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il Grande Match

Creato il 26 marzo 2011 da Ghlucio @ghlucio

Tre luoghi ai confini del mondo, tre popoli, tre gruppi di uomini, che vivono la quotidianità e la sopravvivenza. Dei nomadi in Mongolia, dei Tuareg nel Sahara, degli Indio in Amazzonia. C'è un evento però che sta sconvolgendo le loro vite. È la finale dei Campionati del Mondo Germania-Brasile (siamo nel 2002). E tutti la vogliono vedere.
L'elogio della semplicità. Questo potrebbe essere la sintesi di questo piccolo, ironico, dolce film che gira intorno a una sfera, a un pallone. Ed è la semplicità di uno sport che si può giocare ovunque (anche tirando calci a un sasso) in parallelo con la semplicità delle esistenze quasi primordiali nella loro essenza, ma anche globali nella sostanza. Questi uomini che cacciano le scimmie o camminano per ore e ore nel deserto, indossano la maglietta di Ronaldo, e sono consapevoli che attraverso una parabola e un televisore si può raggiungere la civiltà, o presunta tale, come la consideriamo noi occidentali.
I paesaggi rappresentati dal documentarista antropologico Gerardo Olivares, con semplicità (il concetto ricorre) geometrica, sono aperti, esssenziali, verticali (la foresta che si sviluppa in altezza è ripresa dall'alto o a livello uomo). Perchè sono i teatri infiniti dove si muovono i protagonisti. Il contrasto fra la natura, umana e non, e i giocatori come Ronaldo, i cui nomi campeggiano sulle magliette indossate, è immediato e tinto di ironia. I campioni sono elementi di contaminazione e di aspirazionalità, parti dell'universo al servizio del dio denaro, che qui non esiste, perché vige ancora il semplice baratto.

Il grande match è per chi ama la semplicità del calcio e della vita, dove il silenzio si oppone al boato del goal e dove Ronaldo gioca idealmente con i Tuareg.

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