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Identita' sessuale?

Creato il 26 agosto 2013 da Giuseppeg

IDENTITA' SESSUALE?

Tavole anatomiche del XVI-XVII secolo. Contrariamente a quanto può
sembrare, vi è raffigurata una vagina e non un organo sessuale maschile.
Come sosteneva già Aristotele, la vagina non era altro che un pene
rovesciato verso l'interno
, secondo un principio di identità sessuale.
Per quasi duemila anni non è esistito in anatomia un termine esatto
per definire le ovaie, che venivano chiamate sincreticamente con il nome
di orcheis, lo stesso usato per indicare i testicoli

Davanti ai sempre più frequenti casi di femminicidio - che parola orribile! Mi ricorda l’eliminazione di certi insetti coi pesticidi, come se si trattasse di una deportazione in massa e non di singole tragedie individuali - mi sono messo a pensare al concetto di parità fra i sessi, così come viene spesso sbandierato, e mi sono accorto che al suo interno sono presenti contraddizioni latenti che lo rendono a dir poco pericoloso. Innanzitutto il concetto stesso di parità. Qui non si sta discutendo ovviamente di parità dei diritti, del rispetto della persona e della tutela sul lavoro: si tratta oramai di principi acquisiti e assolutamente sacrosanti, che non necessitano di ulteriori approfondimenti. E' la parità di natura casomai a preoccuparmi, sia dal lato concettuale che da quello delle applicazioni pratiche, come vedremo tra poco. Come mai dico questo? Il concetto di parità e di uguaglianza presuppone per se stesso un allineamento coatto di due o più elementi, una loro semplificazione dovuta in parte all'esigenza di sfoltire gli elementi eterogenei e in parte a quella di rafforzare gli elementi in comune, e in conclusione una loro sistemazione gerarchica proprio all'interno del concetto stesso di parità e di uguaglianza. Com'è possibile? E' presto detto. Se io devo pensare un concetto, devo pensarlo come un qualcosa di unico e individuale, anche se questo concetto può contenerne al suo interno anche altri. Solo a questa condizione tale concetto potrà esistere ed essere facilmente richiamato alla mente quando ne avremo bisogno, tramite un nome o un'immagine che lo definisce. Un esempio? Il concetto di 'uomo'. Quest'idea presuppone al suo interno sia la donna che l'uomo, ma il denominatore comune deve essere uno, e quest'uno è solo il maschio, in quanto essere esemplificante, creatura umana per eccellenza. E' il caso appunto dell'identità sessuale.

IDENTITA' SESSUALE?

Vaso alchemico a forma di utero. In questo recipiente gli alchimisti inserivano il seme maschile e lo isolavano
ermeticamente, così che il calore vitale in esso contenuto potesse fondersi e creare la vita. Il ruolo della donna
nella generazione, dunque, era assimilato a quello di un semplice recipiente

Per Aristotele, come per tutto il mondo antico, non vi era alcuna differenza sostanziale tra uomo e donna, ma soltanto una differenza di grado. Si affermava  anzi con forza la totale identità tra i sessi, figli entrambi di una stessa natura e riconducibili a un identico ceppo. Anatomicamente, si pensava infatti, l’uomo e la donna sono l'identica cosa, ma la donna è imperfetta perché rimane incompleta, mentre l’uomo è completo di tutto. In altre parole, l’esemplare maschio era il prototipo del genere umano, la riuscita perfetta delle idee di natura; la donna invece era un 'secondo tentativo', un ingranaggio a cui mancavano dei pezzi. Non era quindi una questione di qualità, ma di quantità! Ma in che cosa esattamente era mancante, questa donna? Apparentemente, infatti, gli organi sessuali erano uguali: solamente che nell’uomo erano messi dalla parte giusta - ossia all’esterno - mentre la donna ce li aveva all’interno. Una  questione di simmetria: nella donna c’era un uomo capovolto. Ma i motivi reali non erano questi. Il punto stava invece nella quantità di calore vitale - o pneuma - che ciascuno dei due sessi possedeva. Il calore vitale era la linfa - molto simile all’idea di anima della cristianità - di cui si nutriva la vita umana. Il calore vitale era maggiore nel maschio, inferiore nella femmina: la questione era tutta qui. Essendo la femmina molto più fredda rispetto al maschio, il suo calore non era in grado di trasformare completamente tutto l’apporto nutritivo che circolava nel corpo per mezzo del sangue: ecco spiegate così le mestruazioni - come una perdita di linfa non bruciata - al cospetto invece del seme maschile, vera e propria quintessenza dei contenuti interni. Ecco perciò che la generazione, contrariamente alle apparenze - e ai dolori reali del parto e dell'intera gestazione -, diveniva una questione esclusivamente maschile, dal momento che la donna forniva solo una materia inerte - ovvero l'utero, il 'contenitore' -, mentre la parte realmente vitale era quella fornita dal seme del maschio. Per fortuna la scienza ha dimostrato il contrario: è la donna a poter fare a meno dell'uomo, e non viceversa. Ma si tratta di una scoperta piuttosto tarda, che non ha potuto impedire tanti anni di storia e di discriminazione. 
Lo stesso Eschilo si esprimeva così, a proposito della generazione di un figlio: “Non è la madre che genera chi è chiamato suo figlio; ella è solo la nutrice del seme gettato in lei. Genera solo l’uomo che la feconda, ed ella, come ospite a ospite, conserva il germoglio”. E consideriamo che queste parole erano usate per attenuare la colpa di Oreste, colpevole ‘soltanto’ di avere ucciso una donna - sua madre - piuttosto che un uomo! 

IDENTITA' SESSUALE?

Ancora in pieno XVII secolo, lo scienziato olandese
A. van Leeuwenhoek, analizzando gli spermatozoi,
li descrisse come tanti piccolissimi omuncoli - il
leggendario homunculus, infatti, è sempre stato
immaginato in provetta - fin dall'inizio dotati di una
vita completa: in questo modo si ribadiva ancora una
volta il ruolo esclusivo del maschio nella generazione
dei figli

Gli assassini delle donne si giustificano più o meno così. La loro è una presa di posizione inconscia, che si è sedimentata nel tempo fino a cristallizzarsi in una sorta di 'opinione collettiva', molto difficile da debellare. Dobbiamo stare molto attenti quando parliamo di identità, e specificare che parliamo dei diritti, e non della natura o di quant'altro. Dovremmo al contrario tutelare le differenze, metterle in luce ed esaltarle come fonte di arricchimento e garanzia di rispetto. Dove c'è separazione non c'è possesso; dove non c'è appropriazione c'è più ricchezza, e di conseguenza più risorse per tutte. In un'etica delle differenze io non ti posso inghiottire, perché so che tu esisti al di fuori di me. Differenza ontologica, lo ribadisco, e certo non differenza di fatto. Allo stato attuale, invece, stiamo andando nella direzione contraria; l'identità che si persegue non è ancora quella giusta. E le conseguenze non aspettano, purtroppo. 

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