Magazine Diario personale

Il deserto dei tartari

Da Fredy73 @FedericaRossi5
E così anche lei se ne è andata.  La mia più cara amica ha lasciato Benevento in cerca di miglior fortuna. E' l'ultima di una lunga serie di persone che, da questo momento, sentirò poco e vedrò anche di meno.  E' l'ultima di una compagnia di amici appartenenti a una generazione bistrattata, rifiutata, messa da parte.  Nel dolore per la separazione, però, c'è stata anche la gioia per il suo futuro. La sua storia sembra quella di qualsiasi cenerentola in cerca di un riscatto per i sacrifici e le prove affrontate nell'inseguire un sogno. Almeno lavorativamente parlando. E, visto che il lavoro dei suoi sogni non fa parte della tipologia presente qui a Benevento (impiegato pubblico, agricoltore, portaborse di qualche politico), appena se ne è presentata l'occasione non ci ha pensato due volte a chiedere di andare lontana anni luce da questa città e da questa regione. Lascia qui un compagno, una famiglia, gli amici e una vita fatta di abitudini. Ma, di fronte alla possibilità di vivere quello per cui ci sembra di essere nati, non c'è nulla che tenga. E Benevento, nella bilancia dei pro e dei contro, pesa troppo sul piatto delle cose negative. Già due volte ho descritto questo luogo come "terra che diventa sabbia". Ingenuità! Questo è il Deserto dei Tartari dove tutti aspettano che qualcosa accada, consumando la vita in attesa di un guizzo che non ci sarà mai. Me ne sono resa conto in questi mesi in cui, per la troppa negatività accumulata, ho cessato di inseguire anche quella frivolezza che ha caratterizzato i primi tre anni di questo blog. Non incontro un uomo da quel di marzo. E la cosa peggiore è che non mi va neanche di metterlo in conto. Nell'abulia che mi attanaglia, necessaria conseguenza del sonno della disperazione di questa cittadina, mi sembra di aver perso quanto di buono c'era in me. A cominciare dall'ironia. E ogni uscita serale, ogni incontro, ogni passeggiata per guardare le vetrine, diventano uno sforzo, un dovere da compiere per tentare di non rimanere sepolta qui, in questa casa, dove le pareti sembrano proteggermi dal mondo esterno. Un mondo che non mi va più di far entrare nella mia vita. Dicono che sia un pessimismo figlio dei tempi di crisi. Sarà, ma a me sembra che sia frutto di questa città che non consente vie di fuga alternative al suo abbandono. Tempo verrà, anche per me, di lasciare il suolo natio. Comincerò con piccoli spostamenti. Due viaggi all'estero, a dispetto della situazione economica sempre meno florida. Uno in Marocco e l'altro in kenya. il primo per svago, il secondo per ottemperare ad un impegno civico e civile. E ritrovare, forse, me stessa. Credevo che fosse un dovere restare. Per cambiare le cose. E' necessario, invece, andarsene. Per salvarsi la vita. Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.

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