Magazine Cultura

“Il buio della mente, la luce nell’anima” di Donato Di Capua: i ricordi sono fondamentali per continuare a vivere

Creato il 12 dicembre 2014 da Alessiamocci

“Il tempo ammorbidisce tutto, il tempo rimargina persino le ferite più profonde e dolorose, perché profondo è il suo scorrere, il suo silente ripercuotersi sulle vite, sulle anime. Perché il tempo è senso di se stesso, resta tale oltre i confini dell’attimo e io me ne sto riappropriando”.

Il buio della mente, la luce nell’anima” è il romanzo d’esordio di Donato Di Capua, edito nel marzo del 2013 dalla Casa Editrice Kimerik. L’autore, nato nel 1965 in provincia di Potenza, dedica quest’opera alla madre, figura fondamentale nonché musa ispiratrice della sua scrittura.

Cosa dire di un autore che ha trovato la ricetta dell’immortalità, proprio attraverso la stesura dei suoi pensieri sulla carta? Che ha compreso appieno il senso della scrittura stessa, ed è riuscito a trasmettere quel “quid” a cui si sono sempre dedicati i letterati del passato. Perché, volenti o nolenti, era questo l’intento: essere ricordati. Ed è proprio dal ricordo che partiamo a narrare la trama di questo libro.

Il protagonista è Kalì, un giovane uomo che viene ritrovato in stato confusionale nel centro di Roma e subito ricoverato, come da prassi, in un reparto psichiatrico. Kalì soffre di amnesia, non ricorda nulla sulla sua identità e del suo passato.

Tramite le indagini svolte dalle forze dell’ordine, si scopre che egli si chiama Kalì Siddha, è di origini indiane, ed è entrato in Italia all’età di tre anni, adottato da una famiglia lucana. Giunto a Roma per studiare medicina, ora è un chirurgo che collabora con Medici Senza Frontiere. Presto l’attitudine di medico inizia a fare breccia nella mente di Kalì, portato, per sua natura, a soccorrere chi ne ha più bisogno.

La struttura narrativa si evolve in una costante dicotomia fra buio e luce. L’apatia nella quale è caduta la mente dell’uomo, e la luce di una vita che, al contrario, pulsa nell’anima. Ricordare risulta difficile, e richiede molto coraggio, ma Kalì sceglie di provarci, consapevole che un individuo non possa essere tale senza il ricordo del suo passato; quel pezzo di vita e tassello mancante che lo ha portato a diventare l’uomo di oggi. Attraverso l’aiuto del primario della clinica, Luigi Modena, e ancor più della psichiatra Sara Conti, con la quale si instaurerà anche un legame di amicizia, Kalì viene aiutato a ricordare e a tornare alle origini.

Terapeutico è il viaggio a Pietragalla, in provincia di Potenza, paese d’origine sia del personaggio che dell’autore della storia. La dimensione onirica è sempre presente, e spesso si tratta di sogni rivelatori, in cui l’inconscio si esprime e “semina” indizi per giungere alla verità. Qual è stato l’elemento scatenante della perdita della memoria? Diventa fondamentale scoprirlo.

Non sempre però, quelli che giungono a turbare i sogni di Kalì sono incubi. A volte sono ricordi piacevoli, di chi lo veglia e lo accompagna nei momenti più difficili della sua vita. Un modo per entrare in contatto con chi purtroppo non c’è più. La naturale congiunzione fra due dimensioni parallele, la vita e la morte. E visto che per nascere a nuova vita, si deve sempre un po’ “morire”, alla fine Kalì riesce ad entrare in possesso dei suoi ricordi, che continueranno a camminare con lui, e non saranno più relegati in un angolo della mente. E sarà così anche pronto per il grande amore, quello che ancora non riesce a mettere a fuoco, ma che conta presto di ritrovare.

Dissi al mondo, a me stesso, a mia madre, a quelle note, al profumo di rose che mi inebriava «La musica del cuore ora ha gli occhi verdi…l’amore ha gli occhi verdi»”.

Senza dubbio un romanzo particolare, “Il buio della mente, la luce nell’anima”, che porta a riflettere. Cosa sarebbe la nostra vita senza i ricordi? O ancora meglio, se noi negassimo il dolore e non lo volessimo affrontare? Sono pagine scritte da chi sembra “giocare” con le parole, pennellare una tela. Pensieri di un autore che ha una concezione poetica della vita e dell’amore. L’unico appunto che potrei fare, affinché questo mio commento sia utile, è che Di Capua utilizza molto il passato remoto, mentre invece, in alcune frasi, sarebbe apprezzato l’imperfetto. E se proprio vogliamo essere pignoli, in alcuni punti si verifica un “abuso” del punto esclamativo. Per il resto, si tratta davvero di una buona prova d’esordio, che parla di coraggio e di perdita; di forza di volontà e di speranza.

Purtroppo tutti abbiamo subito un lutto, ed è quindi facile immedesimarsi nei panni di Kalì. Quello che invece non è altrettanto facile, è trovare la forza di reagire. È un’opera che si legge tutta d’un fiato, perché trasmette la voglia di sapere, e soprattutto di comprendere cosa succede quando la mente ha un black out. Quello che potrebbe accadere, in qualsiasi momento, ad ognuno di noi.

 

Written by Cristina Biolcati

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :