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Il ‘caso’ Ilva, diritto al Lavoro contro diritto alla Salute?

Creato il 09 settembre 2012 da Candidonews @Candidonews

Il ‘caso’ Ilva, diritto al Lavoro contro diritto alla Salute?

Terminiamo il nostro ‘viaggio’ nei ‘lavori difficili‘ parlando di Ilva. Cosa è successo a Taranto, perche i magistrati hanno chiuso parte dell’acciaieria Ilva, quali rischi per la salute dei cittadini. Dunque, cominiciamo con chiarire cos’è l’Ilva, cosa rappresenta per Taranto e per l’Italia intera:

L’ILVA di Taranto, l’impianto sotto sequestro, è la più grande acciaieria d’Europa. Fondato nel 1961, è un impianto siderurgico a ciclo integrale, dove cioè avvengono tutti i passaggi che dal minerale di ferro portano all’acciaio. Il fulcro della produzione sono i cinque altoforni, dove viene prodotta la ghisa. Ognuno è alto più di 40 metri e ha un diametro tra 10 e i 15 metri: al momento quattro altoforni su cinque sono attivi.

L’ILVA di Taranto appartiene al Gruppo Riva, controllato dall’omonima famiglia. Il Gruppo Riva è il decimo produttore mondiale di acciaio. Il presidente del gruppo è Emilio Riva, finito agli arresti domiciliari insieme al figlio Nicola. I Riva acquistarono dallo stato l’impianto di Taranto nel 1995. In quegli anni lo stato vendette tutta l’industria pubblica dell’acciaio, che dagli anni Ottanta si trovava in grave crisi. Da anni comitati cittadini e ambientalisti contestano l’impianto dell’ILVA, accusandolo di inquinare l’aria e provocare malattie. Nell’ordinanza con cui ha disposto il sequestro e gli arresti, il gip ha scritto che l’impianto è stato causa e continua a esserlo di «malattia e morte» e perché «chi gestiva e gestisce l’ILVA ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza». Allo stesso tempo i lavoratori e i sindacati difendono l’impianto e l’azienda e hanno annunciato scioperi.

L’Italia è un Paese produttore di acciaio, uno dei piu importanti al mondo:

Nel 2011 l’Italia era il 11esimo paese al mondo per la produzione di acciaio, con 28 milioni di tonnellate prodotte ogni anno. L’ILVA di Taranto produce da sola circa 9 milioni di tonnellate l’anno e il Gruppo Riva nel suo complesso ne produce più di 17. L’Italia è un paese esportatore di acciaio, ma la produzione italiana è importante anche per il mercato interno. Uno dei settori più importanti per l’export italiano è la meccanica, cioè le macchine per uso industriale. Per mantenere competitivo questo settore è molto importante potersi rifornire in Italia di acciaio a buon prezzo (che altrimenti andrebbe importato dalla Germania).
….

l’arresto della produzione all’ILVA di Taranto potrebbe costare lo 0,15 per cento del PIL, considerando solo l’attività dell’impianto, e lo 0,165 per cento considerando anche l’impatto sul resto dell’industria. In questo caso, per la prima volta dagli anni Cinquanta, l’Italia tornerebbe ad essere un paese importatore di acciaio.

Ma di ‘acciaio’ si muore, tanti tra i dipendenti della società ed i cittadini della città. Cosi scrive Adriano Sofri, parlando dei morti:

C’è una piazza a Taranto, nel rione Tamburi. È modesta, ma ha tre monumenti. Il primo è un’edicola con una Madonnina, bisogna spolverarla ogni giorno. Il secondo è una grossa targa di ferro, corrosa e smangiata. Dice:

Nei giorni di vento nord-nordovest
Veniamo sepolti da polveri di minerale
E soffocati da esalazioni di gas
Provenienti dalla zona industriale “Ilva”
Per tutto questo gli stessi
“maledicono”
Coloro che possono fare
E non fanno nulla per riparare.
Maledicono è inciso in caratteri più grandi.

Fra coloro che eressero l’edicola e affissero la targa c’era Giuseppe Corisi, operaio dell’Ilva, comunista e cattolico, consigliere di circoscrizione e animatore del Comitato per l’ambiente. Il 14 febbraio scorso ha saputo di avere un cancro ai polmoni, l’8 marzo è morto. Prima ha dettato il testo del terzo monumento, una targa murata sulla facciata di casa sua, al terzo piano, appena sotto la finestra del salotto. Dice: “Ennesimo decesso per neoplasia polmonare. Taranto (Tamburi) 8 marzo 2012”

Proprio in questi giorni i giudici hanno confermato il ‘blocco’ di alcune parti dell’impianto di acciaieria, mentre i proprietari stanno cercando di migliorare le condizioni ambientali del sito:

(AGI) – Taranto, 6 set.- I custodi giudiziali formalizzano all’Ilva il blocco dei parchi minerali. Una direttiva specifica e’ stata consegnata all’azienda e riprende quanto affermato dal procuratore della Repubblica, Franco Sebastio, il quale sabato sera, al termine del vertice a Palazzo di Giustizia, aveva preannunciato che “si passa immediatamente all’attuazione di tutte le misure”. E fra queste oltre all’abbattimento delle emissioni inquinanti, c’e’ anche il blocco dei parchi minerali.
Il procuratore aveva specificato che il blocco riguarda l’arrivo delle nuove materie prime mentre per quelle in giacenza si dovra’ ridurre l’altezza e la dimensione dei cumuli e, soprattutto, evitare che continui il fenomeno dell’inondazione delle polveri verso il vicino quartiere Tamburi. L’alt dei custodi ai parchi arriva a poche ore dall’incontro fra sindacati e Ilva nel quale l’azienda ha annunciato nuove misure a partire da lunedi’ per contenere le polveri dei parchi minerali, assicurando l’irrorazione, con acqua, delle strade e delle aree circostanti gli stessi parchi, e aumentando da 13 a 21 i turni di lavoro del personale in servizio.

Il sequesto dell’impianto vuol dire anche disoccupazione per migliaia di operai, che protestano e cercano di difendere il loro posto di lavoro:

i lavoratori dell’Ilva temono che l’intervento della magistratura possa significare perdita del posto di lavoro e così da settimane chiedono aiuto. Hanno risposto tutti al loro appello: politici, amministratori, sindacati, Confidustria, docenti universitari e medici. Tutti hanno lanciato il loro messaggio a difesa degli operai.

Il Governo, dal canto suo, segue la vicenda. Il Cdm ha diramato una nota, diffusa al termine del Consiglio dei ministri:

I Ministri (Passera e Clini, ndr) hanno evidenziato che le problematiche relative a Ilva coinvolgono diversi livelli istituzionali e devono dunque essere affrontate attraverso una strategia complessiva, in grado di assicurare un giusto e doveroso equilibrio tra continuità produttiva e sostenibilità ambientale“.

La situazione non è delle migliori. Posti di lavoro contro salute pubblica. Possibile mai che nel 2012 siamo arrivati a dover scegliere tra questi due diritti sacrosanti?


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