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Il ché mi ha portato a trarre due conclusioni

Creato il 11 novembre 2010 da Fabry2010

Il ché mi ha portato a trarre due conclusioni

Due notizie, quasi contemporanee, ma che paiono provenire da galassie temporalmente e culturalmente incompatibili, hanno tenuto banco sui quotidiani dei giorni scorsi.
La prima viene dagli Stati Uniti dove in seguito a una serie di suicidi di giovani adolescenti gay (causati da atti a cui erano stati sottoposti per via della loro omeosessualità) Barack Obama ha tenuto un discorso alla nazione, lanciando un appello contro il bullismo e la discriminazione sessuale, e cogliendo l’occasione per ribadire il valore della diversità e l’importanza che questa assume nel progresso e nel benessere di una nazione. Per Obama essere differenti non solo è qualcosa di cui non ci si deve vergognare, ma rappresenta una risorsa fondamentale e irrinunciabile, per ogni paese moderno che voglia definirsi tale.
L’altra notizia viene dall’Italia, e per l’esattezza dalla Presidenza del Consiglio. La notizia in questione potrebbe essere così riassunta: malgrado l’ostilità del Vaticano, le Case Chiuse in Italia sono state già da tempo riaperte (la principale si chiama Sede del Governo) e offrono possibilità di lavoro a tutte le minorenni in difficoltà e clandestine, soprattutto se disposte a sottoporsi al rito del Bunga Bunga (stupro di gruppo per via anale).
Berlusconi si difende dalle accuse sostenendo (tra qualche incredibile applauso) che è meglio essere appassionati alle belle ragazze che essere gay.
Affermazione di una profondità e di una umanità disarmante, alle quali si aggiungono quelle del sottosegretario alla presidenza Micchiché, che per sedare la polemica dichiara a Radio Due che anche lui preferisce le donne ai gay ma non passa la giornata a dirlo.
(Resta irrisolto il problema gnoseologico di fondo, ovvero “metterlo nel sedere a una donna Sì, ma a un uomo NO. Alla faccia delle pari opportunità.”)
Ad ogni modo, queste sono notizie che tutti conoscono e che, come si dice in questi casi, si commentano da sole. (Spero).
In questo breve post vorrei considerarne altre due, di notizie. Notizie che i giornali non riportano e sulle quali dovremmo a mio parere riflettere, avendo, in una certa maniera, una relazione di parentela se non addirittura di causalità con le precedenti.
La prima ha a che fare con un’amica polacca del sottoscritto. Chiamiamola Paola. Paola parla quattro lingue, è intelligente, è acculturata, e di bell’aspetto. è venuta in Italia dopo una lunga esperienza d’insegnamento a Londra. Si è traseferita nella mia città per insegnare all’Accademia di Belle Arti. Ma dopo due anni ha deciso di andarsene. Dice che non è riuscita ad ambientarsi. Ha trovato l’Italia un Paese ignorante, chiuso, becero, poco stimolante, immobilista. Un Paese dalle prospettive ristrette, dalla mentalità arretrata e dalla burocrazia shockante. Paola mi dice che, malgrado quanto talvolta sentito dire qua e là in certi ambienti soprattutto del mondo anglosassone (ebbene sì, non abbiamo la reputazione che crediamo di avere), mai avrebbe immaginato che fossimo così profondamente inchiodati allo stereotipo di noi stessi. Dice di essere rimasta stupita da come gli italiani sembrino subire passivamente qualunque cosa, qualunque sottolinea, e paiano mancare di curiosità, di inventiva, e di voglia di mettersi in gioco. “Cazzarola” ho pensato. “Sono anni che facciamo dell’inventiva uno dei nostri cavalli di battaglia…” (Poi, di ritorno da un lungo soggiorno all’estero, ho dovuto ricredermi. “Ma quale fantasia italiana? Quale creatività? Siamo seri, per favore…)
