Quando nomino ad alta voce Mattia Pascal, irrompe nella mia mente il volto scalfito di Marcello Mastroianni, che nel 1985 si insinuò, con una memorabile interpretazione, tra le pagine pirandelliane lette e rilette. Tuttavia, mi convinco sempre di più che non dovremmo lasciar marcire questo personaggio tra i falsi profili facebookiani, ma concedergli un’altra chance.Chi ci dice che i sogni e le inquietudine non abbiamo le medesime urgenze?
La vita ci offre opportunità di cambiamento, ma non le cogliamo, perché preferiamo sguazzare nell’accomodante fluire della routine, innaffiata con una memoria patinata che mai più ritornerà. E liberarci di certe relazioni sociali che in fin dei conti non sono un valore aggiunto alla nostra esistenza?
Potrebbe essere il primo passo per attivare una reincarnazione all’interno della nostra vita. Il branco crea apparentemente sicurezza ed è uno status direttamente proporzionale ad un monito di Charles Bukowsky:”Attenti a quelli che cercano continuamente la folla. Da soli non sono nessuno.”
Chi viaggia tanto, è facilitato nel creare nuovi legami, anche se a volte fatti di pochi istanti. E’ una delle scorciatoie per stare dietro al passo di chi non vuole marciare a testa bassa. La metamorfosi produce gli enzimi che flirtano con la parte vera di noi.
E forse dopotutto Mattia Pascal non ha fatto un grossolano errore in quella scelta azzardata. Trasformare “il fu” della sopravvivenza e della rassegnazione in “il sarà” dell’evoluzione ha un prezzo in contanti: lasciarci alle spalle coloro che c’erano fino ad un attimo fa, ammettendo che sono usciti dal recinto della nostra vita e non ci torneranno mai più.