per ricostruire tutto il quadro, portando il lettore a comprendere man mano tutto ciò che davvero è successo, al di là di ciò che appare in prima battuta.


Tanti personaggi prenderanno vita tra le pagine di questo romanzo, accanto ai due protagonisti: posso ricordare il padre di Gemma; Giuliano, il compagno di Gemma dopo la morte di Diego; la madre e la sorellina di Gojko; e soprattutto Aska, una suonatrice di sax giovane e anticonformista, destinata ad avere un ruolo fondamentale nella storia. 

Non è stata una lettura facile. Non lo è stata per i temi trattati, per la crudezza di tanti particolari sulla guerra, ma anche in parte per il modo in cui la Mazzantini narra la storia. Perchè a volte è un pò lenta nel procedere, prolissa e pesante nel modo di esporre i fatti.

Ho notato, ad esempio (e sarebbe stato impossibile non farlo!), l'uso continuo di metafore per spiegare un pò tutto, come forse non avevo mai trovato in un libro finora. Alcune sono davvero calzanti e poetiche, altre le ho trovate superflue, forzate, e secondo me rendono poco scorrevole la lettura.
Ma va detto che l'autrice ha il pregio di toccare il cuore in più punti.
Insomma, alla fine sono contenta di aver letto questo romanzo. E ti dico che nel complesso mi è piaciuto, pur con i limiti che ho evidenziato. 
E' una storia forte, che ti entra dentro mentre leggi e che non dimentichi.


I venerdì del libro (155°): VENUTO AL MONDO

<<Un giorno sono passato accanto a un prato rosso di papaveri e per la prima volta non ho pensato al sangue, mi sono incantato su quella bellezza così fragile. Bastava molto meno di un'ascia, di maljutka, bastava un colpo di vento. Era fermo lì per noi, quel prato, in attesa dietro quella curva. Un immenso campo punteggiato di lingue rosse, come cuori caduti dal cielo nell'erba. Ero in macchina con mia moglie. Ci siamo fermati e abbiamo cominciato a piangere. Prima io, poi dopo un pò anche lei mi è venuta dietro come un torrente. E' stato un pianto che lentamente ci ha svuotati, ci ha risarciti. E da quella sera abbiamo ricominciato a respirare con il petto. Riuscivamo a sopportarlo. Per anni il nostro respiro è stato fermo alla gola, non poteva andare oltre...Due mesi dopo mia moglie era incinta.>>



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