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“Il guardiano del faro” di Sergio Bambarén: una felicità ricercata nel mare della vita

Creato il 12 gennaio 2016 da Alessiamocci

“Sognate, miei cari amici! Credete al potere dell’amore. Non scordate mai che il potere dell’amore può risolvere ogni conflitto, accorciare ogni distanza, risplendere attraverso i muri di cristallo. Non dimenticatelo mai.”

“Il guardiano del faro” dell’australiano Sergio Bambarén (Sperling & Kupfer, 2002) racchiude in sé l’eco di autori quali Paulo Coelho e Antoine de Saint-Exupéry. Quasi fosse una sorta di “piccola guida al vivere felice”, raccoglie massime che al giorno d’oggi potrebbero risultare ridondanti, ma che forse all’inizio del nuovo millennio erano meno abusate.

Un vecchio faro abbandonato è il fulcro attorno al quale ruota la storia. Esso è il punto d’incontro fra il saggio Ammiraglio, che un tempo ne era guardiano; il giovane Martin, io narrante della vicenda, che con l’autore ha in comune la passione per il surf; la bella Paola, che Martin ha da poco conosciuto e con la quale è fidanzato. Persone diverse, quindi, accomunate dal fatto di coltivare ciascuno un sogno dentro di sé.

Il faro è situato nel Cile meridionale, e diventa per i tre protagonisti una sorta di rifugio: una casa “del cuore”, dove confrontarsi, mettendo a nudo le proprie paure e le proprie aspettative. Un posto insomma dove poter ritrovare la felicità, semplicemente essendo se stessi, e superando quei “muri di cristallo” che imbrigliano la mente ed impediscono di godere appieno del piacere di agire secondo inclinazione.

Il giovane Martin, che solo in mare riesce a ritrovare se stesso, unisce la sua sete di conoscenza alla saggezza del vecchio Ammiraglio. Ciò che scaturisce è un dialogo commovente, sullo sfondo di paesaggi che lasciano il segno.

Bambarén, in quest’opera, fa pronunciare al suo Ammiraglio frasi un po’ scontate, con qualche ingenuità narrativa di troppo, che danno un’impronta “melensa” all’intero scritto – “Paola pose dolcemente il capo sulla mia spalla”, dove quasi tutto, per la verità, avviene preceduto da quel “dolcemente”.

Tuttavia, la storia d’amore fra il guardiano del faro e la defunta moglie Elvira è suggestiva; così come l’intero scritto è pregno di buoni propositi. Potremmo definire Bambarén come l’autore dell’utopia, e mi chiedo se ne sarebbe contento. Uno scrittore in cui prevalgono intenti positivi, a patto che si sia disposti a passare sopra a frasi e situazioni che, almeno in quest’opera, sono frutto di idee altrui.

Seppur fra i vari “déjà vu”, vi sono frasi da salvare. Ad esse va il merito di mettere il lettore davanti alla nuda realtà. Di farci constatare che la verità sia meno artefatta di quel che si pensa, e che l’uomo tenda sempre a rinnegare l’ovvio, perché troppo banale, perdendo così un sacco di occasioni per essere felice.

E concludo la mia considerazione di quest’opera, che ha saputo emozionarmi sebbene io non ne abbia riconosciuto l’originalità – strano connubio -, con una frase che mi è rimasta impressa:

A volte essere gentili è più importante che avere ragione”.

Written by Cristina Biolcati


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