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Il De Niro che ha commosso Cannes

Creato il 28 maggio 2012 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Robert De Niro

Pubblicato il 28 maggio 2012 con Nessun Commento

Roberto De Niro è un mito vivente.
Ma gli anni, si sa, passano anche per gli uomini che sono diventati una leggenda del cinema.
L’attore premio Oscar, già Presidente di giuria l’anno scorso al Festival, è tornato a Cannes nei giorni scorsi (visibilmente invecchiato e provato) per la presentazione della copia restaurata del capolavoro di Sergio Leone “C’era una volta in America”.
La Film Foundation (USA), presieduta da Martin Scorsese, ha presentato la copia del film ricostruita in 4K con 25 minuti di scene inedite, realizzate dal regista nel primo montaggio del film.

Tutti i presenti hanno ammirato un De Niro in lacrime mentre sfilava sul tappeto rosso, sulle indimenticabili note di Morricone. In sala, durante la proiezione del film, non sono mancati lunghi applausi e standing ovation per l’attore che nella sua carriera ha lavorato con celebri e rinomati registi come Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Elia Kazan, Michael Cimino, Bernardo Bertolucci, Sergio Leone, Terry Gilliam, Roger Corman, Brian De Palma in pellicole di enorme successo.

“C’era una volta in America” (“Once Upon a Time in America”) è un film del 1984 diretto da Sergio Leone, con Robert De Niro, James Woods e Elizabeth McGovern. Presentato fuori concorso al 37º Festival di Cannes, è il terzo film della cosiddetta trilogia del tempo preceduto da “C’era una volta il West” (1968) e “Giù la testa” (1971).
Basata sul romanzo di Harry Grey “The Hoods” (Mano armata, del 1952), pubblicato poi successivamente con il titolo di “Once Upon a Time in America”, la pellicola narra, nell’arco di quarant’anni (dagli anni venti ai sessanta), le drammatiche avventure di David Aaronson detto Noodles (Robert De Niro) e del suo amico Maximilian Bercovicz detto Max (James Woods), nel loro progressivo passaggio dal ghetto ebraico all’ambiente della malavita organizzata nella New York del proibizionismo e del post-proibizionismo.

di Angela Laurino


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