Nella relazione con gli uomini, in special modo, Paola ha trovato l’uomo italiano sempre e solo unicamente interessato alla medesima cosa (alzi la mano chi, tra i lettori di sesso maschile, non si senta inorgoglito da tale affermazione) che poi è la medesima promossa quotidianamente dal (futuro ex si spera) Presidente del Consiglio nei suoi interventi sui media. Paola è arrivata a domandarsi cosa vogliano da una donna, davvero, gli uomini italiani, e soprattutto cosa pensi a tal riguardo la popolazione femminile del Paese. Paola non è lesbica e non è una escort (precisazione sempre da fare quando si parla di una bella donna, in Italia) e oltre a essere persona d’intelletto sa anche cucinare, stirare e “fare le faccende di casa” dice, “come da richiesta di ogni mamma italiana.” Eppure gli uomini la rifuggono nel momento in cui si accorgono di trovarsi di fronte a qualcosa di differente dal modello proposto da media, politica e giornali. Che qui si avessero determinate opinioni sul ruolo femminile nella società, Paola lo aveva già capito guardando di tanto in tanto la televisione italiana all’estero. (L’Italia è l’unico Paese occidentale dove, durante quiz quali “Chi vuol essere miliardario”, si fanno i cosiddetti stacchetti come ben sappiamo. Omaggio alla bellezza femminile, le è stato detto.)
Degradante, ritiene lei. Dice che non riesce a capire come una donna, “una qualsiasi donna indipendente e libera di questo Paese” possa accettare lo stato delle cose. Per la cronaca, oltre a non essere lesbica, escort o comunista, Paola non è neppure femminista. Credetemi, non lo è.
Mi chiede, “com’è possible che buona parte dell’elettorato berlusconiano sia formato da donne?”
Notizia numero due. L’altra sera mi sono trovato a cena con gente che poco conoscevo. Dirò solamente, con tutte le attenuanti insite nella generalizzazione del caso, che si trattava di persone di ceto medio, mediamente acculturate, e italiane. Una sorta di italiano-tipo, se mi si lascia passare il termine (intendendo per questo un’ampia percentuale del Paese).
La discussione verteva sui “casi” degli ultimi giorni, ma con mia grande sorpresa invece di assistere a una ferma condanna degli eventi stessi la tendenza generale era quella di avallare le parole di Berlusconi dietro una formula che potrebbe essere così sintetizzata “sono cose che un politico non dovrebbe dire, ma come dargli torto?” Al tema omosessuali si è allacciato quello degli immigrati, fino alla prevedibile conclusione che il vero problema, oggi, in Italia, sono gli islamici, i neri, e quelli dell’est. “Siamo invasi” ha detto qualcuno citando le parole di un noto quotidiano nazionale.
“Ma quale invasione?” Ho pensato. “Ragazzi” ho detto, “ho vissuto all’estero abbastanza a lungo da potervelo dire: la percentuale di immigrati in Italia è NULLA paragonata a quella della maggior parte delle altre nazioni occidentali.” Ovviamente non sono stato creduto (come potevo considerando che i media italiani sembrano sempre suggerire l’opposto?). Qualcuno addirittura si è barricato dietro un “all’estero vanno gli immigrati buoni, mentre da noi vengono solo i delinquenti.”
“Bé, signori miei,” ho risposto “trattasi di fenomeno sociale facilmente spiegabile che, senza stare a scomodare studiosi che qui nessuno conosce, può essere riassunto nelle parole : l’ape va dove c’è il miele.”
Ma non è questo il punto.
Mentre lasciavo la tavola mi è venuto da considerare che la maggior parte delle persone che erano presenti, come buona parte del Paese, guarda (e ama) film e serie televisive estere, dove il bianco, il nero, l’asiatico, l’omosessuale, l’indù e il musulmano lavorano nella medesima struttura (dagli ospedali alle centrali di polizia, la casistica, soprattutto americana, è infinita) eppure nella vita reale queste stesse persone propongono un fermo e ottuso rifiuto del “diverso”.
Il ché mi ha portato a trarre due conclusioni (magari sbagliate, ditemi voi)

La prima ha a che vedere con una certa paura dei decenni passati, legata al rischio di “divenire tutti americani.” Stiamo diventando tutti americani?
“No” rispondo io. E aggiungo (mannaggia a me, questo non credevo che l’avrei mai e poi mai detto) “purtroppo.”
La seconda è : qualcuno sa rispondere alle due questioni di cui sopra? Ovvero:
- cosa cercano gli italiani in una donna?
e
- com’è possible che un’ampia base dell’elettorato berlusconiano sia femminile?

Aspetto valanghe di critiche.



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